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LETTERATURA: CINEMA: L’Italia al lavoro attraverso il cinema

11 Maggio 2010

di Valentina Notarberardino

Ciak si gira: l’Italia al lavoro. Nei campi, in fabbrica, in ufficio. Una lente d’ingrandimento sociologica puntata sui protagonisti della commedia italiana tra gli anni Cinquanta e Settanta. Dalle mondine di “Riso Amaro” agli operai di “La classe operaia va in paradiso”, fino alle frustrazioni del Ragionier Fantozzi in ufficio. A parlare sono i film stessi. Un’analisi esperta, ma anche un appassionato racconto per immagini cinematografiche. È il punto di vista privilegiato del libro “I mostri al lavoro. Contadini, operai, commendatori, impiegati della commedia all’Italiana” (Sovera) di Edoardo Zaccagnini. Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza, romano classe 1975, è consulente cinematografico per La7. Collabora con numerose riviste specialistiche; per Sovera ha già pubblicato un saggio su Pupi Avati. È coautore di un libro sul teatro di Mario Ricci “La luce solida” (Un mondo a parte).

Perché hai scelto il tema del lavoro?

«Mi sono reso conto che dentro l’enorme contenitore del cinema popolare italiano c’era scritta la nostra Storia: i grandi eventi, le nostre abitudini, il nostro costume. Avevo voglia di omaggiare un grande elenco di film, ma dovevo restringere il campo d’analisi. Ho scelto il tema del lavoro per raccontare le fasi salienti del nostro passato recente. Ho lasciato parlare soprattutto i film, utilizzando un linguaggio colloquiale e schietto ».

Quali sono i tratti caratterizzanti della commedia all’italiana?

«Un sorriso, uno schiaffo un bacio in bocca, per dirla con il titolo di un film. La “Commedia all’italiana” eredita dal Neorealismo l’attenzione e l’aderenza alla realtà, ma adotta un approccio meno drammatico e più satirico, fatto di un ridere amaro e trattenuto.
La formula è quella di mescolare i registri: si ride spesso, poi ci si rattrista, a volte si prova un vero e proprio disgusto ».

Chi sono i mostri del titolo?

«I mostri è il titolo di un film realizzato da uno dei principali maestri della commedia italiana: Dino Risi. È una pellicola del ’63 che mette in scena tanti piccoli episodi che mettono alla berlina una perdonabile mostruosità tipicamente italiana, in fondo comune, che siamo riusciti a raccontare egregiamente attraverso il cinema. I “mostri” del libro, solo per citarne alcuni, sono Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Stefania Sandrelli, Totò ».

Com’è rappresentata la donna nel cinema di quegli anni?

«Il cinema italiano del dopoguerra ha regalato ritratti femminili di straordinaria intensità. Si pensi ai film di Antonio Pietrangeli come “Io la conoscevo bene” o “Sedotta e abbandonata”. Ma l’Italia di quegli anni era un paese molto maschilista, per cui i personaggi femminili sono stati raccontati in misura minore rispetto a quelli maschili ».

Quali sono i registi emblematici nell’ottica dell’analisi che hai condotto?

«I nomi sono tanti. I principali maestri della commedia all’italiana sono Monicelli, Risi, Scola, Comencini, Germi. Più altri preziosi registi di costume come Steno, Zampa, Lina Wertmüller, Lattuada, Salce, per certi versi anche Petri e Bolognini. Occorre ricordare i nomi di alcuni grandi sceneggiatori italiani del dopoguerra: Age, Scarpelli, Sonego, Suso Cecchi d’Amico, Ruggero Maccari ».

Un libro che commuove e diverte al tempo stesso…

«Ho cercato di aprire delle parentesi su altri modi di fare racconto cinematografico. Nel capitolo dedicato al mondo contadino, affronto il rapporto tra il Neorealismo e la dura vita a contatto con la terra citando film come “La terra trema” e “Non c’è pace tra gli ulivi”, pellicole in cui non ci sono particolari momenti di alleggerimento. Tra le pagine più divertenti rientra lo spazio dedicato alle esilaranti disavventure fantozziane a proposito del mondo degli impiegati ».

Che fine ha fatto il tema del lavoro nella commedia italiana di oggi?

«La “Commedia all’italiana” non esiste quasi più. L’unico autore in grado di realizzare un cinema importante, pur rimanendo nel terreno della commedia, è Paolo Virzì. Per il resto la commedia di costume oggi si accontenta di individuare elementi del presente senza attivare uno sguardo artistico e intellettuale di spessore.
Di conseguenza, anche il tema del lavoro è affrontato con superficialità anche se in qualche film recente inizia a comparire il tema del precariato giovanile ».

(Dal “Corriere Nazionale)


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1 commento

  1. Pingback by Bartolomeo Di Monaco » LETTERATURA: CINEMA: L'Italia al lavoro … — 11 Maggio 2010 @ 14:53

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