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PITTURA: I MAESTRI: Giorgio Morandi. Poi la pittura scompare11 Febbraio 2016
di Cesare Brandi Quasi contemporaneamente due GalÂlerie d’arte hanno allestito una mostra di Morandi: a Ginevra, la Galleria KrugiĂ©r, con quadri, disegni e incisioÂni, a Bologna, la Galleria Foscherari, con acquerelli. Si domanderĂ , che c’è di strano, in questo: sono gallerie che fanno il loro mestiere, magari nel moÂdo piĂą nobile, cercando di favorire una conoscenza sempre piĂą approfonÂdita del grande maestro, seppure, con questo, incrementandone la valutazioÂne commerciale. Tuttavia questo fatto di due mostre contemporanee dedicate a Morandi, a quattro anni dalla morte, e dopo che furono tenute, sia pure in modo deficitario, le due esposizioni alÂla Biennale di Venezia e all’ArchiginÂnasio di Bologna, offre un indizio che non si può trascurare. L’indizio è che se due gallerie d’arte, una in Svizzera, l’altra in Italia, possono affrontare le spese per una mostra di Morandi — spese divenute cospicue, non fosse che per le assicurazioni — è evidente che l’interesse per l’opera di Morandi non solo non è diminuito, ma cresce. A questa considerazione sarebbe faÂcile ma superficiale rispondere che acÂcade sempre così quando, tanto per diÂre, si è seccata la fonte delle opere: morto Morandi, l’elenco si è chiuso. Ed è chiaro, invece, che questo non basta. Morandi era giĂ un grande pitÂtore nel 1919, e, sebbene anche allora facesse parte per se stesso, era assai piĂą in sintonia con certe tendenze che stavano fermentando in seno al cubiÂsmo, da cui del resto, sia pure a latere, si muoveva anche lui, che con l’andazÂzo generale della pittura, tanto quatÂtro anni fa che ora. Assai piĂą di quattro anni Se si pensa, ad esempio, che un grandissimo pittore come Matisse, per quanto genericamente onorato in morÂte e dopo la morte, aveva visto tuttaÂvia formarsi come un vuoto intorno a sĂ©, come se fosse molto piĂą lontano di quello che era. Solo ora la coscienza attuale pare riprendersi da quell’ingiustissimo silenziatore che sembrava avere imposto alla sua memoria, ma soprattutto alla sua opera, davvero fondamentale per il nostro tempo. Orbene, il silenziatore, Morandi, l’ebbe in vita, se mai, non certo in morte, proprio perchĂ© fu ostico fare vedere alla gente qualcosa piĂą che bottiglie o fiori appassiti o in boccio, o paesaggi urbani sconfortanti, o campeÂstri e comunissimi, nei suoi quadri, in genere piccoli e opachi, senza il lustro del nuovo anche quando erano appena fatti. NĂ© siamo sicuri che il pubblico ci veda molto di piĂą di vent’anni fa. Pittura d’elezione, quella di Morandi, opera fatalmente una selezione, e rigoÂrosa. A questo punto viene da domanÂdarsi come invece si seguiti a produrÂre questo moto ascensionale innegabiÂle, se, come si è detto non basta a giuÂstificarlo il fatto di un « numerus clausus » delle opere, nĂ© la qualitĂ , che poÂchi arrivano a capire, nĂ© un qualsiasi rilancio, magari ideologico, dell’opinioÂne pubblica. Prima allora di procedere ad una riÂsposta, a quella cioè che sembra a noi di dovere dare, occorre avanzare un’altra constatazione. Se alla scomÂparsa di Morandi noi pensiamo non piĂą in relazione alla sola persona del grande pittore, ma rispetto al quadro della pittura contemporanea, dobbiaÂmo allora riconoscere, non senza meÂraviglia, che sono trascorsi assai piĂą di quattro anni dalla sua morte, ma alÂmeno quarant’anni, o forse anche molÂti di piĂą. Infatti, a questa data, al 1968, pratiÂcamente si deve constatare la scomÂparsa della pittura; della pittura come si intendeva una volta, e cioè da piĂą di cinquemila anni, quale rappresentaÂzione fatta con i colori su una superfiÂcie piana. Ad arte scegliamo questa definizione pragmatica di origine « nabi », perchĂ© fu quella che dette l’avvio ad una pittura che doveva concludere la grande stagione impressionista con la pittura astratta. Orbene, la pittura così fatta, non esiste piĂą, o se esiste, è al modo di quei « numeri in ritardo » su cui la gente continua a puntare spasmodicamente finchĂ© alla fine non escano. I numeri in ritardo sono, per la pittura, quei pittori, taluni d’altronÂde assai notevoli, che continuano, inÂcuranti del vento contrario, a dipingeÂre con i pennelli: ma, dell’ultima geneÂrazione, non sapremo citare che BaÂcon, lasciando al loro branco brado i cosiddetti pittori della nuova figurazioÂne o i realisti, che siano americani, russi o della volante isola di Laputa. Una realtĂ assoluta Questo fatto che si è messo in luce e che non dipende da valutazioni sogÂgettive (se non in quanto chi scrive dĂ per lo piĂą una valutazione negatiÂva di codeste sopravvivenze) va allora congiunto e ricongiunto alla scomparÂsa di Morandi. Morandi operante era ormai, se si vuole accanto a Picasso ma non certo a Chagall, ridotto quasi come De Chirico a ripetitore di se stesso, il solo pittore che producesse una pittura che non si affidava all’inÂterpretazione integrante dello spettaÂtore, una pittura che nella sua presenÂza pregnante assolvesse in pieno queÂsta sua presenza. Non significati seÂcondi, non messaggi si potevano deÂdurre da tale pittura, esemplare se mai ce ne fu, se non il messaggio che non è messaggio, questo suo porsi in presenza come una realtĂ assoluta. Quindi il valore da ricercarsi nelle opere di Morandi non è certo quello di essere dipinte con i pennelli, ma l’atto di fede nell’autosufficienza di quella realtĂ sui generis, inconfondibile con la realtĂ esistenziale, che da secoli riÂceve il nome di arte, anche se preteÂstuosamente se ne voglia ora revocare in dubbio la nozione o ridurla sotto la generica e indifferenziata copertura del messaggio, dell’informazione cioè. La coscienza di questo valore intrinseco all’opera e non desumibile in altro modo che con la fruizione immediata dell’opera stessa, è ciò, crediamo, che rinnova continuamente l’attualitĂ di Morandi come una fonte a cui ci si disseta e che non va ricercata nella fuÂga dei tempi. Ma d’altronde proprio questa attuaÂlitĂ d’interesse è quanto fa sentire il distacco profondo, abissale con la siÂtuazione d’oggi. Della quale chi scrive non solo non è negatore, anzi per molti versi è sostenitore e propugnatore, ma riconoscendone la diversa struttuÂra, che appunto non è quella che caÂratterizza le opere di Morandi. Il cui duplice privilegio, di porsi come un classico, ma come un classico a portaÂta di mano, con il quale si è parlato, diciamo, e anche bevuto e mangiato (oh indimenticabile commercio umaÂno, con Morandi!), fa sì che il rimpianÂto della scomparsa e la gioia pura delÂla contemplazione si intreccino ineÂstricabilmente. Donde queste mostre, che tante opere inedite o rare presenÂtano anche al conoscitore piĂą ferrato, e che saranno una nuova occasione e nuova fonte per quella gioia e per quel rimpianto. Letto 1158 volte.

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