LETTERATURA: I MAESTRI: Il mistico Bulgakov e la telefonata di Stalin
10 Febbraio 2008
di Giuseppe Tedeschi
[da: “Il Dramma”, n. 1 – ottobre 1968]
L’11  marzo del  1940,  poche ore  dopo  la morte di Michail Bulgakov, il segretario di Stalin  telefona a Lena Sergeevna, fedele e forte compagna dello scrittore, per chiedere, a nome dello stesso Stalin, conferma della notizia.
Era dal 1930 che Stalin si interessava a Bulgakov. Stalin rimase, difatti, particolarmente, stranamente, colpito e turbato dalla dramÂmatica lettera di protesta che Bulgakov gli scrisse, nella primavera del  1930,  appunto, perché  i  suoi  lavori  venivano  censurati  e boicottati dagli scrittori-burocrati del regime. « Se mi si vieta di lavorare liberamente, conÂcedetemi di lasciare il paese », chiedeva, addÂirittura  Bulgakov  a  Stalin,  aggiungendo, limpidamente, altamente « io sono uno scritÂtore  mistico ».  Quella  lettera  così  sincera, così accorata, così intrepida, scosse, stranaÂmente, come si è detto, Stalin: al punto che subito furono dati ordini di lasciar lavorare e vivere in pace lo scrittore.
Oggi di Bulgakov, e del « caso letterario » creatosi intorno a lui, in seguito alla pubÂblicazione del suo straordinario romanzo poÂstumo Il maestro e Margherita (in traduÂzione italiana ne esistono le edizioni Einaudi e De Donato), si sa tutto, quasi fino alla leggenda e in ogni particolare: che cominciò a dedicarsi alla letteratura dopo la rivoluÂzione del ’17, mentre prima era stato medico a Kiev (vi era nato nel 1891); che i suoi i due libri di racconti (Diavoleria e Le uova fatali), pubblicati entrambi nel 1925, passarono nel silenzio più completo; che il suo primo romanzo (La guardia bianca, stoÂria di una famiglia borghese che va dispersa nella tempesta della Rivoluzione), pubblicato nel 1926, gli procurò la definizione di « scrittore borghese e emigrante interno »; che fu posto sotto accusa e isolato dagli scrittori staliniani fino a quando, nel 1930, scrivendo personalmente a Stalin e assicuÂratasene la protezione non fu assunto come consulente al Teatro di Stato, cantuccio dove rimase, lontano da purghe e vessazioni, fino al 1940, anno della morte, avvenuta per una infezione ai reni, secondo alcuni, misterioÂsamente, secondo altri.
Perché i responsabili della vita letteraria soÂvietica hanno reso noti solo ora, cioè a diÂstanza di oltre 25 anni dalla morte di BulÂgakov, questi dati? Perché solo ora essi hanno riconosciuto Bulgakov come uno dei loro maggiori scrittori contemporanei? Come rispondere a questi quesiti? Forse così: che tutto ciò che capita nel mondo letterario sovietico è sempre strano, indefinibile, sfugÂgente, ancora oggi e nonostante la destaÂlinizzazione, il disgelo, la dekrusciovizzazione e via dicendo. Ci conforti tuttavia il fatto che, nonostante i circa tre decenni di ritardo, questi dati ci siano arrivati: e con essi la voce di uno scrittore tra i più vividi, dopo Pasternak, di tutta la letteratura soÂvietica contemporanea.
Intanto anche in Italia il « caso Bulgakov » continua a crescere: e dopo la pubblicazione di Il Maestro e Margherita, di La guardia bianca (Einaudi), di Cuore di cane (De DoÂnato), molti nostri traduttori e editori hanno fatto a gara, come si dice, per assicurarsi tutti gli altri testi dello scrittore, sia quelli narrativi sia quelli teatrali. Anzi per quanto riguarda quelli teatrali si è avuto in questi mesi un vero exploit. Difatti Bompiani ha pubblicato in un unico volume i tre testi teatrali brevi I giorni del Turbìn, La corsa, Ivan Vasilevic; Sugar, L’isola rossa, considerata da molti il capolavoro teatrale di BulÂgakov; De Donato, più organicamente, una solida e fitta antologia comprendente, oltre ai già citati I giorni del Turbìn, La corsa, Ivan Vasilevic, L’isola rossa (o L’isola purÂpurea, per ripetere il titolo esatto dato da De Donato), anche Beatitudine, Gli ultimi giorni di Puskin, La cabala dei bigotti, Don Chisciotte.
Si vede, dunque, che tutti o quasi tutti, i testi teatrali di Bulgakov sono, ormai, dispoÂnibili in traduzione italiana. Rimangono, è vero, da scoprire L’appartamento di Zoja (una satira sulla Mosca della NEP, proibita poco prima della sua presentazione al TeaÂtro Vachtangov e mai più, da allora, rinÂtracciata). Adamo ed Eva, Baturn (opere, entrambe, inedite anche in Russia) e tutta la serie di sceneggiature e libretti da opere di Gogol, Molière, Maupassant. Ma, a parte queste omissioni che riguardano, del resto, testi più congetturati che accertati, in ediÂzioni italiane esiste, ora, un panorama sostanzialmente completo del teatro di Bulgakov, diramantesi in tre grandi gruppi: i pamphlets teatrali (la definizione è dello stesso autore e può essere estesa, oltre che all’Isola purpurea anche all’Ivan Vasilevic e a Beatitudine); le pièces epico-realistiche sulla guerra civile (I giorni del Turbìn e La corsa), e infine i drammi storici con intenti al tempo stesso satirici e apologetici (Molière, Gli ultimi giorni di A. Puskin, Don Chisciotte). La fisionomia drammaturgica di Bulgakov è, perciò, tutta in queste opere, anche se altre dovessero aggiungervisi e congiungervisi.
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