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LETTERATURA: Mario Rocchi: “Casa Balboa – Chronique d’un désordre ordinaire”, Le dernière goutte, 2010

21 Marzo 2010

di Marco Vignolo Gargini

Il 18 marzo scorso è uscita in Francia, per i tipi strasburghesi de Le dernière goutte, la traduzione in francese del romanzo di Mario Rocchi Casa Balboa – cronache di ordinario disordine (Casa Balboa – chronique d’un désordre ordinaire). Sylvie Huet, traduttrice arguta e appassionata, rimase subito colpita dalla scrittura “au vitriol” di Mario Rocchi, avendo avuto una copia dell’opera pubblicata nel 2006 dalla Prospettiva editrice diretta da Andrea Giannasi. Come capita spesso ai nostri cugini d’oltralpe, tutto ciò che ha il sapore della satira insolente e dissacrante, non importa se edito in Italia o altrove, viene recepito con grande entusiasmo e valorizzato in modo assai meno provinciale rispetto a quello di casa nostra, soprattutto per l’apprezzamento senza pregiudizi e moralismi della carica dirompente del linguaggio e dell’analisi di realtà quali la famiglia, la religione, l’ordine sociale, la vita politica. Il contatto diretto che si è stabilito tra Sylvie Huet e Mario Rocchi, fino all’ultima battuta della versione in francese, ha partorito quello che in Francia, ci auguriamo, può davvero diventare un caso letterario fortunato.

    Le vicende del protagonista, il pater Balboa, legate a quelle della moglie, dei tre figli, dell’amante e dell’adorato cane Otto, sono state rese in un francese vivo, elegante ed espressivo, frutto di un lavoro sapiente, di una ricerca meticolosa dei corrispettivi linguistici. C’è un certo orgoglio a leggere nella lingua di Balzac i ritratti della bella città di Lucca, le storie dei piazziaioli dell’Anfiteatro, i commenti politici sarcastici e amari su “l’Italie berlusconienne”, le battute dei vari personaggi che gravitano intorno al personaggio chiave, “narrateur insolent”, com’è stato definito in una recensione di   Thomas Flagel apparsa il 15 marzo su http://blogpoly.canalblog.com. Nella stessa recensione Flagel giunge a fare un paragone letterario davvero importante tra l’opera di Rocchi e uno dei miti della scrittura americana novecentesca, un autore molto amico di Charles Bukowski: «Dans un style qui n’est pas sans rappeler les meilleurs instants de la prose de John Fante, nous cheminons, entre irrévérence et provocation bien sentie, dans les méandres de l’actualité et du quotidien (éducation, amour, croyances, petits engagements et grands compromis avec soi-míªme…). » [In uno stile in cui, non senza rammentare i migliori momenti della prosa di John Fante, ci incamminiamo, tra irriverenza e sentita provocazione, nei meandri dell’attualità e del quotidiano (educazione, amore, credenze, piccoli scontri e grandi compromessi con se stesso…)].

    Un plauso ulteriore va tributato alla traduttrice Sylvie Huet per aver trasposto le poesie di Mario Rocchi presenti in Casa Balboa (in primis Petite ville) in uno stile che ricorda certi testi graffianti di Georges Brassens. Questo sforzo interpretativo, veramente encomiabile, è la conferma che in ambito letterario la Francia ci è avanti una spanna quando si tratta di affrontare contaminazioni tra prosa e poesia all’interno di una stessa opera (da noi il piccolo recensore avrebbe storto la bocca e criticato l’autore reo di una variazione non “tradizionale”).    

    Non resta che congratularci con Mario Rocchi, la sua traduttrice, e associarci alle parole che la casa editrice di Strasburgo Le Dernière Goutte ha usato per presentare la pubblicazione: «Drí´le et puissamment corrosif, Casa Balboa plonge dans la culture populaire italienne, dans sa langue crue et nous offre une potion anarchiste, un bain de soleil. » (Strano e straordinariamente corrosivo, Casa Balboa piomba nella cultura popolare italiana, nel suo linguaggio crudo e ci offre una pozione anarchica, un bagno di sole).

    Mario Rocchi, Casa Balboa – Chronique d’un désordre ordinaire, traduzione di Sylvie Huet, La dernière goutte, Strasbourg, 2010.


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