LETTERATURA: RIVIERA, la via lungo l’acqua di GIORGIO FICARA. Einaudi17 Luglio 2010 di Francesco Improta Se è vero che oggi nella stragrande maggioranza dei casi si è perso il piacere dell’esplorazione e della scoperta perché i viaggi sono diventati semplici spostamenti da un luogo all’altro, le cui rotte, tra l’altro, sono tracciate in anticipo da agenzie turistiche che almeno sulla carta sembrano sod Âdisfare ogni nostra più piccola esigenza di comodità e di benessere è altrettanto vero che le mete dei nostri viaggi (paesi, città o nazioni che siano) sembrano sottrarsi al nostro sguardo, sempre più pigro e meno penetrante, presentandosi tutti, a detta dei sociologi, come non-luoghi, privi di spe Âcifiche caratteristiche. Da questa consapevolezza parte Giorgio Ficara nel suo ultimo libro Riviera. La via lungo l’acqua non per contestare il turismo di massa o per scrivere un saggio sociologico, anche se spunti di que Âsto genere si rilevano nel paragrafo dedicato agli emigranti, ma per restituire alla Liguria, terra di sua madre, da lui profondamente amata la propria identità , pur sapendo della difficoltà oggettiva di tradurre in linguaggio la natura, di per sé “impenetrabile al pensieroâ€. Ed è proprio l’inaccessibilità alle parole – vengono in mente i versi di Dante “… a l’intenzion de l’arte… la materia è sorda†(Parad. Canto I vv.129/29) – che spinge l’autore a un viaggio più nel tempo che nello spazio, come si legge del resto nel risvolto di copertina. Il libro ha una struttura particolare: si divide in tre capitoli (Rive, Partenze, e Il luogo felice) in Âtervallati da cinque storie (3 + 2) e non segue né un ordine cronologico né un itinerario geografico, anche se l’autore si muove esclusivamente, come suggerisce il titolo, bord de mer, pronto a “scattare oltreâ€, a “salpareâ€. Il sottotitolo, infatti, La via lungo l’acqua, non indica solo una collocazione geografica, una vicinanza fisica al mare ma anche una familiarità con la lontananza, una vocazione marinara che è proprio del popolo ligure fin dalle Repubbliche Marinare e forse anche prima. Ficara appartiene a quella genia, oggi in via di estinzione, di critici letterari che sono innanzitutto letterati (penso a Giacomo De Benedetti, Gianfranco Contini), scrittori nel vero senso della parola, capaci di illustrare, commentare i testi e attraverso la disamina degli stessi raccontare la vita, o meglio il romanzo della vita. Non meraviglia, quindi, che dal fiume della memoria di Ficara, una memoria individuale e collettiva al tempo stesso, emergano personaggi pubblici (divi della celluloide e intellettuali di chiara fama) accanto a marinai senza nome o camalli che trascinano la vita con i denti; fatti di cronaca e leggende popolari: il tutto descritto in una festa di suoni, di luci e di colori. La scrittura, ricercata e trasparente, fluisce chiara e leggera come quella dei migliori scrittori ita Âliani; penso, e non a caso, a Biamonti e a Orengo, di cui tra l’altro Ficara era amico e profondo conoscitore. C’è in questi scrittori, che hanno condiviso sia pure con sfumature diverse lo stesso amore per la Riviera, una grazia particolare che si riversa in costruzioni prive di peso e in trame lievi e trasparenti, intrise di luce. Procedendo nella lettura ci si accorge dei continui riferimenti, non sempre espliciti, a Sbarbaro, Montale, Leopardi e Conrad, a ben guardare, però, le citazioni non hanno funzione esornativa né tanto meno sono semplice sfoggio di erudizione ma una chiave indispensabile d’interpretazione che apre nuovi spazi, e profondità inattese alla scrittura. Libro, in conclusione, colto e piacevolissimo che mi ha consentito, tra l’altro, di capire qualcosa di più della terra in cui, da venticinque anni, ho scelto di vivere. Letto 2834 volte. | ![]() | ||||||||||
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