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Fumetti: Miss Peach28 Aprile 2011
[da: “Enciclopedia dei fumetti”, a cura di Gaetano Strazzulla, Sansoni, 1970] L’AUTORE MELL LAZARUS – Ritrattista e portavoce per vocazione della scolaresca della « Kelly School » è nato a New York il 3 maggio 1927, e non ha tardato molto a capire le proprie tendenze di disegnatore umoristico (e, naturalmente, di fumetti), arrivando a essere assistente di Al Capp. Le fasi più interessanti della sua vita e della sua carriera artistica si possono rintracciare nel suo libro The Boss Is Crazy, Too (Anche il padrone è matto). Miss Peach iniziò la sua tournée di successo il 4 febbraio 1957 rimbalzando dai fogli di Boston a quelli di Chicago, da quella di Cleveland a quelli di Oakland e Dallas, arrivando fino alla edizione internazionale dell’Herald Tribune. Nel 1966, in collaborazione con il disegnatore Jack Rickard, e con lo pseudonimo di Fulton, ha ideato un fumetto di genere avventuroso, Pauline McPeril, che si rifa, nel nome, a un serial cinematografico di grandissimo successo, The Perils of Pauline, e, più direttamente, al. filone degli agenti segreti, tipo James Bond e Modesty Blaise. Protagonista di questo divertente fumetto satirico è una giovane e bella ragazza yé-yé, che continuamente si caccia nei guai più assurdi e imprevedibili, dai quali però riesce sempre a cavarsi fuori grazie alla sua astuzia tutta femminile e anche a una buona dose di fortuna. La storia affronta senza velature la satira contro le istituzioni americane, e in modo particolare la C.I.A. (solo parsimoniosamente mimetizzata in G.I.A.) di Allan Dulles. Meli Lazarus è un « americano tranquillo » prima maniera (anche se non possono non avergli mai fatto osservare la sua singolare somiglianza con Gregory Peck). In articoli e interviste non tace l’ammirazione per molti disegnatori, sia che si senta loro debitore o meno: Charles M. Schulz, Johnny Hart, Milton Caniff, e, ovviamente, Al Capp. Riservando, s’intende, un angolino per un monumento a George Herriman. Come disegnatore di strisce fumettate Lazarus possiede uno stile grafico personale, oltremodo moderno ed essenziale, che da il giusto risalto al gusto per la deformazione e fa dei componenti della sua turbolenta scolaresca altrettanti piccoli mostri arroganti e con una testa assai sproporzionata rispetto al resto del corpo. I PERSONAGGI MISS PEACH – Probabilmente, intitolando la striscia, Meli Lazarus ha pagato un debito morale a un’amica o a una parente che gli aveva ispirato in qualche modo il personaggio. In Miss Peach infatti, l’ossuta intestataria entra soltanto di straforo, e in maniera del tutto intercambiabile. Al suo posto dovrebbe piuttosto piazzarsi la « Kelly School », o meglio ancora la sua anima nera, la incalzante Marcia Mason, chair-lady per autodefinizione prima e per convinzione (o rassegnazione) poi, un’acerba foemina americana di indefinibile leva (come sempre, in caricatura, per ragioni grafiche o di « illeciti leciti », l’anzianità resta tra gli elementi opinabili). Di essa, a ogni modo, si può garantire che: la frangia è di colore chiaro, ha spesso almeno una mano sul fianco e il coefficiente d’intelligenza, rispetto alla « sua » media, si aggira sui 130 più o meno (rendimento scolastico a parte, per mancanza di dati sicuri). Rispetto alla sua « presenza » in classe e alle molte iniziative che l’autore offre ai suoi petulanti ragazzini perché non si dividano (e che essi naturalmente prendono al volo, comprese le vacanze, per insediarsi in colonie marine e montane), nessuno per la verità tiene testa a Marcia, una sorta di Lucy Van Pelt ancora più prevaricante e organizzata. E certamente più coerente, senza neppure quel neo di Achille di femminile condiscendenza della quale almeno i restanti Peanuts, più fortunati, possono ogni tanto consolarsi: Marcia è sempre saccente, sempre diffidente, sempre dispotica. La prova del nove della concentrata malignità di Marcia sta proprio nel boy-friend che si è scelto: quel Ira al quale Lazarus ha voluto affidare un compito tutto particolare nel mondo del fumetto intellettuale. Ira, va detto subito, non potrebbe essere un ebreo, ma è ebreo: nessun dubbio in quanto all’attribuzione somatica intesa come luogo comune e tutte le porte aperte a qualunque illazione psicologica. Ira da un tocco godibilmente personale alle strisce nelle quali appare. Sia che interroghi o risponda, sorrida o faccia il muso o scoppi in lacrime, la sua parte è di paravento o cuscinetto, e sempre comunque di spalla per la sua compagna braccavittime. Nel sottostare alla irruenza femminile in generale e di Marcia in particolare, l’involontaria gara fra Ira e Arthur, dai capelli e dagli atteggiamenti di anatroccolo, non ha vincitori. Anche se è a loro due, più che al patito Lester (che rimanda muscoli e aitanza al prossimo decennio), o al cinico e dotato Freddy, che l’amica di Marcia, Trancine, dedica i suoi fiocchi e gli abbozzi di make-up e si mostra sufficientemente civetta e gelosa. I bambini arroganti e contestatori della « Kelly School » seguono, di regola, le lezioni di Miss Peach, una giovane e simpatica insegnante che partecipa dei loro problemi non sempre risolvibili e dei loro rapporti sempre complicatissimi (mentre sullo sfondo stanno la noiosa Miss Per questi ragazzi megalocefali ogni occasione è buona per insistere in una sorta di congiura aperta e senza coperture contro gli adulti, aprendo un inesauribile ventaglio di proteste. Non è esplicito se i loquacissimi eroi di Meli Lazarus sono degli implacabili casse-pieds anche fra le pareti domestiche (trapela dai dialoghi che i genitori sono da parte loro più comprensivi dei nonni, i quali si unirebbero alla loro generazione di tutto il mondo in nome di dimenticate reprimende), ma è fuor di dubbio che nel recinto della « Kelly School » la bandiera contestativa sventola su precise quanto instancabili direttive dell’autore. Quanto alle materie di studio, si brancola nella più lucignolana indifferenza, ma il numero consistente di decreti, mozioni e manifesti rende evidente che l’analfabetismo è un male debellato. Di castighi e bocciature, in tutti i casi, non si parla. Rimane tuttavia pacifico che la contestazione è il deus-ex-machina della striscia: da parte delle piccole donne contro i piccoli uomini, da parte del gruppo contro il conformismo, fra i banchi e non. La satira contro la scuola americana, come è stato scritto, al contrario, non appare particolarmente sottolineata e il lettore europeo non deve cadere nell’equivoco di scambiare per intenzione ironica il casuale riferimento a precise realtà di costume. Per Miss Peach l’assegnazione a buon diritto fra i fumetti moderni, spirito e materia a parte, è senz’altro dovuta al disegno: schematico ed efficace fino alla sintesi di assegnare un micromessaggio a ogni puntolino (che può essere la bocca) e ogni trattino (sopracciglio o ruga di disappunto), ma pure disponibile, per sua natura, per accusare talvolta il suo autore di scarso estro o di fretta. Le caratteristiche dei personaggi non sono affidate alla loro corporatura ma al loro testone, una parte di riguardo per la grande famiglia cartoonistica dei nasuti; essi sono sempre visti di profilo, e i loro occhi, per un compenso più utilitaristico che di desinenza picassiana, si stringono l’uno all’altro dalla stessa parte, che è poi quella del lettore.. A questo punto, una domanda può sorgere naturale (e non sarebbe la prima del genere) circa un possibile parellelo fra i bambini precoci (o faziosi) di Charles M. Schulz e quelli di Meli Lazarus, e, di conseguenza, fra i Peanuts e Miss Peach. La risposta è simile alle tante che si possono dare da un qualunque angolo bombardato come gli altri dalle immagini, sotto la volta del cielo attraversato da migliaia di satelliti artificiali, indaffarati a distribuire comunicazioni. Non è che Marcia e compagni siano stati ricalcati sulla falsariga di Charlie Brown e amici, quanto piuttosto che i Peanuts, sbocciati dal costume e dalla mentalità yankee all’inizio degli anni cinquanta per merito della sensibilità di un osservatore acuto, oltre a servire di esempio ad altri autori, hanno soprattutto contribuito, istigandone gergo e giochi, a formare il comportamento di una generazione, che, nello stesso tempo, si è vista riflessa e assecondata secondo le leggi di un girotondo che da il suo ritmo alla storia del costume. Se vogliamo dare a Cesare ciò che gli spetta, arriveremo a dire che, essendo i Peanuts del 1950 e la « Kelly School » del 1957, a furia di leggere le strisce di Schulz, gli alunni della scuola di Lazarus non potrebbero essere altrimenti, cioè quei simpatici scocciatori che sono. Con tutto quel bagaglio di linguaggio adulto « in » sconvenienza, problematica, spietatezza, digest freudiano; un pudding, insomma, di perspicuità e confusione, embrionale perché non sollecitato dall’esterno nei ragazzi svegli di ieri e pecu-liarissimo in quelli di oggi. Tanto nella scuola americana in fase di pentimento per averli troppo assecondati, come in quella italiana, con i suoi problemi di riguadagnare terreno. Meli Lazarus, per certo verso, è un po’ come la sua Marcia. Ad ambedue interessa, in fondo, una cosa soprattutto: all’alunna di sconcertare senza remissione Miss Peach e Mr. Grimmis (come quando sottopone loro il manifesto del suo Student Violent Non-Coordinated Committee senza perdersi in noiosi particolari del programma), a Lazarus di costringere il lettore a correre nell’ultimo angolo della striscia per un sorriso da consumare subito, senza sfilarlo a fatica da una tesi o da un doppiosenso. Questi « ragazzi terribili » è evidente — come qualcuno ha scritto — che hanno perso tutti i complessi, l’innocenza e le venature di malinconia: per loro il mondo degli adulti non ha segreti, lo conoscono perfino nelle mode e nelle manie più recenti e crudeli. Letto 3543 volte.
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