ARTE: Federico Sguazzi: L’opera e i giorni9 Giugno 2010 Nicola Dal Falco La casa è l’opera, tutto il resto: schizzi, quadri, sculture sono i giorni. Mi pare sia questa la certezza che regoli albe e tramonti al civico 1 di via della Libertà . Â
Questi due sentimenti sono gli unici che possano metterci in relazione con il prossimo, quando quest’ultimo non è preso a semplice pretesto o, peggio, come puro oggetto di distrazione. L’energia che sottende e muove questa casa-opera sembra essere fornita dall’imponderabile andirivieni dei cinque gatti: Mordicchio, Dorino, La Gigia, Giorgetto, Silvestro e dal buen retiro di Beppa e Rina, galline di compagnia. A far crescere la sensazione di una verità suggerita, ovunque sparsa e messa a disposizione dell’ospite è anche il colore della casa. Certo è che l’intera casa, alberi fitti e lucciole comprese sembra foderata di tela, una tela appena sporcata per accogliere guizzi e zampate di un processo creativo a volte caustico, altre serafico e altre ancora solo straziato. Nel lavoro di Federico Sguazzi c’è, infatti, la forma compiuta, colta all’istante e quella ancora abbozzata, la materia ignobile (plastica, legni esausti,lamiere, polistirolo, gommapiuma…)  trasfigurata e al contrario l’idea tenera, vessata in tinte e contorni d’incubo, ripugnante. Da ostinato raccoglitore, tutto diventa altro. In effetti, la casa-opera ha per dépendance la spiaggia del golfo di Baratti, riva infera per eccellenza eppure aperta all’azzurro, paragonabile ad una sorta di orizzontale ipogeo spazzato dai venti.  E fa piacere, un piacere arcaico, immaginare Federico insieme alla sua Euridice-Alessandra lasciare la spiaggia dopo aver centellinato i resti d’altri naufragi e tornare verso l’interno, la macchia e le colline di casa loro. Detto questo, l’unico invito sensato sarebbe quello di andarlo a trovare, di scendere a patti con il paesaggio saturo delle sue stanze. Per il momento, ai miei occhi (potenzialmente fallaci) il lavoro poetico di Federico Sguazzi, autonominatosi artista-clochArt, si potrebbe suddividere in due filoni: i legni ritti o in piedi, perché rinati con un’aggiunta di grazia, senso e mistero fino a trasformarsi in veri e propri totem o antenati cui si aggiungono per affinità le bottiglie al vento e le lamiere; i ritratti d’aldiqua che pescano in un’ombra indesiderata, ma insistente, frutto di un’attenzione gentile, ma altamente rischiosa; vere e proprie evocazioni, tenebre. Il continuum che si è istaurato tra l’attività d’artista e lo spazio domestico trovano un nesso nel passato stesso della casa. Qui, vivevano i genitori e il nonno, costruttore di calessini, carri e barrocci; qui, dove ora è l’entrata s’agitava il vino nei tini. Letto 2504 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||