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PITTURA: I MAESTRI: L’asino di Chagall5 Luglio 2014
di Raffaele Carrieri Io sono stato condotto in cielo da un asino di Chagall. Ero molto giovane e mi piacevano le cose insolite. Mi piacevano sopra tutto gli asini. Quelli della provincia di Taranto trasportavano sul dorso enormi quantità di paglia, avanzando a piccoli passi senza voltarsi indietro. Nelle nuvole di paglia che trasportavano non c’era mai nulla. A me sembrava che gli asini della nostra provincia fossero proprio sfortunati perché andavano avanti e indietro giorni e settimane per niente. E il niente fa paura anche ai ragazzi del meridione. Non so ancora oggi con precisione in quale punto della Russia sia Vitebsk. Vi è nato Chagall nell’ottantasette. Bisogna subito aggiungere che a Vitebsk quasi tutti gli animali da stalla e da cortile sono melomani; non soltanto i pennuti, come normalmente si verifica in altri paesi, ma pure vacche, capre, vitelli. Gli asini di Vitebsk suonavano di preferenza il violino. Mi piacevano perché Chagall, oltre a nutrirli di rose e di violette, li tingeva con colori smaglianti. Non si erano mai visti neanche nei presepi napoletani asini tanto azzurri. Quando smettevano di suonare nascondevano lo strumento nella stalla più lontana e salivano in cielo. Talvolta si fermavano sui tetti a godersi il panorama sottostante, tutto pieno di cupole a cipolla di baracche triangolari e di ponti sul fiume. La stagione propizia per questo genere di voli era la primavera. I prati dovevano essere già verdi, l’aria profumata. Fra giorno e sera si doveva sentire il raglio come un allegretto suonato al flauto. I cavalli delle slitte mettevano fuori il seme dei campanelli. Le betulle erano più illuminate. L’asino alzava gli zoccoletti e si lasciava galleggiare nell’aria del crepuscolo salendo senza affanni verso le zone bluastre del cielo che poggiano su tetti e comignoli. E quando tetti e comignoli sfumavano e l’orizzonte si allargava a perdita d’occhio, si vedevano spuntare le stelle. Si vedeva la luna di Vitebsk come un grande piatto pieno di ciliege. Mi sembrava, guardando volare quei rozzi tavolini azzurri a quattro zampe che si chiamano asini, di salire anche io verso le ciliege della luna. Non so se siano stati gli asini di Vitebsk a dare lezioni di volo ai fidanzati di Chagall. In tutte le storie dell’arte moderna sono riprodotti i quadri dei fidanzati volanti di Chagall. La fidanzata che vola è sempre una e si chiama Bella. Una dozzina d’anni fa la figlia di Bella — Ida — mi regalò a Venezia un libro di memorie — Lumières Allumées — scritte dalla madre prima che morisse nell’esilio americano dove c’è una mezza pagina significativa su questi voli: « Tu ti getti sulla tela, che trema fra le tue mani, afferri il pennello, premi il colore dei tubetti: rosso, azzurro, bianco, nero. E mi trascini nel torrente dei colori. Improvvisamente mi sollevi dal suolo, e tu stesso ti dai lo slancio con un piede, come se la piccola stanza fosse troppo angusta per te. Tu balzi su, ti stendi in tutta la tua lunghezza e voli verso il soffitto. La tua testa è girata e fai volgere anche la mia. Ti pieghi al mio orecchio e mi mormori qualcosa. Io ti ascolto come se tu mi cantassi una canzone, con la tua voce morbida e profonda. Posso persino udire il canto nei tuoi occhi. E tutti e due insieme saliamo leggeri leggeri verso il soffitto della stanza e voliamo via, tenendoci per mano. Giungiamo alla finestra e vogliamo passar fuori. Dalla finestra ci chiama una nuvola ariosa e un pezzo di cielo azzurro. Le pareti, addobbate con i miei scialli variopinti, ondeggiano intorno a noi e ci fanno girare la testa. Noi voliamo su campi fioriti e case di legno con le persiane chiuse, su campagne e chiese… ». Gli amanti in volo cominciano il 1915 nella camera-studio descritta da Bella e continuano a volare per decenni e decenni in tutti i cieli di Vitebsk, di Parigi e di Nuova York. E dopo la morte di Bella, nelle notti d’estate, sono insieme come comete intrecciate sui ponti della Senna. L’asino di Vitebsk ha lasciato il posto libero all’uccello di fuoco, un galletto color ciclamino nato sui tetti di Montparnasse. Se tutti i violini, i contrabbassi, le fisarmoniche, le trombe bibliche di Chagall si mettessero a suonare fuori dal silenzio normale della sua pittura farebbero più rumore di dieci bande meridionali. La natura nei suoi dipinti è come un teatro con le luci tutte accese in attesa del nostro ingresso in sala. Ci attendiamo dai suoi boschi troppo verdi un ciabattino che suona il contrabbasso, una slitta tirata da un pesce, un gobbo con un mazzetto di rose fosforescenti. Se la scena rappresenta una stanza ci sarà certamente un morto resuscitato, una levatrice addormentata su di una sedia di paglia in attesa di un parto, un rabbino con un limone acerbo nella mano destra. Un riflettore nascosto in un angolo illumina un albero pieno di frutti gialli. Tutto può improvvisamente fiorire: la Torre Eiffel, il pendolo nel grande orologio della sala da pranzo, il copricapo dello scrivano pubblico, il tacco della danzatrice. Abbiamo visto crescere sulla testa del pittore dei grossi mazzi di trevisana. Le sue meravigliose galline come quelle dei prestigiatori: invece di uova producono stelle filanti, fazzoletti di diciassette colori, garofani di seta. Spesso e volentieri le sirene di Chagall lasciano il Mar Nero per svernare nel cielo notturno di Parigi. Le vediamo navigare sopra la cupola degli Invalidi e intorno alle torri di Notre-Dame le sere di luna piena. Nel primo soggiorno a Parigi Chagall aveva scritto a Bella (più di mezzo secolo fa): « Oh, se mi riuscisse a cavallo delle Chimere di pietra di Notre-Dame, con le braccia e le gambe tracciarmi la strada nel cielo! Eccola Parigi, tu sei la mia seconda Vitebsk! ». La materia dei suoi dipinti, da prima amorfa, pesante, coagulante, ricca di sostanze grasse e farinose, con scatti taglienti e sfuggenti fino al 1910. Poi col primo contatto con Parigi diventa elastica, prende gli umori della giornata, si muove, respira, scintilla. E’ nello stesso tempo umida e accaldata, fragile e resistente, copiosa e prelibata, di una fertilità avvolgente e sconvolgente che prende cielo e terra. Letto 3772 volte.
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