ARTE: I MAESTRI: Ecco l’Arte Povera28 Luglio 2010 di Dino Buzzati Bologna, febbraio Che cosa è l’Arte Povera? Altre volte se ne è parlato. Oggi rappresenta l’avanguar dia. Germano Celant, pioniere teorico del movimento, ha pub blicato recentemente un libro intitolato appunto Arte Pove ra (editore Gabriele Mazzotta). Spiega come «vegetali e animali sono insorti nel mon do dell’arte… L’artista alchi mista organizza le cose viven ti e vegetali in fatti magi ci, lavora alla scoperta del noc ciolo delle cose, per ritrovarle ed esaltarle… Un momento che tende alla decoltura, alla re gressione, al primario e al re presso, allo stato prelogico e preiconografico, al comporta mento elementare e spontaneo, un tendere agli elementi primi geni della natura (terra, mare, neve, minerali, calore, animali) e della vita (corpo, memoria, pensiero) e della politica (nu cleo familiare, azione sponta nea, lotta di classe, violenza, ambiente) ». A sua volta, nel saggio intro duttivo del catalogo, Renato Barilli osserva che, dopo la sta gione informale e quella neo-costruttivista (pop, op, mecart, neorealismo, eccetera…) « ina spettatamente, sperata da al cuni, temuta da molti, ricom pare verso la fine degli anni 60 la spinta forte e perturban te dell’informe, attraverso una serie di indirizzi vari nella de nominazione ma sostanzial mente convergenti come l’arte della terra, o del processo, o del non rigido, o dell’antiforma ». Un ritorno alla natura bruta? Un bagno nel mondo primordiale? Un desiderio di ritrovare se stessi nelle cose umili che ci circondano, sassi, terra, acqua, alberi, uccelli? O un raffinato estremo approdo del decadentismo borghese? Dal nome si poteva credere che Arte Povera significasse arte fatta con materiali pove ri: originariamente era infatti così. Pascali, considerato uno dei maestri, perito tragicamen te l’anno scorso, costruiva per esempio, con tela e centine di legno, dei simulacri di dinosau ro, di balena, di onde marine, utilizzava anche spazzole, reti, tessuti di plastica, tubi metal lici. Ceroli, assente dalla mo stra benché invitato, è diven tato celebre con le sue sagome di figure umane ritagliate in grezze assi di abete. Ma poi l’Arte Povera si è sviluppata in forme sempre più sottili, sofisticate e anche cervellotiche. Non si produce più un oggetto, quadro o sta tua che sia. L’artista si limita spesso a un « intervento » sul l’ambiente naturale, talora sem plicemente a progettare questo intervento, descrivendolo a pa role. Si tratta ovviamente di opere d’arte praticamente inu tilizzabili, invendibili, talora im palpabili e invisibili, che ma gari durano pochi minuti o po chi secondi. Non cose, bensì momenti. Manifestazioni quin di adatte ad essere codificate da fotografie o film. Infatti la mostra di Bologna accresce il repertorio dei mezzi già collau dati con la registrazione di im magini e di azioni su nastro elettromagnetico televisivo, cioè ampex; e questi documentari, della durata complessiva di un’ora e mezzo, sono diffusi in continuazione da televisori si stemati in ogni sala. Ma la cosa migliore è dare qualche esempio. Livio Marzot voleva costruire una grande piramide con tas selli di tufo per metterci in ci ma un parallelepipedo metal lico che sembra essere un suo prezioso feticcio. Ma il pavi mento del museo non avrebbe tenuto e i tasselli sono rima sti ammucchiati in cortile. Eliseo Mattiacci ha portato una vasca piena di calce viva con dentro un tubo di rete me tallica. La calce a poco a poco mangerà il metallo, la rete sprofonderà fino ad annichilir si. Egli propone pure una grande foto di superficie mari na con attaccato un filo che termina in una cuffia costruita con due conchiglie, per sentire il rumore del mare. Luciano Fabro ha lasciato in bianco le quattro pagine del catalogo a lui destinate. Giovanni Anselmo ha appog giato una trave nera alla pa rete « per una incisione di in definite migliaia di anni », in quanto il tempo lentamente consumerà la trave la cui estre mità superiore si abbasserà via via lungo il muro, lasciandovi una traccia. Anselmo racconta che « in un pomeriggio di sole per i prati, con una corsa al lo spasimo, in direzione del tramonto, ha allungato il gior no di un soffio ». Carlo Bonfà di Verona, come documentano le fotografie, ha messo degli specchi sul prato per far specchiare le stelle di notte. Ha costruito « una stret tura rivestita di lana per de purare l’acqua dei pesci di un piccolo fosso inquinato ». Ha ricoperto con veli di plastica dei piccoli fiori che avevano freddo. Ha medicato con ben de un albero ferito. Giovedì, 4 novembre, ha trovato una pa lude; è rimasto con lei fino a sera. Luca Patella, per mezzo di un suo « obiettivo colloidale organico » ha avvertito qual cosa di insolito in un lembo di cielo. Ha potuto accertare che si trattava di marziani in av vicinamento. Scesi i quali sul la terra, Patella si è messo a cercare le loro minime tracce. Per vederle, ha dovuto ingi nocchiarsi. E si è messo a pre gare. Giuseppe Penone, appoggian do dei fogli bianchi a un tron co d’albero, ci è passato sopra con la matita, segnandone così i rilievi; dopodiché l’insieme dei fogli gli ha permesso di « leggere l’albero ». Ha costrui to un cuneo di ferro con incise le lettere dell’alfabeto; confic cato questo cuneo in un tronco, la pianta ne assorbirà il mes saggio e imparerà quindi a leg gere. Una enumerazione completa sarebbe troppo lunga. Gli arti sti sono trenta. Alcuni dei qua li, intendiamoci, espongono del le sculture vere e proprie come Del Pezzo, Marotta e Nespolo, o addirittura dei quadri come Devalle, Pozzati e Gajani. In tutto questo mi sembra ci siano varie componenti. La pri ma è il gusto del gioco fine a se stesso, gioco materiale e gio co mentale (paradosso). La se conda è una indubbia carica di fantasia, di poesia e di favola, che si richiama a certi giochi che si facevano da bambini co me scavare un fosso, tracciare un sentiero, ammucchiare dei sassi, appendere oggetti ai rami degli alberi (l’aquilone, se non fosse stato ancora inventato, sarebbe appunto un capolavoro d’Arte Povera). Terzo, c’è una componente magica, come se compiendo certe azioni, modifi cando certe cose della natura, potessero succedere dei miraco li (e forse ne succedono). Quar to, nei casi deteriori c’è la sma nia di mostrarsi bizzarri e nuo vi ad ogni costo. Quinto, nei casi peggiori, c’è della balor daggine bella e buona. Insom ma non c’è da scandalizzarsi. Con l’Arte Povera si possono fare delle scemenze, si possono fare delle cose intelligenti. Certo, le facce dei visitatori erano impagabili. Esterrefatti, annichiliti, disorientati come minimo. Nessuno però aveva il coraggio di sbeffeggiare. Si guardavano l’un l’altro interro gativamente, sperando di leg gere, sull’altrui volto, un con senso al no è all’irrisione. Cose di pazzi! E se uno accennava appena appena a un minuscolo sorriso, l’altro rispondeva con un sorrisetto più marcato. Nien te di più. Non scuotevano nep pure la testa. Chissà come, in timiditi. Letto 3097 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||