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FUMETTI: I bersagli mobili dei fumetti3 Novembre 2013
di Giuliano Zincone Anno 43 d.C, Africa settentrionale sotto il dominio romano. Lo sceicco Abd el Kuz, reduce da « una delle sue innumerevoli orge », chiacchiera con un’illustre visitatrice: « Uffa, finalmente. Sai, diva Messalina? Fossi solo un po’ più giovane t’avrei strappata persino al grande Cesare. Peccato. Faccio ancora l’amore, ma non ho più voglia di fare la guerra ». « Complimenti per entrambe le cose », risponde Messalina. Non sempre il linguaggio dei fumetti sexy è così castigato, né i contenuti ideologici sono costantemente tenuti a questo apprezzabile livello di pacifismo. L’ improbabile conversazione tra lo sceicco e l’imperatrice è comunque caratteristica di un clima narrativo a schema obbligato, dove le missioni diplomatiche, gli intrighi spionistici, le avventure western e fantascientifiche, il Medioevo e la Controriforma fanno da labile contorno a rappresentazioni erotiche generalmente eterodosse. Nell’albo che abbiamo citato, per esempio, un branco di scimmioni violenta l’intero harem dello sceicco, e la prossima avventura di Messalina è presentata come segue: « Colei che amoreggia con i viscidi pitoni, colei che è detta ‘ il più bel seno di Roma ‘, la sacerdotessa del vizio solitario, i drogati della via Appia, tutti conoscono la lama che non perdona dell’inafferrabile omicida! Qual è il segreto erotico che ha scatenato tanto orrore? ». Le famiglie si preoccupano, perché sanno che queste cattiverie (teoricamente riservate agli adulti) finiscono spesso sotto gli occhi dei ragazzi, provocando comprensibili turbamenti e rischiose curiosità sadomasochistiche. E l’opinione pubblica incomincia a prestare al fenomeno la dovuta attenzione, stimolata dall’allarme degli editori di fumetti « tradizionali », gravemente minacciati dalla concorrenza di Isabella, Teodora, Vartàn, Justine, Helga, ragazze costrette dalle traversie della vita a risolvere a letto una quantità di problemi e a subire torture ingegnose e scabrosissime. Ricerche di mercato La posta in gioco è grossa: anche in Italia il fumetto è divenuto un serio ingrediente del consumo e della cultura dì massa. I ragazzi perbene leggono il « Corriere dei Piccoli » o « Topolino », i nostalgici del classico consultano « Mandrake », « Flash Gordon » e « L’uomo mascherato », gli amanti della giustizia demiurgica divorano « Superman » e « Batman », i guerrafondai si appassionano alle avventure « di cielo, di terra, di mare » pubblicate nella collana « Supereroica », gli « adulti » sfogliano febbrilmente « Diabolik » (o i suoi derivati: « Kriminal », « Satanik », « Sadik », « Infernal » etc., i sessuofili amano «Jungla », « Walalla », « Lucrezia », i raffinati consultano collezioni di « Barbarella », « Jodelle », « Poppea », gli intelligenti di sinistra commentano «Linus», quelli di centro-destra cercano conforto in «Eureka », i collezionisti si scambiano annate di « Rip Kirby », « Braccio di Ferro » e « Capitan Cocoricò » (in lingua originale) . Naturalmente le ipotesi di consumo (e le eventuali ricerche di mercato) non possono fondarsi su schemi tanto rigidi. Lo psicologo, anzi, ci spiega che spesso sono proprio i più miti a immaginarsi travestiti da Diabolik, e i più frustrati a sognarsi circondati da disinvolte Teodore e da sofisticatissime Valentine; e l’esperto di comunicazioni di massa ci dirà che esistono vari atteggiamenti, di fronte al fumetto; tutta una gamma di possibili « letture », varianti da quella di chi « ci crede » e frequenta il mondo di « Goldrake » identificandosi col personaggio, a quella snobistica di chi consuma gli albi di « Isabella » per farsi quattro risate alle spalle di qualche povera ragazza rosicchiata dai topi o per mostrarsi aggiornato con la moda kitsch. In un modo o nell’altro, i fumetti sono letti da molte più persone di quante non li acquistino e rappresentano un fenomeno commerciale e sottoculturale che non si può liquidare con brusche condanne o con atteggiamenti troppo distratti: queste pubblicazioni traducono in immagini semplici ì miti della società nella quale circolano e le restituiscono, con elementare sincerità, quello che essa è capace di dare. Si tratta, nella maggioranza dei casi, di « risposte » non elaborate, di interpretazioni acritiche dei sentimenti di un ipotetico « lettore medio ». Per questo ci è sembrato abbastanza interessante un rapido esame dei vari campi d’azione del fumetto. Senza la pretesa di aggiungere nulla agli studi approfonditi svolti nel settore da sociologi, psicologi e tecnici dei mass-media, riferiamo al lettore (che vorrà perdonarci i molti paradossi) i risultati della nostra indagine, che intende fare da premessa al tema dei rapporti tra fumetti « audaci » e pubblicazioni « tradizionali », al quale dedicheremo il prossimo articolo. (1) 1) La politica. « Che i cosiddetti fumetti per adulti — leggiamo su un numero della rivista Terzo Mondo — siano spesso abbondantemente compenetrati di un rozzo spirito razzista è cosa da tempo risaputa. Quanto ignoravamo anche noi è che anche i fumetti per ragazzi sono un veicolo di razzismo. Anche l’apparentemente innocuo Paperino di Walt Disney è un insospettato veicolo di diffusione dei più squallidi pregiudizi e dei peggiori stereotipi aggressivi, razzisti e classisti, della società che lo esprime ». Le pesanti accuse, in realtà, non ci sembrano sufficientemente comprovate dalla « citazione » che segue questo testo: una « striscia » nella quale Paperone accusa un certo Billy Bull di essere « indegno della carica » in quanto discendente dal pellerossa Toro Seduto. Esistono, al di là di queste interpretazioni eccessivamente sottili, riferimenti politici ben più espliciti. In epoca gollista, molti videro nelle lotte fra Asterix e i Romani una chiara allusione al braccio di ferro intrapreso dal Generale con gli Stati Uniti, tanto più che, nello stesso periodo, gli albi dell’ultranazionalista Michel Vaillant ospitavano (per la prima volta nella storia del fumetto postresistenziale) figure di atleti sovietici estremamente simpatici e positivi. Ma anche queste sono sfumature da persuasione occulta, di fronte (per esempio) a un fumetto italiano di qualche anno fa, che rappresentava gli onorevoli Fanfani e Moro nelle vesti di criminali spaziali con tanto di orecchie d’asino e divise d’ispirazione nazista Oggi (malgrado le recenti autocritiche) a nessuno verrebbe in mente di sbeffeggiare il leader della rivoluzione cubana facendone un personaggio comico chiaramente riconoscibile sotto il nome e la barba di Sidel Lustro, ma è anche vero che (probabilmente con opposte intenzioni) la figura del « Che » Guevara è stata recentemente rievocata in una serie di albi a base di « Mil diablos! » e dì altre irriguardose gigionerie. Da Njxon a «Pompidel» I «cattivi» (spie nemiche, feroci sabotatori) erano un tempo « i russi », ovvero i « maledetti rossi »: oggi si manifesta una forte tendenza a colpire gli orientali, con un significativo ritorno alla tradizione postbellica degli «sporchi musi gialli». I bersagli dei fumetti, del resto, sono omogenei soltanto al livello dei prodotti meno qualificati: le pubblicazioni di élite discriminano amici e nemici attraverso precise scelte ideologiche (le quali, tuttavia, non impediscono a Linus di pubblicare, accanto alle « strisce qualificanti » di Feiffer e Copi — feroci censori di Nixon e « Pompidel » — le opinioni di Lil’Abner-Al Capp, fortemente ironiche nei confronti di pacifisti e progressisti americani). L’impostazione generale dei fumetti segue, comunque, un blando e imparziale qualunquismo. 2) La società e i Valori. Un denominatore comune esiste: chi vince ha ragione, chi ha ragione (in genere) vince e la vittoria è, nella maggioranza dei casi, identificata con il conseguimento di un obiettivo economico, erotico, di prestigio o, più semplicemente, con il compimento di una missione affidata al protagonista da un’autorità superiore. Al di là di questa elementare constatazione occorre fare una distinzione di fondo: la società dei fumetti per ragazzi è frutto, il più delle volte, di una visione idillica della realtà, ma è, approssimativamente, « autentica »; nelle pubblicazioni per adulti, invece, la società è clamorosamente falsa e piena di connotazioni pessimistiche La doppia morale Proviamo a collegare questi dati con un altro elemento discriminante: i giornali per ragazzi comunicano (nelle intenzioni) una serie di valori positivi» (giustizia, generosità, dominio delle passioni), mentre i fumetti per adulti esprimono proprio il contrario (violenza premiata, perversione esaltata, ingiustizia trionfante). La somma consente una deduzione abbastanza ovvia: i ragazzi aspirano ad inserirsi e gli adulti a evadere; ma denuncia anche il persistere di una « doppia morale » che impone ai più giovani modelli di comportamento illusori e valori nei quali la società matura ha cessato di identificarsi. 3) Il linguaggio. Anche qui assistiamo a un curioso fenomeno di sdoppiamento. I testi dei migliori fumetti per ragazzi (come il « Corriere dei Piccoli » e « Topolino » ) sono molto accurati, attenti alla grammatica e alla sintassi. Con Jacovitti il « Corriere dei Piccoli » offre addirittura una gamma di invenzioni linguistiche esilaranti e di alta qualità creativa. Quanto alla lingua delle pubblicazioni per adulti, eccone alcuni saggi Italo-iberici) tratti da una recente avventura di « Isabella, la duchessa dei diavoli»: « Como ultima cosa, vorria saber porche non me ha dicio en seguida del naufragio coll’embarcation Caronte»; « Ve scorterò, ma a la condicione che me aiuterete nel rapimiento de una nobile de cui soi enamorado ». E in « Angelica » il modo di parlare dello Sceicco Nero (« ora ti dico cosa sono i miei piani ») sarebbe più facilmente perdonabile se il fumetto non si raccomandasse al lettore come una «libera riduzione e rielaborazione delle avventure di Angelica, principessa del Catay, tratte dall’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto». I ragazzi, insomma, devono imparare a leggere in buon italiano (e in inglese: sob, sigh, splash, mumble…); gli adulti possono farne a meno, dal momento che quello che conta è capirsi. Le discriminazioni didattiche, del resto, non si fermano alla grammatica, ma presiedono all’impiego di vocaboli che ci è impossibile riferire e che nei periodici per ragazzi non compariranno mai. Peccato che, a difetto di ogni precauzione, nessuno possa impedire ai più giovani di documentarsi sulle lotte di Helga, « stretta nella morsa di due saffiche guerrigliere » o sui turbamenti di Lucrezia. Ancora più evidente è la « doppia morale » che è possibile estrarre dai commenti che accompagnano l’inevitabile castigo dell’antagonista. Gli albi per bambini assumono, nella circostanza, atteggiamenti edificanti ed espressioni solenni: « Pagherai il fio delle tue malefatte », « Questo ti serva di lezione », « Imparerai a non turbare il sonno degli onesti cittadini ». Nel mondo dei fumetti neri, invece, la fine atroce del nemico debellato è accompagnata soltanto da concise esortazioni (« Crepa!», «Muori!». «All’inferno!») ed è postillata da epitaffi generalmente ingenerosi (« Dannato bastardo », « Verme schifoso », « Immonda carogna»). Così sparisce, nelle evasioni piccolo borghesi dei « grandi », anche quel minimo di fair play nei confronti dell’avversario battuto, appreso con tante perplessità durante le ore di educazione fisica. __________ Letto 5351 volte.
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