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La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LETTERATURA: GILLA E GIO’ (omaggio bestiale al film Gilda)

7 Agosto 2009

di Mauro Cristofani
(La sua galleria di quadri qui)

Per me un osso è sempre un osso ovunque si trovi ma è meglio darmela a gambe levate da qui, in giro c’è brutta gente. Un canaccio mi sbarra la strada, espressione ottusa e violenta, mi sta per saltare addosso ma lo ferma una punta metallica che scatta da un bastone.
      -Vattene, lascialo in pace! – voce d’uomo ferma e decisa.
      Le scarpe lucide sono alla mia altezza e le noto subito, in alto il resto è quello d’un uomo distinto vestito di scuro, sciarpa e guanti bianchi. Dietro di lui c’è un ragazzetto dall’aria ottusa, si fa una canna.
     -Questo è il mio amico fedele – dice il tipo ammiccando il bastone appuntito. – Sta zitto quando voglio che stia zitto e parla quando voglio che parli.
      Idea davvero singolare sull’amicizia. Ma che ci fa uno così in questo quartieraccio, ma…bando alle meditazioni filosofiche.
      Bau bau riconoscente dò una leccatina alle sue scarpe, l’uomo sembra apprezzare.
      -Vieni, andiamo via da qui – sua fuggevole carezza.
      Il rimescolìo che m’invade somiglia alla felicità, saltello e piroetto.
      L’uomo saluta il ragazzetto, quello gli punta il dito medio ma non lo vede perché è chino a leggere sulla medaglia che mi pende dal collare.  
      -Ti chiami Giò…è il destino che ti manda.
      Non so che vuol dire e non m’importa.
      -Io sono Bàlin, saremo ottimi amici.
      Dalla realtà più squallida intravedo un futuro meno desolato.
      -Andiamo! – e io lo seguo.  

      Larghe vie palazzi signorili macchine di lusso, tutto bello e ordinato.
      L’uomo si ferma in fondo a un viale, un dopo l’altro s’aprono tre cancelli, camminiamo fra siepi di pitosforo e mortella.
      Servitore ossequioso ma con modi familiari, sguardo sbilenco e incuriosito.
      -Sadorè, abbiamo un nuovo amico.
      L’uomo scompare su per una scalinata, miei timori. Infondati, calda immersione nella schiuma giochetti con bolle di sapone fiducioso benessere. Pettinato e lindo, eccomi all’antico splendore di bastardo dalle belle forme.
      Confesso sono una canaglia passionale geloso collerico, però mi piaccio. Fòttiti passato, mica male ricominciare da qui.  

        Polpette di interiora mescolate a bocconi di carne e osso magnifico da rosicchiare per dessert, ricco pasto memorabile per bestia affamata. Poi soffice cuccia, sonno profondo e infinito.
      -Ma che bel cagnolino si nascondeva sotto la polvere! – voce di Bàlin che mi sveglia. Scodinzolo, bau bau un po’ arrugginiti. Lui già tutto elegante sembra eccitato.
      -Bravo Sadorè, l’hai rimesso in carreggiata, ora insegnagli le buone maniere. Domani dovrà far bella figura davanti alla nostra reginetta.
     Linguaggio in codice e fra i due sorrisetto d’intesa, ma sono ancora troppo stanco per pensare.
      Più tardi, visita alla casa. Sale salette grandi volte colonne lampadari lucenti broccati ricchi arredi, tutto Jugendstil. Me ne intendo, in un’altra vita ne conobbi una simile.
      -Ogni stanza ha un suo scopo e un suo colore – spiega Sadorè.
    Quella di Bàlin è d’un perlaceo malaticcio e profumata d’incenso, poi…
      -Questa è la stanza della reginetta, domani la conoscerai – Sadorè è sfuggente davanti a una porta chiusa.
      I giardini sono tre, uno con lauri camelie   e melograni uno con gigli calle e tuberose uno con tulipani peonie e ranuncoli, tappeti di colori mescolati con sapienza. Tempietto ovale in mezzo.
      -E’ il Chameleon, Mister Balìn ci si chiude a sentir musica quando torna dai viaggi, magari in compagnia di ragazzi che si porta dietro – servitore   un po’ blasé.  

      Oggi vedrò la famosa reginetta, indefinibili emozioni trotterellando dietro Sadorè. Porta socchiusa profumo che conosco bene,  e una canzone sentita mille volte…
 

Amado mio
torni dal passato
amore amato
sei sempre in me

      Pigra viziata traditrice, irresistibile… Gilla!
      Ancora e sempre lei sulla mia strada lei a sconvolgermi la vita lei che speravo d’aver dimenticato, eccola a strapparmi dall’oblìo a togliermi la pace, lei nel mio cuore come un pruno conficcato fino a farmi male.
      La porta si spalanca, ecco la bella impertinente. Gira lentamente il capo e mi guarda, affascinante batuffolo di pelo rosa dagli occhi trapuntati di stelline che s’accendono e si spengono per portarmi in cielo e poi buttarmi giù.
      -Questo è Giò e lei è Gilla – Bàlin fa gli onori di casa. – Cancellate l’avversione imposta dalle vostre due nature, ne sarò felice.
      Ben altro in passato ha diviso me e Gilla, mio signore.
      Lei immobile e statuaria sul suo puff, impassibilità gattesca. Scintillina sprizza fuggente dai suoi occhi, ma solo io posso vederla.  

      Padrone in viaggio, servitore guardingo.
    Avvicinamenti progressivi fra lei gatta e me cane. Flebile bau bau miagolìo stridente, si sottrae. La seguo nel primo giardino e nel secondo, nel terzo abbaio risentito. Desisto, difendo ciò che resta della mia dignità.
      La evito, del resto non esce quasi mai dalla sua stanza.
      Rapporto che ha preso una cattiva piega, Sadorè scuote il capo. Mi preoccupo, ne va del mio soggiorno in quella casa. Fregatene del passato mi ripeto, fingi cordialità e inghiotti l’orgoglio, devi riconquistarla ad ogni costo.
      Forse ha pietà di me e m’aiuta, gattona che s’avvicina con l’aria seducente d’una volta. Mi strofina sul muso le vibrisse, un dì gesto irritante e ora gradito, riprendiamo vecchi giochi d’amore.  

      Felicità ritrovata dura poco, torna Bàlin e Gilla si dilegua. Né padrone né servo vedo turbati, s’aggirano seri e distratti fra casa e Chameleon.
      M’avvicino al tempietto, dentro luci soffuse e la canzone di Gilla…
 

Amado mio
godiam quest’ora
che c’innamora
ma svanirà

      Resto un po’ acquattato nell’ombra, ma non resisto e apro la porta. Su un cuscino trapuntato d’oro Gilla è arrotolata insieme a un gatto enorme e  bruno.
      Indietreggio, colpito al cuore abbaio rauco e dal di dentro mi scatta l’antica feroce gelosia, ma scappo fuori per non fare un macello. Sono un pazzo che corre per tutta la città, senza ragione e senza mèta.
      Torno a guaire nel giardino dove io e Gilla c’eravamo amati.
      Vedo una finestra illuminata, Bàlin guarda la luna e Sadorè gli appoggia il capo sulla spalla…In questa notte degli amori non mi sono mai sentito così solo e disperato.
    Distrutto nel corpo e nella mente, sprofondo in un sonno popolato d’ombre e di paura.  

      Tutto pare tornare come prima nella casa. Gilla m’incontra rallenta i passi e mi guarda con uno strano sguardo che non le conosco. Il suo è un sottilissimo miagolìo di saluto che mi lascia il cuore liquefatto.
      Scomparso è il gattone bruno, il Chameleon si rianima con gli amici di Bàlin.
     Dunque era finita l’ennesima passioncella per la perfida gatta. E più il tempo passa più appare mite e quasi umile, stelline degli occhi che hanno perso il brillìo malizioso sguardo tenero sempre più indefinibile.
     Sono spiazzato, non so più chi è veramente la pacifica miciona tonda che ingrassa a vista d’occhio muovendosi lenta per la casa, che alle mie profferte amorose scuote il capo, che dolce sorride e   felpeggiando se ne va…        

      Giorno dello scompiglio, Bàlin e Sadorè concitati vanno e vengono dalla stanza di Gilla. Sento un’altra emozione approssimarsi ma questa volta non la temo.
      Attesa sospesa, sembro calmo lì nella mia cuccia ma dentro ho un tumulto indescrivibile, tempo che scorre infinito.
      -Andiamo a festeggiare la nostra reginetta! – le mani di Bàlin gioiose m’afferrano.
      Adagiata sul puff coi suoi cuccioli, Gilla è una mamma felice. Campassi cent’anni, non scorderò mai l’infinita tenerezza del suo sguardo. Ora capisco che il bisogno di maternità le aveva imposto d’accoppiarsi con un suo simile per poterlo avverare.
      L’idilliaco clima è interrotto dal gattone bruno che balza nella stanza con un miaoooo gutturale e terribile, ma Sadorè lo mette in fuga e torna la calma di soffusi affetti.
      Sono accanto a Gilla e ai suoi piccoli, famigliola felice. Colloquiano i nostri cuori finalmente pacificati, suoni dolcissimi che solo noi due possiamo udire.
      Vedo Bàlin e Sadoré andare al grammofono, avviare una struggente melodia…
 

Amado mio
godiam quest’ora
che c’innamora
e mai finirà


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3 Comments

  1. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 7 Agosto 2009 @ 19:10

    Attraverso una prosa forte e lirica, si “snoda” una storia che seduce e si fa metafora di sentimenti e sensazioni umane. L’intensità di un amore ha la valenza di una “rimonta coraggiosa”, tesa a trasformare indifferenze e inganni.
    Si vive, lungo il tracciato di immagini luminose, di provato interesse e meditate trepidazioni, “un concerto d’anime”, tra ombre di vero, appese al ramo del sogno
    Gian Gabriele Benedetti

  2. Commento by claudio grosset — 13 Agosto 2009 @ 17:30

    C’è tutto un mondo visto e vissuto dal ‘basso’, pare ci voglia convincere l’astuto ‘Cristofani’. I nostri amici a quattro zampe – per l’appunto, all’altezza delle nostre scarpe..! – si comportano, pensano e provano emozioni esattamente come noi, soltanto non hanno la parola. Risultato: ci osservano con distacco e ci studiano per convenienza – magari intendono pure i nostri discorsi!!! – giudicandoci meglio di quanto riusciamo noi a comprenderli. Certo è che nella scrittura di Cristofani il mondo ‘reale’ conta assai poco e si confonde con quello fiabesco dei suoi racconti, della sua fantasia, senza la quale non c’è divertimento ne ironia.
    Ed i sentimenti sono così importanti che possono oltrepassare “…l’avversione imposta dalla (diverse) nature…” Sentimenti che tornano dal passato, che svaniscono come fugaci passioni o che sono eterni, immortali. E per non parlare dell’affascinante teoria, per cui anche noi ‘razza superiore’ di “Homo Sapiens” potremmo un giorno ritrovarci nelle spoglie di un Gilla e Giò del momento, rimpiangendo le nostre vite passate e cercando di vivere al meglio il presente.
    Cristofani, come un Cantastorie, ci incanta, ancora una volta, con questa sua novella commovente, romantica ed a lieto fine e, quindi, ‘en passant’, getta qualche sassolino nello stagno – innocue provocazioni!! -mentre con un ghigno beffardo osserva il povero ignaro lettore scervellarsi a scoprire quale sia, tra le righe, il vero ‘ipotetico’ messaggio.

  3. Commento by Caterina Monnosi Giannoni — 14 Agosto 2009 @ 13:48

    Il commento di claudio grosset è talmente pregno di acute osservazioni e significati che non posso non associarmi a ciò che mirabilmente ha scritto. A Mauro cristofani il plauso di sconquassarci le meningi.

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