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LETTERATURA: I MAESTRI: Giuoco con l’ignaro30 Marzo 2019
di ElĂ©mire Zolla Durante la guerra gli psiÂchiatri dell’esercito americaÂno fecero largo uso delle teÂrapie di gruppo per risanare i soldati colpiti dal trauma della battaglia. Era il primo impiego di massa del nuovo metodo. Da allora è cresciuto il numero dei tecnici e dei teorici, e alcuni trattati hanÂno codificato i risultati. Come ogni scoperta reddiÂtizia, queste manipolazioni sono penetrate nella societĂ , a poco a poco creando nuove costumanze, rafforzando le idee che le hanno sapute far proprie, e la massa s’è pieÂgata a chi ha messo a proÂfitto quanto era nato in deÂsolate sale di manicomi. SorÂpresi e irretiti da fenomeni sociali inspiegabili per chi ignori le nuove tecniche, gli intellettuali hanno reagito coÂme gli insetti d’un formicaio scoperchiato, inventando spieÂgazioni apocalittiche o metÂtendosi disperatamente al passo, mostrando infine tutti i sintomi della malattia che si voleva appunto inoculare loro. E’ ben raro chi si sottragga all’anima collettiva che l’opeÂra discreta d’un animatore di gruppi sa suscitare. La magÂgior novità è questa figura nuova, dell’animatore di diÂbattiti, che fa rigorosamente a meno d’ogni apparenza nonchĂ© autoritaria, autorevoÂle. In un manicomio svizzero si decise di sottomettere al trattamento di gruppo gli inÂfermieri: « Non si poteva diÂre — Fatevi curare —, ma si poteva dire — Venite a discuÂtere insieme — »; che il fine fosse quello amabile di miglioÂrare il loro carattere o altro, magari opposto, poco imporÂta: lo strumento permane, i fini cambiano. E’ ben facile escogitare, volendo, temi di « discussione » fra persone unite da un’attivitĂ comune, si possono perfino far discuÂtere fra loro intorno alla maÂternitĂ le madri in quanto madri, intorno ai genitori i figli come tali. Se poi si dĂ ai convenuti l’impressione che non semplicemente interÂpretano ma forse modificano la realtĂ grazie alla loro meÂravigliosa inventiva e incomÂparabile, eloquente saggezza, come potranno non prodigarsi in parole, parole, parole, in un racconto che non significa nulla? * Tornando a quegli infermieÂri (e beninteso di loro, come Marc’Antonio di Bruto, diciaÂmo ogni bene possibile), essi subirono il trattamento, e tanto piĂą docilmente, allorchĂ© l’aniÂmatore un giorno si vide chiuÂdere in faccia la porta della sala dove la riunione si saÂrebbe dovuta tenere. Oh, il sopruso amministrativo, la prova dunque, per qualunque fragile mente, che fra lui e l’amministrazione non poteva esserci intesa di sorta! Da alÂlora la finzione di essere uno come loro, senza poteri nĂ© mandato riuscì all’animatore impeccabilmente, egli modifiÂcò come voleva certe loro perÂsuasioni come non avrebbe potuto con i consueti mezzi dell’autoritĂ , dell’intimidazioÂne o di una palese terapia. Si domina o con la violenza o con la corruzione; esiste una corruzione del linguaggio, ridotto a filastrocca di luoghi comuni rivendicatori. L’animatore sa creare la psiche di gruppo la quale, reÂstando intera nelle parti in cui si divida, entrerĂ nel cirÂcuito psichico di ciascuno dei componenti; come una parti- cella radioattiva essa contiÂnuerĂ a irradiarlo per qualÂche tempo e potrĂ essere riÂcaricata d’energia ad ogni nuova adunata. L’animatore deve tralasciare l’aria profesÂsionale o una qualificazione precisa, badando solo a proÂvocare certe correnti psichiche fra i partecipanti. Lui solo sa che le ciarle sono ciarle. DoÂvrĂ all’inizio mostrarsi soÂprattutto interessato ad aiuÂtare gli intervenuti: sa che qualunque riunione di persoÂne all’inizio è dominata dall’ansia (visibile in taluni dal loro impaccio e dai loro siÂlenzi, in altri dalle loro roÂdomontate). Andranno elimiÂnate le persone inaccessibili al trattamento: certi schizoÂfrenici, certi malinconici maÂnovratori di minacce di suiÂcidio, gli afflitti da un « suÂperbo » eccessivo, o gli esÂseri (cosa rarissima, trascuÂrabile) del tutto maturi. All’infuori dei pochi inasÂsimilabili, tutti sono potenÂziali pazienti. L’animatore deÂve essere libero da ogni deÂsiderio narcisistico, e indiviÂduare nelle sue cavie il moÂvente che spinge al silenzio o alla loquacitĂ , a difendere questa o quella tesi. Nei grupÂpi dichiaratamente terapeutici egli sa che scatteranno faÂtalmente delle spinte aggresÂsive contro di lui (le chiaÂma transfert negativi), nei gruppi di discussione invece esse colpiranno ora questo ora quel partecipante. L’animatoÂre incanala o smorza tali spinte ed è regola ferrea che egli non parli mai di questo gioco, non sveli a nessuno i moventi occulti. AllorchĂ© sentirĂ cospirare contro se stesÂso l’avversione di gruppo, siÂmile a quella della mitica, freudiana orda di fratelli conÂtro il padre, dovrĂ accortamente rifiutarsi alle domanÂde piĂą o meno copertamente provocatorie, invitando altri a rispondere. Quando poi un partecipante, sottoposto a questo regime regressivo del diÂbattito a vuoto, cominciasse a evocare ricordi traumatici, se la seduta è terapeutica l’animatore potrĂ farne tesoÂro; dovrĂ banalizzarli viceÂversa se si è in un gruppo di discussione. Compito coÂstante dell’animatore è di faÂcilitare gli interventi (going around): « questa è un’opiÂnione interessante, vorremmo adesso la sua… », non si stanÂcherĂ di ripetere che è lì per aiutare, non per imporre una opinione, che si è lì tutti per fare uno « scambio di espeÂrienze ». SaprĂ dosare senza averne l’aria le blandizie a coloro che temono (timore che è lo stigma incancellabiÂle di un’immedicabile medioÂcritĂ ) la « brutta figura » (anÂche se farla, lascerebbe le loÂro fortune economicamente al punto di prima); saprĂ peÂraltro convogliare l’animositĂ di gruppo contro chi tenda ad accaparrarsi l’attenzione. Tutto deve rimanere allo staÂto fluido, e non sarĂ difficile rimediare alla mancanza di un fine esatto della discusÂsione, provocando interminaÂbili litanie rivendicatorie conÂtro un ente qualsiasi. * Queste tecniche riescono così bene perchĂ© ormai nesÂsuno si pone innanzitutto deÂgli scopi precisi, e perciò nemÂmeno si chiede quali sieno gli scopi precisi di altri: in questa generazione si paga il prezzo di una ormai inverata distruzione della « scienza dei fini supremi », della metafisica. Si cessò nel ’700 di parlare del fine soprannaturale dell’uomo e si finisce oggi col non saÂpere nemmeno definire il fine delle azioni piĂą modeste; si va a una riunione senza nemÂmeno sognarsi di chiederne lo scopo. Chi non vuole riforÂmare quanto ha d’attorno, specie se non sa come lo vuoÂle? L’animatore dosa l’uso della prima persona pluraÂle, che toglie angoscia, e la cui revoca improvvisa (« non sei piĂą noi, sei tu ») sarĂ , al caso, un’inapparente e perÂciò efficacissima sanzione. Slawson ha paragonato il tesÂsuto connettivo del gruppo che così si forma all’induzione elettrica e alle reazioni a catena. I partecipanti cominceranno a sentirsi solidali poichĂ© vi si sentiranno esonerati, essendo « uno di noi » e non piĂą « io », dal senso di colpa (e chi non lo prova?), alleÂviati dall’ansia (e chi ne è libero?). Conforto e tepore (e anche qualche piccola frustraÂzione opportuna) si proveÂranno in un gruppo dove si è tutti uguali (nella misura in cui si è, senza saperlo, nelle mani dell’animatore, forse se non altro perchĂ© sa ciò che vuole), in cui le proprie ciance sono onorate, in cui peralÂtro ogni tanto la disapprovaÂzione collettiva scatta a puÂnire qualcuno e quindi tutti si tengono entro i limiti non formulati ma proprio perciò ben vincolanti (il diritto ponÂtificale della Roma arcaica non era noto e proprio perÂciò tremendamente efficace). Chi voglia impratichirsi dei particolari potrĂ consultare il libro curato da Mullan e Rosenbaum: Group Psychotherapy. (Free Press of Glencoe, 1962), il trattato dello Slawson e altri, ma sopratÂtutto dovrĂ imparare sui corÂpi vili. E’ chiaro che l’animatore avrĂ un certo numero d’aiuÂtanti se invece del gruppo di otto (questo numero pare sia l’ideale) dovrĂ manipolare asÂsembramenti maggiori, dove manterrĂ lo stato fluido eliÂminando ogni garanzia proceÂdurale. Suscitata una sufficienÂte angoscia, si può offrire un principio di cristallizzazione facendo convenire tutti su diÂchiarazioni di principio « ideaÂlistiche » o ovvie. E in questo gioco psichico collettivo avranno la loro funzione sia gli scalmanati « idealisti » che coloro i quali ne attenueranÂno la foga con aria compeÂtente e tecnocratica. Chi non afferri le nuove tecniche farĂ la fine degli inÂdiani dell’Amazzonia, ostinati nell’opporre agli aerei le cerbottane.
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