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LETTERATURA: “Lo spazio nero” di Fabio Fracas

14 Aprile 2010

[Fabio Fracas è autore, editor, giornalista e sceneggiatore. Oltre a racconti, libri e poesie scrive per il cinema, per il teatro, per i fumetti e su varie testate giornalistiche cartacee e Web. Suoi brani e suoi lavori sono stati rappresentati in vari festival e da diverse compagnie. Ha ricevuto una serie di riconoscimenti letterari e nel 2004, assieme alla poetessa Federica Castellini, ha fondato MacAdam – MacAdemia di Scritture e Letture.]  

Amthajani

Lo spazio nero – III – 45 | Devo dire che il gioco mi ha preso la mano. Sono stato invitato a scrivere, per un concorso letterario online, un racconto composto da quindi micro capitoli di sole 420 battute l’uno. Ogni micro capitolo, poi, era a “tema fisso” e doveva soddisfare, nei contenuti, le indicazioni che di volta in volta mi venivano fornite. Il risultato è quello che state per leggere. Il titolo è quello di questo nuovo “Lo spazio nero”.

Incipit

Non riuscivo a capire a che punto fossi. La mia vita e la mia strada mi avevano portato fin là. Ma il bello stava per cominciare…

Amthajani

O forse era il brutto? Non distinguevo più l’uno dall’altro. Ero finalmente arrivata al cospetto di Alhramaha ma adesso non ero più certa di quello che avrei dovuto fare. Parlando, rischiavo di perdere la vita. Tacendo, rischiavo di perdere Giada: l’unico, effimero, contatto che ancora mi legava alla mia precedente esistenza. Abbassai lo sguardo a terra per non incontrare i suoi occhi e poi…

decisi che era arrivato il momento. “Qual è la Verità” chiesi. Non ottenni nessuna risposta tranne il sibilo di un coltello che mi sfiorava la fronte. Mi mossi goffamente, inciampai e il Ninja impiegò un attimo per saltare in piedi e tornare all’attacco. Non avevo alcuna arma tranne me stessa. “Qual è” la Verità” domandai ancora aspettando di sentire la lama affondare fra le carni. “Fermo!” Ordinò Alhramaha al Ninja.

“Se vuoi la Verità devi imparare a conoscerla.” Mi rialzai a fatica, sorpresa di essere ancora viva. “Non esiste un’unica Verità. Persino l’Amore può rivelarsi una menzogna.” Mentre parlava fece un cenno con la mano e dal nulla, materializzò l’immagine di un uomo. Lo vidi apparire tra il fumo e capii che non avrei più vissuto senza un suo bacio. Passò un solo istante prima che la visione scomparisse. Mi sentii vuota.

Alhramaha mi parlò: “Capisci adesso?” Più con incoscienza che con coraggio mi specchiai nelle sue iridi giallognole. “No. Sono molte le cose che non capisco. Anche la presenza, qui, di un Ninja mi è oscura”. “Eppure sei tu che lo hai evocato” rispose Alhramaha. “Tu hai scelto entrambi gli uomini che hai affrontato. E sempre lo farai”. Finalmene compresi. Decisi di fidarmi del mio cuore e rischiai: “Hai la Risposta?”

“La Risposta è davanti a te!” Alhramaha inclinò la testa all’indietro pronunciando quell’ultima frase e tutto il mondo che avevo conosciuto sparì. Ero nuovamente sola, non indossavo più il sari e i miei piedi, nudi come il resto del corpo, calpestavano la morbida erba che adornava lo strapiombo da cui mi sporgevo. Sotto di me, lontanissimo, sentivo lo scorrere dell’acqua. Chiusi gli occhi e mi gettai. Fu bellissimo.

Libera! Ero libera! Mentre precipitavo non provavo paura. L’aria, tiepida, sembrava sorreggermi e io desideravo solo immergermi nel lago che, senza conoscerlo, sapevo che mi stava attendendo. Pochi istanti, un’intera vita. Solo due anni prima non l’avrei ritenuto possibile. “Le cose”, aveva detto Giada, “cambiano”. Improvvisamente sentii un dolore al petto e capii di aver concluso la mia caduta. Ma dov’era l’acqua?

Sotto il mio corpo, scomposto e dolente, c’era un corto tappeto erboso che si estendeva in ogni direzione. Nessun albero, nessuna collina, nessuna cascata e nessun lago. Tutto era verde e solo qualche piccola macchia rossa spiccava sul suolo: erano gocce del mio sangue. Mi guardai il petto: sul cuore c’era una strana ferita a forma di stella. Un’altra prova, pensai rialzandomi. Un’altra prova da superare, per vivere!

“Alzati!” Non era un invito: era un ordine. Raddrizzai la schiena tamponandomi la ferita con la mano destra e mi preparai a fronteggiare la voce sconosciuta. Davanti a me, nessuno. “Sei tu che cerchi la Risposta?” Le parole danzavano attraverso l’aria quieta senza originarsi da alcun luogo specifico. Il sangue continuava a fluire dal petto rendendomi sempre più debole. Da sola non ce l’avrei fatta – dovevo fidarmi!

“Si! Sono io che la cerco!” L’aria cominciò a vibrare condensandosi in un vortice semiliquido. Un enorme specchio acquoso si formò verticalmente a qualche metro di distanza da me e dal suo centro emerse il volto scaglioso di Rahnkaj. Ero terrorizzata. “Qual è la tua arma?” Chiese divaricando le fauci e preparandosi ad attaccare. “Ho solo il mio cuore che sanguina.” Risposi facendomi coraggio e avanzando verso di lui.

Rahnkaj non disse nulla e io approfittai di quei preziosi secondi per prepararmi all’inevitabile. Socchiusi le palpebre concentrandomi e costringendo al silenzio i miei pensieri; poi inspirai lentamente e profondamente. “Io posso farcela”, ripetei più volte nella mia testa. Sentii una corrente fresca scorrere dentro di me. Aprii gli occhi. Sulle mie mani non c’era più sangue e ai miei piedi giaceva una gialla mimosa.

La raccolsi. Rahnkaj sporse il lungo collo oltre la barriera acquosa che lo conteneva e apri le fauci per ghermirmi. Improvvisa, dal mio petto scaturì una debole luce. Il raggio azzurrino si orginava dalla ferita a forma di stella e terminava sulla fronte, ora immobile, della maestosa figura che mi dominava. “Chi ti protegge, giovane donna?” Chiese Rahnkaj rientrando nel vortice che lo aveva originato. “Tu!” Risposi.

“E non è il solo.” Un’altra voce, questa volta dolce e femminile, mi stava parlando. Non mi ero ancora ripresa dal confronto con Rahnkaj e non ero pronta ad affrontare una nuova prova. “Non temere: io sono la tua Hajgva.” Riusciva a entrare nei miei pensieri! “Ora, mi mostrerò a te.” Il prato verde scomparve e i miei piedi toccarono le pietre di un freddo pavimento. Un donna con il volto di Giada mi stava sorridendo.

“Perché mi guardi con gli occhi dell’amicizia e dell’amore?” Domandai mentre la ferita sul petto, oramai rimarginata, donava calore a tutto il mio corpo. “Vestiti!” Disse. E un lungo sari dorato, ornato con turchesi e lapislazzuli, mi avvolse. “Qual è la verità?” Mi chiese. Attorno a quell’immagine così familiare riuscivo a notare i contorni incerti del sogno. “Io la cerco”, esclamai. “E ora comincio a distinguerla.”

Istintivamente mi avvicinai a colei che si era dichiarata la mia Hajgva. Non conoscevo il significato di quel termine ma ero certa che il suo assumere le sembianze di Giada fosse una dichiarazione d’amore nei miei confronti. Il mio sogno stava per diventare realtà: finalmente avrei potuto conoscere la Verità. “Ti amo, è vero”, continuava a leggere i miei pensieri, “ma ora sei tu che devi dimostrare di saperti amare!”

“Non capisco.” Risposi con un filo di voce. “Il fatto stesso che io sia arrivata a te…” “Non significa nulla.” Mi interruppe la mia Hajgva. “Dimostrare di poter fare qualcosa non significa volerlo realmente realizzare. Avere le capacità per riuscire non implica il successo di ogni azione. Si può ingannare chiunque senza capire di stare ingannando se stessi.” Le sue parole mi ferirono più profondamente di quanto avrebbero potuto fare la lama del Ninja e l’attacco di Rahnkaj. Mi sentii fragile e completamente indifesa. Mille timori mi assalirono e cominciai a dubitare di tutto; persino delle mie motivazioni. Poi, improvvisamente, capii. Dentro di me sorse una nuova consapevolezza e mentre mi ci cullavo, incredula, il volto di Giada mi sorrise esplodento in migliaia di piccoli frammenti. Improvvisamente, il pavimento sotto i miei piedi e tutto il mondo che mi circondava, tremolò violentemente e scomparve. Io mi ritrovai nuovamente nuda e sola. Davanti a me non c’era più la mia Hajgva e gli occhi di Giada non mi avrebbero mai più fissata per il resto della vita. Avevo iniziato il mio viaggio senza alcuna speranza di riuscire a trovare delle risposte. Adesso, almeno, sapevo a chi avrei dovuto chiederle. Ma soprattutto, finalmente ero libera!

Note: le suddivisioni dei paragrafi corrispondono a quelle dei micro capitoli pubblicati. Nel primo micro capitolo ho leggermente modificato il testo perché avevo frainteso la presenza, nell’elaborato finale, della consegna iniziale – che ho pubblicato come incipit –. L’ultimo micro capitolo ha lunghezza tripla rispetto ai precedenti.


Letto 3420 volte.


3 Comments

  1. Pingback by nero Amthajani : MacAdemia — 15 Aprile 2010 @ 09:58

    […] con una puntata “speciale” interamente dedicata ad Amthajani, Lo spazio nero. Ospitato all’interno della della rivista d’arte Parliamone  – pubblicata dall’amico […]

  2. Commento by Federica Castellini — 19 Aprile 2010 @ 10:44

    L’editing ha resa la prosa ancora più scorrevole, ma i nomi dei personaggi che significato nascondono? Ciao e complimenti Federica

  3. Commento by Fabio Fracas — 23 Aprile 2010 @ 09:21

    @Federica: e il mistero? Perché svelare ciò che si può intuire? :-) Un caro saluto,

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