LETTERATURA: I MAESTRI: È morto Bonaventura Tecchi: era lo scrittore di un’antica terra
25 Maggio 2008
(Ricorrono quest’anno 40 anni dalla morte di Tecchi. Lo ricordiamo con questo articolo di Barbiellini Amidei. bdm)
[dal “Corriere della Sera”, domenica 31 marzo 1968]
Roma 30 marzo, notte.
Bonaventura Tecchi è morto stamane, alle 8.30, nella clinica «Mater Dei», per complicazioni sopravvenute dopo un intervento chirurgico cui era stato sottoposto nei giorni scorÂsi. Tecchi aveva settantadue anni, essendo nato a Bagnoregio (Viterbo) l’11 febbraio 1896.
Tra i numerosi messaggi dì cordoglio giunti alla famiglia è quello del presidente della Repubblica, Saragat, che ha coÂsì telegrafato: «La scomparsa di Bonaventura Tecchi rappreÂsenta un grave lutto per le lettere e per la scuola italiana che egli onorò con la sua apÂpassionata intelligente e feconÂda opera. Partecipo con comÂmosso animo al lutto inviando le mie sincere condoglianze».
I funerali si svolgeranno luÂnedì, alle 9, nella chiesa di San Bellarmino in piazza UnÂgheria. A Bagnoregio, nel poÂmeriggio, si svolgerà a spese del comune un’altra cerimonia prima che la spoglia sia tuÂmulata nella tomba di famiÂglia accanto a quella della moÂglie Cleta, morta nel 1955.
Ai familiari le commosse e profonde condoglianze del CorÂriere della Sera.
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L’ultimo libro che BonavenÂtura Tecchi ci ha lasciato ha il titolo di Antica terra, paÂgine sparse, frammenti scritti dal 1934 al 1967, pubblicati alÂcuni mesi fa nelle edizioni delÂl’Albero. L’antica terra di TecÂchi è l’alto Lazio, una Tuscia che sa ancora un po’ di Etruria, Montefiascone, Orvieto, Viterbo, e la sua Bagnoregio doÂve nacque l’11 febbraio 1896, e dove tornava sovente a concludere le sue opere, a ripensare gli studi di germanista e di fiÂlologo, a riposare dalle fatiche dell’insegnamento universitario.
Adesso che si è chiuso tropÂpo presto, ma serenamente, tutto l’itinerario suo potrebbe essere ripercorso anche guarÂdando al rapporto, ora evidenÂte ora sottile, ora di lontananÂza ora di affinità , tra lo scritÂtore e la sua terra, fra il ricercatore di filologia e l’uomo di una regione che talvolta nella cadenza, in una certa chiave di stile sembra ricordaÂre, quasi custodire il mistero di una ignota lingua, fra una serietà soda, ostinata, che è nelle cose, nei campi, ed è stata sempre nel suo lavoro di esegeta, fra la misura rigoÂrosa che è del paesaggio e delÂle sue pagine, dei suoi elzeviri mai troppo brevi mai troppo lunghi, dei suoi giudizi lontani dalla stroncatura e dall’apoloÂgia, delle sue immagini quasi fiabesche eppur nemiche del luogo comune, della facile asÂsonanza (e anche nell’ultimo libro di Etruria non parla mai, pure se è nell’aria, proprio per un gusto di elusione delle coÂse scontate).
I libri di Tecchi, narratore, notò più volte la critica, hanÂno diversi spessori, diversi moÂdi di essere letti, diversi temÂpi di racconto e di descrizioÂne. Come i libri è la sua vita, che per diversi spessori proceÂdette, nell’intima consapevolezÂza di bene operare, una consapevolezza che gli si coglieva nella sincerità degli incontri. La laurea in lettere all’univerÂsità di Roma, dopo gli studi classici, e la decorazione di lui volontario nella prima guerra mondiale, dove fu uomo valoroso ed ebbe una ferita, sono degli stessi anni.
A sentirglieli raccontare, gli inizi della sua carriera di letÂterato e di filologo quasi si confondono: del 1924 è il suo primo libro II nome sulla sabÂbia che non passò inosservato; ma ecco già nel 1927 quel Wackenroder che era l’annunÂcio di una lunga opera insiÂgne di germanista. A rileggere oggi quei primi brani si può trovare la prova che Tecchi scrittore e studioso nella preÂdilezione narrativa e nella scelÂta critica mai si allontanò da alcuni interessi che gli doveÂvano essere nativi: certe situaÂzioni ambientali, nei romanzi, e certi nomi di novellieri, nei commentari, riconducono a un suo amore per la fiaba, che è rappresentativo della sua poeÂtica relazione con la realtà . Una relazione che non è mai banale. Dietro c’è una ricerca intellettuale che già si svelava quando le sue pagine giovaniÂli, nel 1926, apparvero su So-laria. Era allora direttore del «Gabinetto Vieusseux» a FiÂrenze, dove rimase dal 1925 al 1929. Poi nel 1933 fu chiamato come lettore nelle università di Brno e di Bratislava. Nel 1939 era all’università di PaÂdova, quindi a Roma dove insegnò, fino quasi a ieri, letteÂratura tedesca e diresse l’IstiÂtuto Italiano per gli studi gerÂmanici.
Quella lingua, quella letteraÂta, quel mondo germanico, li aveva incontrati per la prima volta, in un confronto difficile, ancora ragazzo quando era stato fatto prigioniero, durante la prima guerra mondiale, nel tempo di Cellelager, a sud di Amburgo. Ogni suo corso di lezioni, ogni opera di saggistica, ogni traduzione furono poi per quarant’anni un più meditato acÂcostarsi a questo mondo, visto nei contrasti e nelle somiglianze con la propria attitudine intelÂlettuale. Vengono così, dopo Wackenroder, Scrittori tedeschi del Novecento (1941), Carossa (1947), Sette liriche di Goethe (1949), L’arte di Thomas Mann (1956), Teatro tedesco romantiÂco (1957), Scrittori tedeschi moderni (1959), Romantici tedeÂschi (1959), Le fiabe di Hoffmann (1962).
Tecchi critico non ignorò, anche in tanta attenzione per il mondo tedesco, la letteratura italiana: e ne sono testimonianÂza così Maestri ed amici (1934) come Officina segreta (1957).
Tra la sua saggistica e la narrativa c’è un’affinità elettiva davvero goethiana. Goethe è autore chiave nell’esperienza letteraria di Tecchi. L’interpretazione quasi cristiana di GoeÂthe svela la profondità della sua lettura critica, un andare perpendicolarmente alle ragioni del grande tedesco.
E anche la narrativa di TecÂchi, come la sua prosa di viagÂgio, è consapevole di Goethe, pur con un’ombra della provinÂcia liberale e cattolica italiana. Le pagine sono molte e le ocÂcasioni non sempre uniformi: Il vento tra le case (1928), Tre storie d’amore (1931), I Villatà uri (1935), La signora Ernestina (1936), Idilli moravi (1939), Giovani amici (1940), La vedova timida (1942), ViÂgilia di guerra (1945), Un’estate in campagna (1945), L’isola apÂpassionata (1945), La presenza del male (1949), Valentina Velier (1950), Creature sole (1950), Luna a ponente (1955), Le due voci (1956), Storie di bestie (1958),  Gli egoisti  (1959)  che ebbe  il «Premio Bancarella», Baracca 15 C (1961) dove sono rievocati i giorni della sua prigionia in Germania, Gli onesti, (1965). Tra tanti titoli i romanzi maggiori (I Villatà uri, Giovani amici, Valentina Velier, Gli egoisti, Gli onesti) erano tornati tutti assieme nel discorso della critica di recente nell’ocÂcasione dei settant’anni dello scrittore, che Roma aveva celebrato con una festa, con alÂcuni discorsi e molti articoli.
Già il «Premio Bagutta» nel 1960 e l’elezione a socio dell’AcÂcademia  dei  Lincei nel  1S63 avevano  sancito  il  riconosciÂmento della cultura allo studioso e al letterato. Ora, ancora ricco di molti anni che potevano essere fruttuosi per la letteratura, la sua antica terra lo ha rivoluto.
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Commento by donata ghizzi — 14 Settembre 2008 @ 23:15
io ero molto piccola. I miei genitori erano molto amici col professore. Mi ha scritto molte lettere ed ho molte fotografie di Lui. Eravamo al suo fianco alla premiazione del “Campiello”. Presto pubblicherò le lettere che il Professor Tecchi mi scriveva.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 15 Settembre 2008 @ 08:28
Gentile Donata, sarebbe molto bello volesse scrivere qualcosa per la mia rivista circa i suoi ricordi di Bonaventura Tecchi. Lo pubblicherei molto volentieri.
Quando uscirà il suo libro, potrà inviarmi, se vuole, la scheda del libro, una sintesi del suo contenuto, i suoi dati biobibliografici, e le prime 2/3 pagine, in un file word. La rivista ha una sezione Incipit (clicchi sull’apposita voce a sinistra della Home, per vedere gli esempi).
Bart
Commento by laura — 22 Novembre 2009 @ 19:19
Qualcuno può aiutarmi nel sapere il seguito di questo piccolo testo?! per favore: “ed è rimasta un attimo così lieta e pensosa contro quello sfondo balenante di scrimi bianchi e di abissi paurosi, come se la bellezza di un viso di donna che scende nel cuore di un uomo sia veramente una delle cose più… ” sono rimasta qui… non mi viene il resto.. grazie in anticipo.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 22 Novembre 2009 @ 21:37
Speriamo, Laura, nell’aiuto di qualche lettore.
Commento by cris — 13 Gennaio 2010 @ 23:25
come se la bellezza di un viso di donna che scende nel cuore di un uomo sia veramente una delle cose più dure a morire in questa breve fuggevole vita
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 14 Gennaio 2010 @ 00:39
Grazie. Ho provveduto ad informare, via e-mail, Laura.
Commento by Massimo Onofri — 30 Gennaio 2010 @ 19:23
La citazione che interessa Laura si trova in “Antica Terra”
m.o.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 30 Gennaio 2010 @ 21:13
Grazie, Massimo.
Commento by Angelo — 19 Settembre 2011 @ 20:30
GABINETTO SCIENTIFICO LETTERARIO
G.P. VIEUSSEUX
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La S.V. è cordialmente invitata alla presentazione dei volumi
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Bonaventura Tecchi. Identità di una terra antica
A cura di Luigi Martellini
SETTE CITTÀ
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Marino Moretti – Bonaventura Tecchi
Carteggio (1929-1968)
A cura di Alberto Raffaelli
EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA
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Intervengono
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Marino Biondi e Laura Desideri
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Saranno presenti i curatori dei volumi
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Martedì 27 settembre 2011, ore 17
Firenze, Palazzo Strozzi, Sala Ferri
Commento by Eugenio Tiberi — 25 Aprile 2014 @ 00:09
un giorno lessi un pensiero di Bonaventura Tecchi (non ricordo da quale opera) che cito sempre e che racchiude una grande verità : “io vorrei soltanto tenere compagnia in questa spaventosa solitudine morale che è la nostra vita moderna”