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CINEMA: I film visti da Franco Pecori4 Ottobre 2014
[Franco Pecori dal 1969 ha esercitato la critica cinematografica – per Filmcritica, Bianco & Nero, La Rivista del Cinematografo e per il Paese Sera. Ă autore, tra l’altro, di due monografie, Federico Fellini e Vittorio De Sica (La Nuova Italia, 1974 e 1980). Nel 1975, ha presentato alla Mostra di Venezia la Personale di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet; e alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, con Maurizio Grande, una ricerca su Neorealismo: istituzioni e procedimenti (cfr. Lino Miccichè, Il Neorealismo cinematografico italiano, Marsilio). Dal 2002, ha tenuto per 4 anni, sul Televideo Rai, la rubrica settimanale Film visti da Franco Pecori. Noto anche come poeta, Pecori può vantare la stima di Franco Fortini] PerezPerez âLe viscere morali e sentimentali di un individuoâ. Eâ lo scopo dichiarato del regista nellâaffrontare il racconto che vede protagonista Luca Zingaretti nei panni di Demetrio Perez, avvocato dâufficio in un tribunale dove il ruolo è misconosciuto, oltre che per convenzione, per semplice prassi. La città è Napoli, vista dalla prospettiva alquanto distraente del Centro Direzionale, insieme architettonico esplicitamente diverso dalla reale situazione della metropoli campana. Perez vi si muove con strana naturalezza, lo vediamo allâinizio fare il footing come se stesse in un Central Park. Poi piombiamo nella realtĂ âinterioreâ del personaggio, grazie però soltanto alla voce narrante e non per lâimmagine che ce ne dĂ il film: Zingaretti appare chiaramente prigioniero della propria maschera televisiva, bloccata nella serie Montalbano. Passare a un umanesimo dimesso e sofferto, consapevole della mediocritĂ della situazione ed eroicamente pronto al sacrificio di sĂŠ in nome dellâamore di una figlia che si è messa nei guai, è stata evidentemente unâimpresa troppo ambiziosa. La responsabilità è maggiore da parte di De Angelis (autore nel 2011 del manieristico Mozzarella Stories, commedia/noir sulla guerra di mercato nel casertano), ma è anche vero che stavolta Zingaretti non riesce a impadronirsi del film come invece ha saputo fare nei lavori per il piccolo schermo. La trama è semplice, contrariamente a quel che vuole sembrare. Tea (lâesordiente e brava Simona Tabasco) ama Francesco Corvino (Marco DâAmore â basta averlo visto nella serie tv Gomorra per farsi unâidea dellâambito espressivo) ma sembra aver scelto male il fidanzato, un tipo probabilmente legato alla malavita. Per salvarla, il padre Demetrio si mette in mezzo, operando un gioco molto rischioso per cui dovrĂ utilizzare lâopportunitĂ che gli si offre quando un certo farabutto, detto Centopercento (Massimiliano Gallo), lo coinvolge in una sporca operazione di ârecuperoâ di pietre preziose. Qui si apre una parentesi anche grottesca, forse alla ricerca (inutile) della âsimpatiaâ del personaggio: il materiale da portare a casa è nel ventre di un toro. Nottetempo, Perez in compagnia di un amico-cavia (Gianpaolo Fabrizio), va allâoperazione chirurgica, nel fango letamoso della mandria recintata. Il taglio della pancia taurina (povero animale!) si rivela non facilissimo e si sfiora la comicitĂ (ma con Totò e Peppino sarebbe stato tutto ben diverso). Finito lââalleggerimentoâ, la vicenda si concluderĂ col trionfo dei buoni sentimenti. La âmediocritĂ â, scelta dal buon Demetrio come chiave risolutiva della propria esistenza frustrata, assicurerĂ pace e bene a un padre e a una figlia, tra i grattacieli di una Napoli invisibile.
Take FiveTake Five Napoletani che fanno i napoletani per il tempo di una rapina. Ma il compito è difficile: non è âpresa direttaâ, non è recitazione spontanea, non è documentario, è film impegnato a mostrare e non dire, a figurare e non incarnarsi pur giocando, invece, sui corpi degli attori, sfruttandone la âpresenzaâ a costo di perderne il senso, il senso della prestazione in rapporto alla storia un poâ thriller e un poâ varietĂ . Scenette da avanspettacolo, il che non sarebbe poi da buttar via, tuttâaltro. Ma non si arriva a tanto, la cinepresa si arresta e ridiviene macchina fotografica, scatta momenti indicativi per una striscia di fumetto, solo che trattandosi di immagini in movimento le âfotoâ restano caricate del peso del tempo che inesorabile scorre e traduce sullo schermo una frustrazione al limite dellâinsopportabile. Non câè dramma, non câè mistero, tutto è chiarissimo tranne il parlato in dialetto stretto. Si esce come da un tour in un paese sconosciuto e impraticabile. Perfino il titolo, richiamando un tema jazzistico in 5/4, confonde le idee, giacchĂŠ i personaggi sono sĂŹ cinque, ma non hanno nulla di âdispariâ, sono stati anzi ben delineati e definiti, tanto che la storia che vivono nel film non aggiunge nulla a quanto su di essi giĂ sappiamo. Gaetano il rapinatore con esperienza di carcere, Peppe leggendario âSciomènâ di quartiere e fresco inquilino di Poggioreale, il pugile Ruocco clandestino e violento con gli arbitri, SasĂ fotografo di matrimoni con un trasporto speciale verso le banche, Carmine operaio frequentatore delle fogne della cittĂ . Fogne, banca, fare un buco. Non è semplice? Non è qualcosa di risaputo? Eppure Guido Lombardi (il suo esordio LĂ -bas â Educazione criminale vinse a Venezia nel 2011 il Leone del Futuro) ha voluto fare un film. Letto 1601 volte.
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