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LETTERATURA: TEATRO: STORIA: Il significato del labirinto. Edipo preedipico26 Dicembre 2015
di Franco Fornari PAOLO SANTARCANGELI Paolo Santarcangeli con Il Libro dei labirinti ci dà un saggio di particolare interesse, relativo alla storia di uno dei miti più popolari dell’antichità, comune sia alla civiltà cretese che a quella attica: il mito di Teseo e Arianna che ha nel simbolo del labirinto, contenente il minotauro, il suo punto centrale. Il libro comincia con la esposizione e un’analisi di tutti i dati concernenti i personaggi più importanti del mito a cominciare da Minos per passare a Teseo, Arianna, Dedalo, ecc. Partendo dalla sua consacrazione mitologica più famosa, Santarcangeli segue le vicende del labirinto dai tempi preistorici fino ai giorni nostri, in cui compare come messaggio pubblicitario e come test psicologico. Egli rintraccia gli antenati più arcaici del labirinto nelle incisioni rupestri della Valcamonica e in alcuni cerchi di ciottoli, fatti probabilmente da pescatori in riva al mare. Trova il tema labirintico nel materiale etnografico di popoli primitivi e considera le piante delle tombe faraoniche in Egitto come le forme precorritrici più dirette del labirinto di Cnosso. Teseo diventa Cristo Dalla sacralità del mito e dal suo legame con il tema dell’iniziazione, della reinfetazione e della rinascita, oltre che con il tema della discesa agli inferi, delle potenze ctoniche ecc., la storia prodigiosa del labirinto passa poi ad una sua relativa desacralizzazione nella cultura romana, dove diventa un tipico tema decorativo nei movimenti musivi di Pompei e di altri pavimenti romani disseminati in Europa. Nel Medio-Evo si assiste ad una risacralizzazione del labirinto che si impregna di significati salvifici cristiani, per cui il perdere la strada e il ritrovarla si collocano in una prospettiva mistica e moralistica, che ritroviamo nella « diritta via smarrita » agli inizi della Commedia, a sua volta interpretabile come situazione labirintica. In quest’epoca pertanto, nel centro del labirinto, al minotauro viene sostituito il diavolo e Teseo diventa Cristo. Sempre nel Medio-Evo, oltre ai labirinti nelle cattedrali, incominciano i giardini sotto forma di labirinto, con scritte floreali e intenzioni mistiche che si ritrovano nel Roman de la Rose. Dopo il Trecento l’elaborazione del tema del labirinto tende scomparire per riapparire poi dopo la prima metà del ‘500 e raggiungere una particolare fortuna nel ’600 e ’700. E’ nel ’600 che la tematica del labirinto si arricchisce di un importante elemento: il bivio come condizionatore della doppia scelta. La ricerca del Santarcangeli segue quindi il cammino del labirinto in tutte le sue più strane peregrinazioni nelle arti figurative, nelle stranezze calligrafiche, nelle sue traduzioni allegoriche sugli stemmi e sulle tappezzerie, nel soffitto di Palazzo Ducale di Mantova, nei prati inglesi (Turf–Mazes) e nei giardini di delizie ecc. fino ad arrivare ai già citati impieghi del labirinto come messaggio pubblicitario e come test psicologico. Per decifrare il significato del labirinto e del mito del minotauro, Santarcangeli si rivolge, pur con una certa titubanza, alla « psicologia del profondo » di Jung. Il labirinto viene a volte considerato come un archetipo. Il riferimento psicoanalitico sembrerebbe pertanto fuori luogo, perché esula dalle intenzioni del Santarcangeli. Egli, però, su un punto piuttosto importante, cioè sul simbolismo del toro, sostiene una tesi sulla quale vale forse la pena di soffermarci, per sviluppare qualche riflessione. Egli scrive: « E’ quindi interessante rilevare che malgrado l’aspetto che ne fa quasi un simbolo, un emblema della virilità, la rappresentazione… del toro non ha mai avuto, o solo di rado », se non andiamo errati, « un significato prevalentemente fallico. Proiezione della fantasia inconscia Esso è piuttosto associato con la relazione tra la vita e la Terra: e soltanto per quella mediazione, con il simbolo della fertilità. La sua schiena nera, le corte zampe… lo fanno apparire come collegato col mondo sotterraneo, con le potenze ctonie, con le caverne ». In questo passaggio Santarcangeli sembra adoperare una verità per negarne un’altra. Non sembra infatti necessario negare il carattere fallico del simbolo del toro per affermarne una sua relazione con la terra (simbolo femminile-materno) in funzione di fertilità. Tanto più che in altre pagine viene riportata la seguente citazione del Neuman: « La decapitazione del toro costituisce il sacrificio del fallo e le due corna appaiono come simbolo fallico… Del resto il nesso tra fallo e testa è importante per i singoli stadi della coscienza… ed è caratteristico che la testa del toro stia per il fallo umano ». Ed è anche interessante notare che questa citazione viene fatta da Santarcangeli nel capitolo dedicato all’ascia bipenne (labrys da cui sarebbe derivato labirinto) e subito dopo aver parlato del fatto che l’ascia bipenne era adoperata come strumento per la castrazione. A mio parere, il fatto che il toro, e in particolare la testa del toro simbolizzi il fallo e il fatto che il toro appaia legato alla terra e alle caverne non sono da intendersi come fatti antitetici, ma possono essere ambedue comprensibili nell’ambito di una tipica fantasia inconscia, che trova nel simbolo del labirinto contenente il minotauro (con la testa di toro) una singolare verifica. Intendo riferirmi alla proto-fantasia inconscia descritta da Melanie Klein come « fallo paterno dentro il corpo della madre », alla quale si collegano ansie persecutorie analoghe a quelle suscitate dalla « figura parentale combinata ». Per questo la simbolizzazione della testa del toro come fallo sottolineata anche da Neuman — mi sembra importante. Il labirinto rappresenta allora il corpo materno, il misterioso e temuto interno del corpo della madre oggetto di pungente curiosità, di impulsi epistemofilici e di desideri intrusivi da parte del bambino. Il minotauro dentro il labirinto sarebbe allora il fallo paterno come misterioso pericolo con tenuto nel corpo della madre. Sul pia no clinico questa fantasia è di osservazione corrente. La applicazione di tale realtà fantasmatica, che troviamo sul piano clinico, al tema del labirinto, del minotauro e di Teseo avrebbe allora la stessa pregnanza del riferimento del materiale clinico, relativo al parricidio e all’incesto, al mito di Edipo. Se cioè la testa del toro è il fallo, allora il minotauro (nome che condensa Minos e testa del toro) è da intendersi come ,« fallo di Minos ». Il trionfo del bambino sulle angosce Narra infatti il mito che ogni nove anni (riferimento ai nove mesi della gestazione?) Minos entrava nella caverna per parlare con Zeus padre: dove è facile cogliere una fantasia di reinfetazione di Minos. Ma il feto equivale anche al fallo. E il fatto che Pasifae si innamori del toro ci riporta di nuovo al simbolo paterno, in quanto Minos è figlio di Giove trasformatosi in toro. La testa di toro del minotauro sarebbe così sia il simbolo del fallo che del padre di Minos: il che potrebbe di nuovo significare « fallo del padre », o anche coalizione dei padri, che si allaccia ai riti iniziatici castratori nei riguardi dei figli. Il mito di Teseo, visto in questa prospettiva, avvicinerebbe questo famoso eroe ateniese ad Edipo: un Edipo però « preedipico », in una fase cioè nella quale il padre non è ancora separato dalla madre, bensì fuso con lei nell’immagine parentale combinata, a livello di oggetti parziali. In tal senso il mito di Teseo celebrerebbe anche il trionfo del bambino sulle sue angosce primarie. Una conferma indiretta del carattere edipico del mito di Teseo può essere ricavata dal lapsus di Teseo, che, quando torna a casa vincitore, dimentica di sostituire la vela nera con la vela bianca. E’ noto che in base a tale dimenticanza Egeo, il padre di Teseo, si uccide. Il tema del ritorno dentro il corpo della madre (viscere della terra, labirinto come « pacchetto di visceri » ) associato alla lotta mortale con il fallo paterno è anche centrale nei riti iniziatici, con relativa capanna-caverna, (come simbolo materno in cui entrano gli iniziandi) dentro la quale avvengono i maltrattamenti subiti dai giovani da parte dei padri coalizzati. Un ultimo dato a favore dell’interpretazione proposta, nel senso della « convergenza indiziaria » riguarda il fatto che Minos stesso soffriva di incubi relativi al… pene paterno dentro la madre. Narra infatti il mito che, (forse per magìa della moglie Pasifae gelosa!) ogni volta che Minos si avvicinava ad una donna diversa dalla moglie per avere rapporti sessuali doveva scapparne perché dal corpo della donna uscivano serpenti ed altri animali mostruosi.
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