|
ARTE: I MAESTRI: Arturo Martini e Marco Boschini27 settembre 2013
di G. A. Cibotto Quando passava per le vie della sua cittĂ , scortato dai soliti amici irreÂquieti che in preda all’estro si divertivano a compiere geÂsti soliti a turbare la silenzioÂsa e sonnolenta quiete della capitale della Marca, la gente scuotendo la testa in segno di riprovazione esclamava: « El mato Martini ». Battuta nella quale erano mescolati l’incomÂprensione e il fastidio, l’attacÂcamento alla tradizione e la paura del nuovo. Arturo Martini allora nel pieno della giovinezza, con le sue antenne sottili e vibratili intuendo lo strascico dei comÂmenti accentuava i toni poleÂmici, le offese provocatorie, quasi a lasciar vedere che la cosa non lo turbava minimaÂmente, anzi stimolava il suo innato gusto della sfida. In cuore però ne soffriva, e agii amici dèi cuore nelle rare pauÂse di abbandono non mancava di confessare il suo rammariÂco. Un rammarico divenuto col trascorrere del tempo una pena d’amore, che ha segnato di un’ombra scura perfino la sua ultima stagione errabonÂda. Almeno se dobbiamo stare alle dichiarazioni di chi è staÂto un fedelissimo sin dalla gioÂvinezza del grande scultore. Alludo a Giuseppe Mazzotti che giĂ nel dopoguerra ha orÂganizzato una mostra polemiÂca, e qualche anno piĂą tardi insieme a Giovanni Comisso, Natale MazzolĂ e Gino ScarÂpa, il finissimo critico che amÂmoniva di educarsi al buio e al silenzio, per le edizioni di Treviso ha curato una scelta dell’epistolario.
Al Palazzo del Trecento
Spinto da amore e nello stesÂso tempo da un senso segreto di polemica nei riguardi della critica, responsabile a suo avÂviso d’incomprensione, MazÂzotti ha compiuto addirittura il miracolo di far compiere a Treviso il gesto di riparazione che avrebbe dovuto compiere giĂ da tempo un doveroso geÂsto di riparazione nei confronÂti di quello che può essere deÂfinito uno dei suoi figli piĂą ilÂlustri. GiĂ la macchina orgaÂnizzativa ha cominciato a prendere accordi, a domandaÂre l’aiuto di collezionisti ed enti pubblici, a incaricare un illustre studioso, Guido Perocco, di curare il catalogo usciÂto in questi giorni per i tipi dell’editore Neri Pozza, a sceÂgliere il luogo dove a fine maggio , si aprirĂ la rassegna di tutte le opere di Arturo Martini. Per quest’ultima, Comisso e altri amici avevano pensato al Palazzo dei Trecento, ma alla fine è prevalso il parere di alÂtri studiosi locali che hanno suggerito la chiesa di Santa Caterina. Un tempio costruito fra il 1346 e il 1399 dai Servi di Maria, con annessa la famoÂsa Cappella degli Innocenti 2 il convento, ampliato e comÂpletato nel Quattrocento, rimaÂneggiato verso il 1590 e ridotÂto in condizioni pietose fra l’Ottocento e i primi anni del Novecento, finchĂ© il bombarÂdamento del ’44 non ha perÂmesso a Mario Botter di tentaÂre degli assaggi sui muri inÂterni, rimuovendo tratti di inÂtonaco e mettendo in luce una serie di affreschi di eccezionale interesse, legati all’attivitĂ di Tomaso da Modena e della sua scuola. In questo ambiente di rara suggestione saranno raccolti le sculture, le pitture, i disegni e gli abbozzi di Martini, in una rassegna che per la prima volta offrirĂ agli appassionati una chiara immagine dell’itiÂnerario percorso dal grande artista, con vari lustri di antiÂcipo rispetto ai suoi colleghi imposti successivamente in modo clamoroso dall’abilitĂ dei mercanti d’arte parigiÂni. Contemporaneamente alla grande rassegna trevisana, apÂparirĂ nelle librerie per i tipi di Vallecchi la raccolta comÂpleta di tutte le sue lettere, frutto di un lavoro tenace e continuo, al quale hanno dato il loro apporto un gruppo di amiÂci capeggiati da Natale MazÂzolĂ .
Lettere giovanili
Proprio ultimamente sono saltate fuori alcune lettere riÂsalenti alla giovinezza, nelle quali traspaiono chiaramente la sua acutezza critica e l’esatÂto senso storico. Stando a cerÂte indiscrezioni, non è improÂbabile che entro l’anno veda pure la luce un altro libro sinÂgolare e sorprendente, nel quale lo scultore dialoga con un amico del cuore sui temi fondamentali della sua carrieÂra di artista, abbandonandosi a giudizi e definizioni che posÂsono magari urtare qualcuno, ma dimostrano sempre una luÂcida tensione spirituale e una straordinaria capacitĂ di sinÂtesi. Specie quando entrano in gioco i problemi della sculÂtura e degli scultori che hanÂno dominato l’orizzonte artiÂstico del primo Novecento. In- somma l’insieme delle iniziatiÂve promosse da un culto delÂl’amicizia abbastanza raro, e da una stima che si accresce col trascorrere del tempo, laÂsciano facilmente prevedere che in sede artistica questo sarĂ un po’ l’anno di Arturo Martini, il tempestoso persoÂnaggio che per anni ha messo a soqquadro la sonnolenta soÂcietĂ artistica nostrana, al griÂdo di « Michelangelo, e dopo mi ». Altro avvenimento che mi pare degno di essere segnalaÂto per la sua importanza, è l’edizione critica della Carta del navegar pitoresco di MarÂco Boschini, curata da Anna Pallucchini per i tipi dell’istiÂtuto per la collaborazione culÂturale. Per gli amanti di cose venete la sigla editoriale delÂla Fondazione Cini è una vecÂchia conoscenza solita a far piovere sul tavolo con una certa continuitĂ testi e docuÂmenti riservati in genere alÂl’occhio penetrante degli eruÂditi, oppure gelosamente cuÂstoditi nel silenzio delle biÂblioteche. Basterebbe ricordaÂre nel settore delle fonti e dei testi il Taccuino di viaggio dello Scamozzi e lo Zibaldon del Temanza, oppure in quello dei saggi la Riforma del teatro nel Settecento di Giuseppe Ortolani e la serie degli scrittori impressi in dialetto veneziano di Bartolomeo Gamba. Stavolta però direi che l’impresa supera tutte le precedenti, perchĂ© si tratta di un testo importantissimo per la serie di notizie e giudizi che dĂ sul periodo forse piĂą glorioso della pittura veneziana, e nello stesso tempo per la qualitĂ letteraria del curioso e « fantasioso dialogo tra un senatore veneziano non precisamente identificabile e un professor de Pitura, che rappresenta il Boschini stesso, la sua attivitĂ , le sue idee ». Pittore, incisore, miniatore, acquafortista, mercante di quadri e di perle, Boschini appartiene alla categoria degli artisti mancanti di disciplina interiore, sicchĂ© nessuno piĂą ricorderebbe il suo nome se a un certo momento della sua irrequieta esistenza non avesse buttato quasi di getto (secondo gli studiosi l’ha composta nel volgere di quattro-cinque anni al massimo) la Carta del navegar pitoresco, alla quale avrebbe dovuto far seguito una Tartana pitoresca non portata a termine.
« Navegar pitoresco »
Scritto in versi, il lungo poema formato da circa 5370 quartine, si divide in otto parti e appartiene al genere di critica che si affida all’istinto, ai suggerimenti d’una felice disposizione nei riguardi delle cose artistiche. Tuttavia rivela pure, come scrive la curatrice, « un nucleo di idee estetiche storicamente individuabili », che denotano in Boschini non soltanto il dilettante appassionato in cerca di sensazioni inedite, quanto piuttoÂsto lo studioso che cerca nelÂl’approfondimento di orientarsi nelle temperie fermentate di slanci e di ripiegamenti, di impulsi e di contraddizioni del suo tempo. Infatti, se taÂlora sbaglia completamente il suo disegno critico, direi che la colpa va attribuita piĂą alÂle sue debolezze polemiche (si pensi alla sottile e continua schermaglia paesana contro il Vasari) che non alla mancanÂza di una mentalitĂ storiÂcistica. L’insistenza sul valore critiÂco della Carta, non vorrei peÂrò che mi facesse trascurare la sua importanza in sede poeÂtica e in sede di costume. Non credo di cedere a un empito di venezianitĂ affermando che alcuni momenti sono soccorsi in modo così evidente dalla grazia creativa, che mi stupiÂsce come ancora nessun critiÂco ne abbia scritto in modo adeguato e pertinente. MisteÂri della nostra cultura… Letto 4115 volte.

Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. |
![]() |
|||||||||