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LETTERATURA: I MAESTRI: Con i libri nel «drug-store » lo scrittore diventa piazzista

23 Maggio 2008

 di Lorenzo Bocchi
[dal “Corriere della Sera”, mercoledì 27 dicembre 1967]

Spesso il compito di presentare al lettore l’autore di un libro viene ormai affidato allo scrittore stesso. Chi infatti può servirci meglio che noi stessi? I risvolti delle sopracoperte dei volumi sono pieni di questi autoritratti che non osano presentarsi come tali perché sono redatti alla terza persona, proprio come certe pagine delle memorie di de Gaulle. Un editore parigino, entusiasta dei metodi audiovisivi e desideroso di mettere l’edizione al passo dei tempi, ha avuto l’idea di installare nelle librerie un juke-box letterario grazie al quale ogni scrittore può, senza più alcuna ipocrisia, dire pubblicamente tutto il bene che egli pensa di se stesso. Il cliente schiaccia un tasto e, invece della voce dell’ultimo idolo della canzone, ascolta quella dell’autore di cui si appresta ad acquistare l’ultimo libro. Abbiamo così sentito André Couteaux affermare senza l’ombra di un’esitazione: “Sin dal mio primo libro i critici hanno avuto la bontà di riconoscermi molte qualità di umorista”. Claude Rank dice con la massima serietà: “Lettore, sono lieto di avere finalmente un contatto con te”, e siccome la sua specialità è il romanzo del brivido, aggiunge: “Lettrice, mi dispiace di averti così spesso impedito di dormire”.

Siamo ai primi passi di questa nuova tecnica di vendita. Certi autori sono “in corso di fabbricazione”. Alcuni hanno comunicato all’editore di essere totalmente allergici al nuovo procedimento. Preferiscono che le eventuali lodi vengano pronunciate da altri. Sono evidentemente antiquati. E condannati all’oblio. Perché avere ancora certi scrupoli quando tutti, nella nostra civiltà pubblicitaria, sono condannati a giocare a carte scoperte? Forse che gli uomini di governo esitano a vantare quanto hanno fatto o faranno? Fra l’altro l’autopresentazione degli scrittori ha il vantaggio di eliminare la mediazione sempre pericolosa del libraio.

Da tempo ci si lamenta dell’ignoranza di molti venditori di libri, non inferiore a volte a quella di certi clienti. Il mestiere di libraio è uno dei più antichi del mondo. Pare che esistesse già nella Grecia del quarto secolo avanti Cristo, naturalmente secondo i mezzi tecnici allora a disposizione degli scrittori. Ha perfino il suo martire Etienne Dolet, filologo e stampatore impiccato e bruciato a Parigi nel 1546 per le sue opinioni ardite (ma non arse con lui). Purtroppo chiunque ha sempre avuto la possibilità e il diritto di diventare libraio. Parigi, per esempio, conta più di duemilacinquecento librerie. Le macellerie e le panetterie vi sono meno numerose. Ma quanti librai obbediscono ancora alla loro vocazione, che è quella di conoscere i libri messi in vendita per averli letti?Ä– vero che, oggi, il libraio ha molte scuse. Ogni anno, nella sola Francia, vengono messi in circolazione quindicimila titoli diversi. Nessuno ha la possibilità di leggere tutto.

La decadenza della professione del libraio è un fenomeno parallelo alla superproduzione editoriale. Il 2 gennaio 1867 i fratelli Goncourt annotavano sul loro diario: “Un sintomo dei tempi: la bottega del libraio sul lungosenna non ha più sedie. France (il padre di Anatole) è stato l’ultimo libraio con sedie, l’ultima bottega nella quale c’era un po’ di conversazione, un po’ di perdita di tempo fra gli affari”. Esattamente un secolo dopo il libraio non solo non ha più sedie, ma non ha più scansie sufficienti per accogliere la valanga di volumi sfornati giorno per giorno. Il libro è diventato un oggetto di grande consumo e lo si può trovare dappertutto, nelle stazioni ferroviarie e nei grandi magazzini, agli angoli delle strade e nei drugstores. Il venditore deve già avere una memoria d’elefante soltanto per ricordare i titoli. D’accordo, ci sono dei clienti che chiedono Les Mille di Jean Jacques Rousseau (per L’Emile), La cousine bíªte di Balzac (per La cousine Bette), On dine (si pranza) di Jean Giraudoux (per Ondine), Le satyre est con di Petronio (per Le Satiricon) o Les lésions dangereuses di Choderlos de Laclos (per Les liaisons dangereuses), magari convinti che si tratti di un manuale di pronto soccorso. C’è anche chi, volendo acquistare Le rouge et le noir di Stendhal e sentendosi rispondere che dell’opera è per il momento disponibile soltanto il primo tomo, ribatte: “Non fa nulla: datemi Le rouge oggi e tornerò fra qualche giorno per prendere Le noir”.

Tristan Maya è un libraio di vecchio stampo. Fa ricordare il compianto Henri Martineau che, dietro il banco del suo «Divan » a Saint Germain-des-Prés, si decideva a vendere certi libri soltanto a quei clienti che dimostravano di meritarlo. Maya ha confessato che amava troppo il libro per venderlo. Nelle sue memorie ha riunito un’antologia di aneddoti sull’ignoranza dei clienti del genere di quelli citati prima, ma non ha trascurato quelli sulla ignoranza dei librai. I venditori della nuova scuola (quella specializzata nel libro tascabile) sono capacissimi di chiedere al rappresentante se Delitto e castigo è un romanzo poliziesco o di ordinare le poesie di André Breton perché contano molti bretoni fra i loro clienti. “Non avreste II ritratto di Dorian Gray?” è stato chiesto ad un giovane commesso improvvisatosi libraio. “Noi non vendiamo stampe” ha risposto quello seccatamente. Una giovane commessa che si era sentita chiedere Madame Bovary ha risposto, un po’ più gentilmente, che la signora non si era vista in tutto il pomeriggio. Un’altra, alla quale era stato chiesto II dottor Zivago, ha precisato che nella casa non abitava alcun medico.

No, in queste condizioni è meglio servirsi di juke – box e giocare alla fiera della vanità.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart