LETTERATURA: Voltaire non ha mai detto: «Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire »25 Gennaio 2009 Come Galilei non ha mai scritto: « Eppur si muove » e in nessun luogo delle opere di Machiavelli si trova: « Il fine giustifica i mezzi », allo stesso modo Voltaire non ha mai scritto né detto «Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire ». E allora da dove nasce questa leggenda metropolitana? Ricordo che il giornalista televisivo Sandro Paternostro, vanesio e inconcludente (e anche palermitano, fatto che dal mio punto di vista di catanese è una conferma della labilità intellettuale dei panormiti ), colui che ha impostato definitivamente, anche per chi l’ha succeduto, il “canone” delle corrispondenze televisive da Londra sulla filiera tematica cappellini-della-regina-mostre-canine-e-via-minchionando ( e tutta l’Inghilterra di Hume e di Dickens, del Labour e di Shaw che vada a farsi benedire) amava ripetere questa formula nel programma televisivo “Diritto di replica” di qualche decennio fa. Ancora oggi viene ribattuta con grande enfasi e magnanimità citrulla tutte le volte che si fa mostra di elegante tolleranza nei confronti del proprio avversario. Essa è tanto pregna di un fair play vanitoso quanto logicamente destituita di senso solo se ci si pone a pensare che se concediamo al nostro avversario la libertà di poter dire tutto, anche l’intenzione di uccidere, noi o altri, egli da una parte lo farebbe di già e molto prima che noi ci immoliamo per consentirgli di dirlo, oppure lo farebbe col nostro consenso. L’idea di tolleranza non può che partire da un “minimo etico” e non può non essere che reciproca, ovviamente, ma non può ammettere nell’interlocutore idee di sterminio o altri abomini, che pertanto nessuno, e per giunta a sacrificio della propria vita, può consentire di dire ad alcuno. Se infatti si deve essere tolleranti coi tolleranti, viceversa non si può essere che intolleranti con gli intolleranti. Ma tagliando corto, il signor di Ferney non ha mai detto simile frase. Come mai allora gliela si attribuisce? Ecco di seguito l’estratto della lettera in inglese: A credere poi a certi commentatori (Norbert Guterman, A Book of French Quotations, 1963), la frase starebbe anche in una lettera del 6 febbraio 1770 all’abate Le Riche dove Voltaire direbbe : A M. LE RICHE, Ma ormai la frase di Miss Hall aveva varcato l’Atlantico e dopo un piccolo rimbalzo nei circoli ristretti dei liberal era entrata nel formidabile circuito dei media americani, tramite il popolare Reader’s Digest (Giugno 1934) e la Saturday Review (11 Maggio 1935). Letto 4025 volte. | ![]() | ||||||||||
Commento by Gian Gabriele Benedetti — 25 Gennaio 2009 @ 18:39
Spesso e volentieri si attribuiscono frasi mai pronunciate a grandi personaggi della Storia, della Scienza, della Letteratura… I casi sono tre: o qualcuno se le inventa di sana pianta, per mitizzare ancor di più quei personaggi, oppure, come avviene in un “passa parola”, si arrivano a “costruire” completamente, oppure, ancora, vengono estrapolate qua e là dal pensiero degli stessi personaggi. Tutto sommato, non mi dispiacciono.
La convenzionalità, l’apparente perbenismo e la costruita tolleranza che si riscontrano in molti momenti televisivi e non (soprattutto nei confronti e nei dibattiti), se da un lato sono più accettabili di certe baruffe pesanti, disgustose e diseducative, anche a me sanno tanto di falso e di vuoto giro di parole. Preferisco una sanguigna, ma sempre educata, presa di posizione a netto contrasto.
Ma è proprio vero, infine, che i Palermitani siano così labili intellettualmente? Forse, per un simpatico ed eccellente Catanese (bellissima città Catania!), un tantino campanilista, sì. Ma in realtà…
Articolo gustoso, seducente, interessante, ricco di documentazioni, dove l’autore dà prova di un’abilità espressiva davvero notevole
Gian Gabriele Benedetti
Commento by Alfio Squillaci — 25 Gennaio 2009 @ 19:50
E certo che i palermitani sono come esattamente io li vedo. Lenti nell’eloquio (per via delle digestioni difficoltose non certo per profondità di pensiero),sconclusionati nei ragionamenti, grevi nel portamento e nell’interlocuzione, variopinti nell’abbigiamento… insomma un disastro antropologico. Diceva Vitaliano Brancati che nella Sicilia orientale erano entrati i greci, la commedia e il riso, e in quella occidentale i fenici, la tragedia e l’io e il non-io…