|
MUSICA: I MAESTRI: I Beatles. Solo loro quattro e Bob Dylan28 Gennaio 2013
di Romano Giachetti New York, ottobre La popolaritĂ dei Beatles non acÂcenna a diminuire in America. Se è l’Inghilterra che li ha prodotti, è queÂsto Paese che ha dato loro un ruolo da interpretare: se ne ha una nuova conferma in questo momento con l’uÂscita del loro ultimo disco (Hey Jude e Revolution), che preannuncia la comparsa di un microsolco, e con la pubblicazione di due biografie, una, (The Beatles: The Real Story), di JuÂlius Fast, che ricalca le stereotipate immagini dei Beatles create dalla stampa di divulgazione, e l’altra, The Beatles: The Authorized Biography, di Hunter Davies, che permette finalmenÂte di guardare a questi « idoli » delle folle giovanili da un’angolazione insoÂlita, in una dimensione piĂą vera. Contemporaneamente, chi credeva’ che in questo tumultuoso presente di lotte e rivolte l’attenzione delle geneÂrazioni piĂą giovani fosse stata distolÂta dalla musica popolare per concenÂtrarsi unicamente sui temi piĂą scotÂtanti dell’educazione universitaria e delle rivendicazioni sociali, deve inveÂce convincersi che l’impasto poetico- musicale delle creazioni dei quattro giovanotti inglesi ha ancora un peso enorme sui giovanissimi. Nel corso di una nostra inchiesta, condotta in due UniversitĂ americane (Yale e Hofstra), abbiamo posto alcuÂne domande a un folto gruppo di stuÂdenti del primo anno, quelli che si chiamano ancora teen-agers, sulle condizioni della poesia nel loro Paese. Alla domanda: « Chi considerate il maggior poeta di lingua inglese oggi, quello cioè che corrisponde di piĂą ai vostri gusti e meglio interpreta le voÂstre aspirazioni, i vostri ideali? », una scontata maggioranza (il 34 per cenÂto) ha risposto con il nome di Bob Dylan, ma una sorprendente minoranÂza (il 29 per cento) ha fatto il nome dei Beatles, quello di John Lennon in particolare.
La poesia è meglio se cantata
Se intanto è assai interessante notare che le piĂą grosse preferenze sono andate a poeti che in realtĂ sono cantanti di musica popolare, quando non addirittura di rock, è altrettanto curioso il fatto che tra gli altri nomi menzionati (Robert Lowell, Alien Ginsberg, Michael McClure, Lawrence Ferlinghetti e Louis Zukofsky nell’orÂdine) figuri quello di un altro musiciÂsta-paroliere, Mick Jagger del comÂplesso dei Rolling Stones, e che un esiguo ma significativo 5 per cento abbia risposto con il nome dello scomparso Dylan Thomas. Alla conseguente domanda: « PerÂchĂ©? », molti hanno parlato della « viÂtalitĂ dei loro versi » alludendo ai Beatles, e dell’« amore profondo per tutte le cose » parlando di Dylan. Qualcuno ha dichiarato: « Dopo Dylan Thomas la poesia è scomparsa: solo i Beatles, e qualche volta Bob Dylan, interpretano veramente il nostro temÂpo ». Altri sono stati piĂą diretti: « I Beatles sono noi ». « I Beatles cantaÂno come vorremmo cantare noi tutÂti ». « Dicono cose interessanti, e nel migliore dei modi ». « La loro è poesia musicata: è come un viaggio psicheÂdelico continuo ». Una ragazza di YaÂle ci ha detto: « Io non riesco a conÂcentrarmi se non metto sul giradischi un disco dei Beatles, sono come un condizionatore, mi dĂ nno ritmo, enerÂgia ». A Hofstra, invece, uno studente di architettura ci ha confessato: « La poesia mi annoia. Non la capisco. ForÂse se avessi preso inglese dovrei sforÂzarmi a leggerla. Ma poi, ascoltare parole cantate è piĂą semplice. Ti colÂpisce in pieno ». La terza domanda riguardava il rapporto tra politica e poesia: « Nelle vostre attivitĂ giornaliere, quanto peÂso ha l’interesse politico per gli avveÂnimenti contemporanei, e quanta atÂtenzione dedicate, invece, all’evoluÂzione della letteratura, in particolare della poesia? ». Va notato qui che la stragrande maggioranza (il 68 per cento circa) si è dichiarata in faÂvore della politica; ma la minoranza ha ribadito la propria preferenza per gli avvenimenti letterari con dichiaraÂzioni simili: « La politica distrae. La poesia ci permette di vivere profondaÂmente ». « In politica ci sentiamo imÂpotenti, mentre la poesia è la cosa piĂą vicina alla libertĂ che si conosca ». A Yale, una matricola ci ha detto: « Di politica dovrò occuparmi fra tre anni, quando mi manderanno in VietÂnam, sĂ© ci sarĂ ancora la guerra. Ora preferisco la musica e la poesia, spesÂso la musica-poesia dei complessi piĂą di punta ». Ancora a Yale, una stuÂdentessa di filosofia ha così giustificaÂto il suo voto per la poesia: « Non viÂviamo in un mondo felice. La poesia è l’unico momento felice delle mie giorÂnate. Quando posso leggo Dylan ThoÂmas, o uno dei giovani sconosciuti. A casa, la sera, ci sono Bob Dylan e i Beatles. L’esperienza dei Beatles nel campo della meditazione è stata forÂmidabile: ha prodotto la poesia piĂą moderna che io conosca. Davvero, coÂme si potrebbe esprimere meglio quello che siamo? ». Un paio d’anni fa, in certe scuole d’America e d’Inghilterra, molti lauÂreandi d’inglese preparavano le loro tesi sui versi di John Lennon e Paul McCarthney. In America ci furono casi di insegnanti d’inglese che tennero addirittura dei corsi sulla poesia dei Beatles. Quando poi, dietro la fiumana di riviste e rivistine che si erano conÂtinuate a occupare di loro fin da quando comparve il loro primo microÂsolco e le loro carriere erano lanciate, si fece avanti un critico di tutto riÂspetto come Richard Poirier con un articolo intitolato « Impariamo dai Beatles », pubblicato anche dalla FieÂra letteraria, non ci furono piĂą dubbi. Il fenomeno aveva preso la consistenÂza di una cosa seria. Sono note le peripezie dei quattro cantanti-autori, dal lancio del loro primo Love Me Do all’abbandono deÂgli insegnamenti del guru Maharishi. Oggi, a sei anni dalla loro scoperta, hanno scritto circa centocinquanta canzoni (poesie, dicono i giovani), hanno lanciato sul mercato diciotto dischi e otto microsolchi, dei quali hanno venduto 250 milioni di copie, e sono diventati miliardari alla testa di un’organizzazione commerciale giganÂtesca, la Apple Corporation. Nel magÂgio scorso, quando John e Paul venÂnero a New York per il lancio appunÂto di quest’ultima loro impresa, i giorÂnali riportarono con scarso rilievo l’entusiasmo della folla giovanile che fece ressa all’aeroporto: ma quei gioÂvani eran lĂ , a testimoniare dell’imÂmutata popolaritĂ dei loro personaggi pubblici, e il loro entusiasmo era asÂsolutamente isterico indescrivibile. Ma naturalmente, dietro il volto afÂfidato loro dalla pubblicitĂ , ci sono quattro giovani pieni di talento musiÂcale e forse, in qualche modo, poetico. Magari non sarĂ vero quello che il compositore Ned Rorem ebbe a diÂchiarare una volta, che « la canzone She’s Leaving Home non ha nulla da invidiare a Schubert ». E magari anÂche lo stesso Leonard Bernstein, che per parlare di loro non seppe fare di meglio che chiamare in causa Schumann, e il critico Richard Buckle, che li definì « i piĂą grandi compositori doÂpo Beethoven », saranno andati tropÂpo in lĂ . Ma rimane il fatto, come diÂce Robert Christgau, che i Beatles « sono da anni i veri catalizzatori del movimento giovanile ». Lo stesso criÂtico chiarisce: « Il solo senso in cui le liriche dei Beatles sono ’’riflessi della società ” è che esse rispecchiano i proÂblemi di un individuo specifico — inÂtelligente, contemporaneo e contemÂplativo — che cerca di farcela, di anÂdare avanti, di essere quanto piĂą feliÂce possibile in mezzo a tutta questa follia ». In queste parole, probabilmente, va ricercata la giustificazione poetica che i giovani di Yale e di Hofstra atÂtribuiscono agli altrimenti liberissimi anche se musicali versi dei Beatles. D’altra parte, come personaggi pubÂblici, si deve convenire che il loro comportamento è stato dei piĂą ritrosi alle mode. SarĂ forse vero, come scriÂveva la primavera scorsa James Crenshaw, che « i Beatles ci precedono sulla doppia strada della poesia e delÂla musica di almeno due generazioÂni », ma forse è altrettanto vero che sono proprio le loro proporzioni pubÂbliche che consentono loro di aprire il passo verso zone inesplorate. Tuttavia, anche questo lascia oggi perplessi. Richard Goldstein, un critiÂco d’avanguardia che ha ormai trovaÂto posto anche sul New York Times, il 31 dicembre 1967, all’indomani delÂl’uscita del Sergeant Pepper’s Lonely Heart’s Club Band, definiva i Beatles come « i clown-guru degli Anni SesÂsanta », e si domandava se l’LSD e le esperienze indiane non avessero giĂ corrotto un talento autentico. Dubbi del genere sono venuti si può dire dopo ogni loro microsolco; non solo l’eleÂmento indiano è stato criticato, ma anche le fantasie da paradiso artifiÂciale di canzoni come Lucy in the Sky with Diamonds.
Sono dotati di antenne
Dopotutto, i Beatles cominciarono la loro strada continuando quella del rock’n’roll, che, fino al 1963, era soÂprattutto negro. Ma (e forse è questo il segreto del loro successo) essi furoÂno i primi a cantare quella musica neÂgra da uomini bianchi, e a comporre versi che riflettevano, come dicevamo, i problemi del bianco. (E’ interessante notare a questo punto che tra gli stuÂdenti intervistati, quelli che hanno daÂto la loro preferenza ai Beatles erano quasi tutti bianchi. « Noi abbiamo i blues », ha detto uno studente negro). Ciò che sta accadendo ora è appunÂto questo: che dopo aver percorso un intero ciclo alla ricerca di espressioni nuove, i Beatles sembrano tornare alÂle origini del loro canto. George MarÂtin, che dopo la morte di Brian Epstein è il loro organizzatore e arÂrangiatore musicale, l’ha chiamata « la chiusura di un circolo, il tentativo di ritrovare la gioia genuina di suonaÂre e cantare insieme, il gusto di ritroÂvarsi come un tempo, quando erano poveri e passavano da una bettola alÂl’altra di Liverpool ammazzando le ore della notte ». Il loro stile, anche a giudicare da Hey Jude e Revolution, si riavvicina a quello di I Want To Hold Your Hand, dove come nota Raymond Palmer sulla Saturday Review, « Paul McCartney e John Lennon si equilibrarono l’un l’altro, con John che salva Paul dalla sovrabbondanza romantica e Paul che salva John dal cinismo ». Siamo quindi lontani dal graffiante A Day In The Life di Lennon e dalle elucubrazioni di Magical Mystery Tour. La « pop art » dei Beatles doveva riprendere il sopravvento una volÂta sparite le allucinazioni della droga. « Questo è quanto accadrĂ alla gioÂventĂą americana e non solo a quella americana », ci ha detto un ragazzo ventenne di Yale. « Per questo i BeaÂtles sono fenomeni importanti. Io li considero poeti, ma questo potrebbe anche essere un fatto personale. Però è vero che sono come dotati di antenÂne: presentono con enorme anticipo dove andremo. E non dimentichiamoÂci che sono capaci di questo pur non essendo piĂą giovanissimi, e nonostanÂte la ricchezza che li circonda ». Un altro studente ha osservato: « Sono rimasti giovani. I baffi di Ringo semÂbrano posticci. Le pose di George soÂno piĂą serie, ma in sostanza sono raÂgazzi che sanno ancora ridere ». Questa genuinitĂ troverebbe conÂferma nella biografia di Davies. StanÂdo ai suoi quattro ritratti « a tre diÂmensioni », il segreto dei Beatles, e « la purezza della loro poesia », staÂrebbero nel fatto che essi hanno sapuÂto rimanere « consapevoli delle ragioÂni del loro successo ». Nati poveri da famiglie scompaginate (a eccezione di George), i quattro crebbero nella sofÂfocazione della scuola, nella rivolta a valori in cui non credevano, continuamente ai margini della societĂ . « Per punizione », ricorda George Harrison, « gli insegnanti ci facevano sedere acÂcanto ai ragazzi che puzzavano. Così i piĂą poveri erano doppiamente vilipesi. Come si può crescere allegri in queste condizioni? ». E John Lennon aggiunÂge: « Se non ce l’avessi fatta ad arricÂchirmi senza diventare un delinquenÂte, allora sarei diventato un delinÂquente ».
Dopo la droga non c’è nulla
I due libri, che sono giĂ best-sellers, circolavano anche a Yale nel corÂso della nostra inchiesta. « Il male della societĂ democratica », ci ha detÂto uno studente di lingue, « è che esÂsendo libera permette a chiunque di farcela, cioè di arricchirsi in mancanÂza di valori migliori. Ma questo è solo apparente. Per conseguenza, per ogni individuo che ce la fa, ce ne sono novecentonovantanove che rimangono frustrati. La caratteristica della mia generazione è che queste cose ormai le vediamo e le capiamo quando abÂbiamo diciotto anni. Di qui la rivolta. Ora, se parliamo di poesia, chi è che dice poeticamente queste cose per me? Non certo Alien Ginsberg, che sente in un altro modo. NĂ© Robert Lowell, che dall’alto del suo ambiente aristocratico può anche permettersi di fare il rivoluzionario. Le dice Bob Dylan, che canta da poeta un ritorno alla semplicitĂ delle nostre tradizioni. Le dicono i Beatles, che ce l’hanno fatta ma vorrebbero tornare a essere quelli che erano a Liverpool. I Beatles sono anche passati dall’assurdo della droÂga, come me, come tanti. Ma dopo la droga non c’è nulla ». Identificazioni a rovescio, dunque: con « idoli » che chiedono di scendere dal loro piedistallo. Ma è poi vero, o non è anche questo un atteggiamento pubblico? John Lennon ha detto: « E se scomparissimo per anni e anni, ci dimenticherebbero? No, immagino che diventeremmo famosi in un altro moÂdo, come Greta Garbo. Forse scapperĂ fuori un altro gruppo che continuerĂ dove lasceremo noi ». Nel frattempo, rimangono loro, a torto o a ragione, i portabandiera di una generazione. Una ragazza di Hofstra ha detto: « Se solo riuscissimo a capire che l’importanza della ricchezÂza è marginale! Come hanno fatto i Beatles ». GiĂ : dopo essersi arricchiÂti… Nella contraddizione delle sue paÂrole c’era tutta l’ansia di queste teste ribelli, che cercano qualsiasi barlume di poesia per non disperare.
Letto 22364 volte. |
![]() |
|||||||||
Commento by Qc — 26 Giugno 2013 @ 00:05
If the developer could increase the amount of quotes a bit, this soundboard app would be among the best in the Market.
Eliminate the child tax credit’the dependent care credit’any credits or
deductions that favor one marital status over
another or that favor having children’The kiddie tax should be continued’.
“If we could first know where we are, and whither we are tending, we could then better judge what to do, and how to do it.
Commento by Knoxville Dentist — 27 Giugno 2013 @ 12:33
For some patients, the pain from cracked teeth comes and goes; for others it is constant.
” Have your child practice being the dentist using dolls, stuffed animals and other toys as patients. Bad breath is such a turn-off and brushing after meals is not enough to ensure fresh breath.
Commento by http://raspberryketonedanger.com — 28 Giugno 2013 @ 13:17
We know from experience, what works and what doesn’t because we have tried about everything. Raspberry ketones ‘ it’s the latest craze to hit town in the weight loss department. You might want to avoid visiting a physician simply because of the prohibitive costs, but you need to remember that more uninsured adults are diagnosed with advanced stage diseases that are preventable.