LETTERATURA: STORIA: “La rivolta degli zingari” di Alessandro Cecchi Paone e Flavio Pagano
28 Maggio 2009
di Stefania Nardini
Un libro necessario. Per “non dimenticare”. Per riperendere possesso della Storia. Quella con una esse tanto grande da inghiottire nell’oblio minoranze, soggetti marginali e “scomodi”. Come è accaduto per il Porrajmos, l’Olocausto degli zingari.
Un popolo, quello dei gitani, di cui si sa poco e si è scritto ancora poco. Colpa della tradizione del racconto orale? O più semplicemente la vittoria del pregiudizio?
Sugli zingari si sono accesi i riflettori mediatici di questo nuovo secolo. Un secolo noncurante della conoscenza. Un secolo sbrigativo, che liquida, attraverso stereotipi da bar dello sport, le identità e le diversità.
Grazie ad Alessandro Cecchi Paone e Flavio Pagano un primo passo di ricomposizione identitaria è stato compiuto. Iniziando dalla Storia. Ripercorrendo ciò che dal 1939 accadde ai “figli del vento” con le leggi razziali, quando un’etnia, che del viaggiare ha fatto un culto , si è ritrovata a fuggire. Assediata da un piano di sterminio, braccata, con i bambini gettati in pasto ai diabolici esperimenti del dottor Mengele.
Accadde. E’ accaduto. E le ferite sono ancora aperte.
Per questo, e tanti altri motivi, “La rivolta degli zingari” (ed. Mursia) è un testo che dovrebbe entrare in ogni famiglia, in ogni casa dove si ha voglia di riassemblare le vicende di un passato che troppo spesso si ripropone come un fantasma nel presente.
Cecchi Paone e Pagano, grazie alla parola scritta, hanno saputo ben miscelare storia e narrazione, facendo parlare personaggi reali.
“Abbiamo proceduto da divulgatori – spiega Cecchi Paone nell’introduzione – inquadrando delle situazioni, dei luoghi, dei personaggi, ma soprattutto la storia di persone in carne e ossa, con nome e cognome, con qualità e difetti. Vi si legge quello che carnefici e vittime hanno realmente fatto nel lager, e quello che verosimilmente hanno detto e provato. Il lettore si troverà a tu per tu con un mostro chiamato Mengele, il più potente e feroce camice nero dei vivisettori nazisti, torturatore efferato di bambini, meglio se gemelli, meglio ancora se gitani. Si potrà scoprire, nei racconti e nelle favole dei piccoli internati, non solo la voglia di sopravvivere, ma la determinazione a farlo senza obbligata disperazione, ma con delicatezza disarmata.
E in ultimo sorprenderà la rivolta finale. Rom e sinti furono tra i pochissimi a vender cara la pelle prima del massacro. Gli aguzzini non se lo aspettavano, fecero fatica a capacitarsi, impiegarono tempo, energie e stratagemmi per venirne a capo.”
Zingari armati di bastoni e pietre contro i plotoni delle SS arrivate per liquidare il Familienzigeunerlager, il “campo per famiglie zingare”. E’ ciò che accadde all’alba del 16 maggio 1944 nel campo di Auschwitz-Birkenau. Un episodio che vide sei mila zingari battersi disperatamente per sopravvivere.
La carenza di testimonianze dei sopravvissuti, la poca integrazione degli zingari nelle comunità dell’Europa falcidiate dalla violenza nazista hanno contribuito a offuscare, e a volte persino a cancellare, il ricordo del Porrajmos, che letteralmente significa “divoramento”, parola con cui i nomadi designano lo sterminio di migliaia di rom, sinti e kalé, rinchiusi e uccisi nei lager insieme a milioni di ebrei.
Una storia forte quella scritta da Cecchi Paone e Pagano, ma ricca di poesia. Con l’anziano nonno Tari’ che guida la comunità nomade nella Germania nazista. Lui che nelle serate intorno al fuoco trasmetteva ai piccoli della comunità le sue storie. E sarà la narrazione, che aiuterà i bambini deportati nel Familienzigeunerlager. Un tentativo di sopravvivenza tenendo vivo il ricordo dei propri amici trasfigurandoli nei personaggi di racconti tramandati oralmente. Guidati dalla straordinaria immaginazione della piccola Maria, i bambini si convincono che con le storie si possa “far muovere il campo”, cioè spostare le baracche del lager e farle viaggiare, come fossero i carrozzoni di una carovana ormai ferma da troppo tempo. Bambini che erano stati schedati per procedere a quanto di più terribile accadde.
Un bel libro “La rivolta degli zingari”, uno strumento per alimentare la coscienza civile. Un libro che nella prima pagina riporta una dedica: “Ai martiri dimenticati del Porrajmos, e al gesto dell’ex prefetto di Roma Carlo Mosca, sollevato dall’incarico per essersi opposto alla raccolta delle impronte digitali dei bambini nomadi”.
(dal “Corriere Nazionale”)
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Commento by Gian Gabriele Benedetti — 28 Maggio 2009 @ 22:26
Purtroppo nelle guerre avvengono atti atroci, esecrabili, disumani. Molti vengono ricordati e denunciati, altri rimangono più nascosti o quasi nell’indifferenza. Se ne parla poco, forse, come si precisava nell’articolo, per la scarsa integrazione di questo popolo nomade, ma anche per quel senso di diffidenza che spesso nutriamo nei confronti degli zingari. Ogni uomo che ha subito violenze e ha sofferto non va dimenticato, perché tutti facciamo parte della stessa umanità.
Anche ai nostri giorni il problema di questa popolazione suscita reazioni differenti. Certamente meritano giusto rispetto gli zingari, ma non si possono creare insediamenti privi di ogni minima igiene e sicurezza alle periferie delle città, insediamenti abusivi, che mancano di quella dignità vitale che tutti meritano. Occorrono interventi che offrano almeno elementi indispensabili per una vita degna di tale nome ed un controllo, onde non si creino situazioni di pericolo per gli altri e per gli zingari stessi. E, soprattutto, fare in modo che i ragazzi di tali etnie non vengano sfruttati per delinquere, ma possano usufruire, innanzi tutto, dell’educazione scolastica
Gian Gabriele Benedetti
Commento by fiorenza sepe — 29 Maggio 2009 @ 22:19
non conoscevo l’episodio di cui parla “la rivolta degli zingari” e a dire il vero osno rimasto veramente perplesso al pensiero che un evento cosi’ straordinario ella storia dell’olocausto sia passato inosservato e sia stato taciuto per tanti anni. forse la comunita’ ebraica possiede uno specie di copyright sugli eventi dello sterminio nazista, e se e’ così e’ una mostruosita’ anche questa.