LETTERATURA: I MAESTRI: Arbasino giudica i suoi scritti: “Super-Eliogabalo”21 Agosto 2010 di Alberto Arbasino Normalmente ricevo giudizi molto disparati: magnifiche lodi e incomprensio ni totali, imbarazzanti si lenzi e orribili insulti. Forse perfino elogi per errore. Da parte mia, quando scrivo un libro, cerco di «program mare una struttura », di « mettere a punto una mac china ». E simmetricamen te, quando faccio una recen sione, tento di « smontare un congegno » per vedere come è fatto dentro. Nel caso del Super-Eliogabalo, il ‘progetto’ preve deva una rapida farsa con scatti molto moderni, roma na ma non « in costume » (in costume da bagno, sem mai) intorno all’imperato re più emblematico della de cadenza latina e del deca dentismo europeo. Poi: usa re questa pochade come struttura portante svergo gnata di una spaventosa trama ideologica oggi in tensamente qui. Cioè: la De cadenza non è davvero una fase storica che va da un anno a un altro, bensì una dimensione costante dello spirito umano, fin troppo umano: il Decadentismo. Ovvero: quell’Irrazionalismo che (dopo tutto) funziona come strumento di cono scenza capace di arrivare più in fondo. Già: il pro gresso scientifico sa sper perare tutte le risorse del l’Uomo e della Terra per costruire apparecchi sempre più oppressivi e repressivi. Però le sue deliranti manìe non lasciano spazio ad al cuna attenzione per la Ter ra dell’Infelicità, cioè l’ani mo umano. In quanto alla « esecuzio ne », partivo dunque dai due estremi gran gesti del razionalismo occidentale: Ubu Roi, e Zarathustra. Ossia, tendevo a recuperare da un lato la straordinaria attrezzeria comica di quella linea Alfred Jarry-Ràymond Roussel-Charles Vitrac-Antonin Artaud, cosi «umbra tile » e cosi geniale nei con fronti della secca appassita clarté di marca Nouvelle Revue Frangaise. D’altra parte, tentavo di raggiungere il calunniato Nietzsche attra verso le suggestioni «ereti che » della scuola di Ador no, e secondo le riletture spasmodiche eseguite dai « maestri occulti » francesi come Klossowski, Bataille e perfino Lacan. Occorreva ovviamente dir di no a tutti gli aspetti do rati e sontuosi avvinghiati al decadentismo fin-de-siècle. Così ho lavorato su un irrazionalismo «funzionale » senza melagrane né lapislazzuli, secondo un proces so di riduzione sistematica. E allora: nessun gran viaggio dalla Siria a Roma con immensi corteggi (come Eliogabalo di Artaud), bensì un misero week-end a Ostia con poche lettighe e parecchi debiti. Mai ceri monie pubbliche: solo contrattempi privati. Pochissi mi personaggi, e tutti mi nori. Niente scene-madri o capitoli « scritti bene », ma sketches sommari che am miccano al « taglio » di Pa lazzeschi, all’ironia di Ma lerba, o addirittura alle tor te in faccia. Niente Trimalcione, né Salammbò: al massimo, pomodoro e mozzarel la, e i materiali triviali dei mass media scadenti. E nes sun Tempio: al suo posto, un supermarket. Ma questo accumulo deliberatamente forsennato di tanti elemen ti depauperati e straniti, poi, tira a comunicare un certo « senso » di irrazionalismo contemporaneo: nemico del la Scienza (per legittima di fesa), e ostile alla Storia (un po’ per celia e un po’ per non morir)… Cosa mi attendevo dai critici? Un’anatomia, un in ventario! Ho poi avuto le recensioni più felici da par te dei coetanei, la rapida bonarietà dei più anziani, un paio di villanate da de stra, nonché un confronto di poetiche opposte da par te di Carlo Bo. Su questo giornale Bo svolge infatti un impegnativo riscontro generazionale e generale: da un lato, la scelta, il rigore; dall’ altro, l’accu mulo che diventa sper pero (e viceversa). In somma, Madame Bovary contro Bouvard et Pécuchet: ravvisando tuttavia nei copisti di Flaubert gli anti-eroi piuttosto dell’In formale frenetico, e non già dell’Enumerazione, del buon uso della Neo-Retorica. La più sottile analisi specifica della mia operazione viene invece eseguita da Renato Barilli sul Resto del Carlino. Ne indaga senso e funzioni e ideologia con profonda lu cidità, individuando le ra gioni precise dell’uso sfac ciato dei materiali più cheap. Una linea « alla Barthes » affine ritrovo in Giu liano Gramigna sul Cor riere d’informazione, con osservazioni finissime sul l’avventura del linguaggio nel racconto «che non imita » (se non se stesso), sul la pratica della derisione, sull’uso delle tecniche reto riche e stilistiche. Ah, se invece di riportare al Tristram Shandy la struttura « frantumata » del testo, avesse indicato addirittura Roma o Il Doge di Palaz zeschi! Al « carissimo Aldo » si richiama volentieri la cri tica non nouvelle, riferen dosi però all’antico « lascia temi divertire! », e non già ai suoi giovanissimi roman zi recenti. Pietro Bianchi, sul Giorno, si rifà alla Sto ria romana e ad Artaud, e alla lunga sorride: « Si trat ta, a guardar bene, di un divertimento non privo di serietà ». Paolo Milano, sul l’Espresso, si rifà ad Ar taud e a Marinetti e al bal letto, ma apprezza abba stanza l’uso dell’Enumerazione e della contaminazio ne ironica, Lorenzo Gigli, sulla Gazzetta del Popolo, segue per un po’ il coacervo frenetico, poi gentilmente si stufa, e dichiara la sua no stalgia per i miei vecchi racconti. La maggior parte dei giu dizi appare poi « controversiale », giacché il libro è provocatoriamente « scritto male », e « fa viaggiare » una trama ideologica fin troppo seria sopra un « vei colo » non di gravità ma di irrisione. Così Piero Dallamano, su Paese-Sera, con nette il « Super » del titolo ai caroselli televisivi, ma « considerando il momento dei Caroselli tra i più istrut tivi, simpatici e sugosi di quanti ne offra la televisio ne ». (Però io pensavo a Jarry: Il Super-Maschio). G. A. Cibotto loda sul Gior nale d’Italia il divertimento di un pastiche « sostanzial mente riuscito », anche se eccessivo, mentre Michele Rago, sull’Unità, recensisce più che altro il caso del Manifesto. Parla infatti di «violenza dall’alto », di «po tere delegato ad altri per fatalismo o viltà », di « fare i conti col sistema che si mira a condizionare », a proposito di « un’opera che vorrebbe acclimatare una problematica ancora troppo estranea alla cultura italia na e non bada a mezzi ». Per L’Osservatore Romano, invece, si tratta di « un li bro edificante per absurdum… dove raffinatezza e stupidità si danno la ma no ». Decisamente favorevoli mi suonano infine i giudizi di Enzo Siciliano (La Stam pa), Mario Lunetta (Rina scita), Carlo della Corte (Il Gazzettino), Claudio Carab ba (La Nazione). Parlano infatti di « veicolo per ri durre la storia all’indistin to naturale », « una specie di Rabelais dell’età dei con sumi », di « pudore e ver gogna per i luoghi co muni », di « eroe positivo del rifiuto e della strafot tenza ». Apertamente nega tivi si dichiarano invece Walter Pedullà (Avanti!) deluso da una prosa « mol to diversa da quella ricca, complessa e spumeggiante che a tutti è toccato ammi rare nel passato » ; e Giu seppe Bonura (Avvenire) depresso da un « puro in trattenimento che sposa a occhi chiusi l’ideologia del consumismo »; e Giancarlo Vigorelli (Il Dramma) indi gnato per « un tonfo di gra vità quasi inimmaginabile ». A metà strada, Pasolini. Sul Tempo: «Bene, bene, anche se si tratta manifestamen te di una sceneggiatura. Ma bene anche per questo ». Risponderei, brevemente. Perché tante volgarità e ba nalità, nel mio libro? Per ché Roma è sempre stata molto pecoreccia. E perché niente sesso, allora? Per ché sarebbe sciocco agghin dare gli straordinari rap porti di Elio Lampridio e di Dione Cassio. Dunque li ho tradotti, senza togliere aggettivi, né aggiungere av verbi, né spezzare coordi nate. Del resto, gags e nomi e suppellettili, oltre che dal surrealismo e dagli storici, derivano direttamente dalle fonti: Plinio il Vecchio, Au lo Gellio, Apollonio Rodio, Ovidio, Claudiano, Pausa-nia, l’Historia Augusta, l’An tologia Palatina, l’Apollo nio di Tiana, gli Orfici, il Sublime. L’azione, la volevo visiva, quasi televisiva: ma immagini e sequenze deri vano da uno scontro fra il classicismo decadente della pittura tedesca (Böcklin, Klinger, Feuerbach, Von Marées) con gli environments della pittura-scultura post-pop. Il falso montalismo delle canzonette è sta to ricavato trascrivendo brani di Bachelard e di La can secondo la poetica dei Beatles. 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