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ARTE: PITTURA: I MAESTRI: Era incinta la Gioconda?31 Gennaio 2019
di Antonio Spinosa Il professor Kenneth Keel, tra una visita e l’altra ai suoi pazienti dell’ospedale di Ashford nel Middlesex, ha messo a punto una nuova teoria sul misterioso sorriso di Monna Lisa. Gli occhi sono maliziosi? L’atteggiamento è impenetrabile e ambiguo? Ebbene, Lisa Gherardini nascondeva un segreto intimo: aspettava un figlio. Il professor Kenneth Keel scrive che la ventiquattrenne moglie di Francesco Bartolomeo del Giocondo sta seduta, nel ritratto leonardesco, con le spalle « bene appoggiate » alla poltrona, è rivolta leggermente a destra con un « movimento grave e lento », e si nota che « il suo vestito sporge in maniera da far pensare alla gravidanza ». E’ l’ultima, ardita interpretazione del più insondabile dei sorrisi, è un nuovo e disperato tentativo di catturare la più inafferrabile espressione che volto di donna abbia mai avuto. La tesi della gravidanza non è tanto irriverente come sembra a prima vista, se altri avventurosi e farfalloni analizzatori di questo capolavoro della pittura rinascimentale avevano già attribuito il tremito delle labbra all’asma di cui, si dice, Monna Lisa fosse sofferente. Si cominciò a cercare la chiave di questo ritratto da quando il gusto decadente e il sottile estetismo ottocentesco resero sensibile il grande pubblico al tipo di donna fatale e alla bellezza enigmatica. Troppo spesso, nelle indagini condotte tra il serio e il faceto, si è rasentata l’iperbole, come quando il giornale francese Combat scrisse nel 1952 che sotto le vesti femminili della Gioconda si celava un giovane efebo fiorentino, amico di Leonardo. Con procedimento giocondoclastico, un copista trasformò ben presto Monna Lisa in un ragazzo sforbiciandole leggermente i capelli e sovrapponendo alla larga scollatura originaria un’agile «mise» da paggio. ★ La Gioconda è oramai mitizzata. Opera pittorica insuperabile è sottoposta agli assalti di curiosità e interessi morbosi, è un vero e proprio idolo di consumo. Le riproduzioni del ritratto leonardesco si moltiplicano; si accentuano in esse le tinte e i contrasti, sicché al cospetto dell’originale si rischia persino la delusione. Per lo stesso motivo avviene, ad esempio, che il falso gotico sia più gotico di quello vero. La Gioconda, prigioniera del « Kitsch », è avvolta dalle spire del cattivo gusto per cui la sua figura appare contraffatta sugli astucci porta-occhiali, sugli asciugamani, sulle piastrelle maiolicate dei bagni nelle dimore delle attrici. Al suo nome è intitolato un concorso di bellezza per fotomodelle. La Gioconda, in una riproduzione, è posta a cavallo d’una moto. L’idolatria di consumo ha dunque il suo rovescio. Monna Lisa è un uomo? Tracciato questo solco è facile veder circolare cartoline della Gioconda col volto caricaturale di Fernandel; o anche di Salvador Dalì e di Stalin: basta aggiungere baffi all’insù o baffoni. Più complessa la contaminazione Gioconda-de Gaulle. A parte le recenti esasperazioni volgari, l’ambiguità intellettuale, e sessuale, di alcune figure leonardesche ha sollevato sospetti lontani e a più alto livello, tanto che alla fine del secolo scorso il Barrès si poneva questo interrogativo : «Jeune fille, ieune homme?», e aspettava una impossibile risposta dai ritratti del grande maestro. Fu certamente l’ambiguità ad attrarre verso Leonardo uno dei più sensibili critici d’arte dell’epoca vittoriana, Walter Pater, che ebbe profonda influenza sul movimento estetico-decadente inglese e italiano, da Wilde a d’Annunzio. Si deve a Pater una delle più inquietanti pagine sul sorriso evanescente della Gioconda immersa in un secolo ambiguo, come il Rinascimento, creato da un artista complesso e difficile. La espressione inafferrabile di Monna Lisa è come un ponte sui misteri e sugli enigmi moderni della donna fatale. E’ anche di più. Secondo la analisi ispirata di Walter Pater questo sorriso, insondabile, non è mai disgiunto da « qualcosa di sinistro » che si effonde sull’intera opera di Leonardo. Fin dall’infanzia il pittore vide delinearsi quella immagine sulla trama dei suoi sogni sicché essa corrispose alla sua donna ideale. ★ Il modello fu solo un’occasione e lo stesso sorriso che l’artista voleva fermare coi colori fu del resto ottenuto con l’artificio, con l’ausilio di suonatori di flauto e con le facezie di alcuni saltimbanchi. Ma veniamo alla bellezza di Monna Lisa. Walter Pater dice che essa «procede dall’interno e s’imprime sulla carne», è il deposito, cellula per cellula, « di strani pensieri, di fantastiche divagazioni, di squisite passioni»; posta a confronto con le candide dee greche (e si era vociferato d’una Gioconda nuda dipinta dallo stesso Leonardo) o con le belle donne dell’antichità, queste resterebbero turbate da una bellezza « in cui si è trasfusa l’anima con tutte le sue malattie» e contorsioni; Monna Lisa « è più antica delle rocce tra le quali siede », come «il vampiro, essa morì più volte, conobbe i segreti della tomba, discese nei mari profondi e ne serba la luce crepuscolare». Siamo al vampirismo, d’una sorta che recentemente è stata forse riproposta, alla nostra attutita capacità di sorprenderci, da un romanzo, l’« Assoluto naturale » di Parise. La Gioconda vivrà tuttavia, e questa è una nuova contraddizione, nella delicatezza con la quale Leonardo stemperò i suoi « mutevoli lineamenti » calandoli in un’immaginazione che abbracciava « esperienze a migliaia ». La celebre pagina di Pater, a cento anni dalla sua pubblicazione avvenuta nel 1869, non indica un canone definitivo per la « lettura » della Gioconda: o meglio non spiega quel volto, anzi affolla su di esso nuovi fantasmi. Alla fine si è accertata solo una cosa: non sapremo mai perché Monna Lisa sorride.
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