|
STORIA: I MAESTRI: Armando Borghi. Un maestro involontario15 Ottobre 2013
di Carpendras (Manlio Cancogni) Non credo che gli studenti che occupano le UniversitĂ in nome della democrazia diretta e ddl’autogoverno, sapesÂsero chi era Armando Borghi, o acquistassero «UmanitĂ nuova». Eppure il vecchio anarchico, morto giorni fa, era certamente l’uomo piĂą vicino alle loro idee, e «UmanitĂ nuova », l’unico giornale che avrebbero letto con piena adeÂsione: un giornale così poco « integrato nel sistema » che era quasi impossibile trovarlo; usciva molto irregolarmenÂte, non aveva pubblicitĂ , era in vendita solo in certe edicoÂle, in Trastevere a Roma, nel quartiere del porto ad AncoÂna e Genova, a Carrara. Borghi aveva ottantasei anni. Negli ultimi tempi non vedeva piĂą nessuno; così non sappiamo se gli fosse arrivata qualche eco della rumorosa azione condotta dall’attuale « opposizione extra-parlamentare ». Se ne sarebbe rallegraÂto, ritrovandovi alcune delle sue accuse contro tutti i « rinÂnegati complici del parlamentarismo borghese », comunisti compresi, credendo di rivivere gli anni della sua gioventĂą, in Romagna e nelle Marche. Allora certe idee estreme (abolizione di ogni Stato, di ogni potere, di ogni autoritĂ , ecc.) alimentavano i sogni e le speranze di vasti strati sociali; avevano il vigore delle cose nuove; sembravano indicare con sicurezza l’avvenire. E Borghi ne era uno degli interpreti piĂą ferventi e fedeli. Per fedeltĂ , unico fra tutti i rivoluzionari, ebbe il coraggio, nel 1900, di esaltare il gesto di Bresci, l’attentatore di UmÂberto I. Nemmeno la guerra, che aveva operato tante conversioÂni e contraddetto tante speranze nella umanitĂ futura, ebÂbe il potere di modificare i suoi princìpi e il suo stile. Nel 1920 era riuscito, attraverso mille incredibili peripezie a raggiungere la Russia, da molti creduta la patria della riÂvoluzione mondiale. Ne fu deluso. Affrontò Lenin e gli chiese che razza di rivoluzione fosse quella che esordiva togliendo la libertĂ invece di accrescerla. Dopo la marcia su Roma era emigrato, cominciando una vita di peregrinazioni che finalmente l’avrebbe fatto approÂdare a New York. Inutile dire che per lui, anarchico, l’emiÂgrazione non poteva avere i conforti, gli appoggi, i riconoÂscimenti, di cui, pur in mezzo alle difficoltĂ , godevano gli altri antifascisti. Era l’esilio puro, in povertĂ e solitudine. E al ritorno? Venti anni di storia, altre guerre, avevano reso irriconoscibile l’Italia. Della fiammata rivoluzionaria che partendo da Ancona aveva incendiato l’Italia nei giorÂni della settimana rossa non c’erano piĂą nemmeno le favilÂle. I rivoluzionari erano al governo; sarebbero sì, passati all’opposizione di lì a poco, ma sempre restando nell’ambiÂto del sistema. Gli anarchici come Borghi, con la loro inÂtransigenza dottrinale, erano dei solitari che non avevano piĂą posto nella cronaca politica; semmai in quella del coÂstume. Me li ricordo ad Ancona durante una commemorazione dei famosi fatti del ’14. Erano arrivati, ciascuno a sue speÂse, da varie regioni d’Italia. E c’era anche Borghi che, per un’abitudine contratta in America, infilava ogni tanto nei suoi discorsi un energico « All right ». Naturalmente non esisteva traccia di organizzazione. A quei puri, gli ultimi puri del secolo, sarebbe parso un tradiÂmento. « Noi non abbiamo la tessera », esclamava uno di loÂro, Getulio, un oste famoso per i suoi cacciucchi, « abbiamo la fede ». Erano in maggioranza degli anziani, o addirittura dei vecchi. Ma a vederli e a sentirli non facevano pensare a dei sopravvissuti. Sembrava anzi che guardassero con una certa compassione, senza odio, noi, che ci attardavamo, poveri illusi, nelle retrovie della storia fra i giochi sterili del potere. « L’avvenire è sempre nostro », pareva avessero scritto in viso, « anche se le apparenze dicono il contraÂrio ». Giravano per la cittĂ incuranti della pioggerella che minacciava di trasformarsi in nevischio, soddisfatti e senza sentire il freddo. Quanti di quei congressisti volontari, saranno ancora viÂvi? Immagino pochi. Borghi è stato uno degli ultimi ad anÂdarsene: e mi dispiace per lui che oggi avrebbe ricevuto il premio per la sua coerenza. Infatti, anche se l’ondata rivoÂluzionaria della gioventĂą d’oggi s’ispira ad altri maestri, a Marcuse, e non Cafiero o a Malatesta, non si tratta pur semÂpre dello stesso movimento di protesta totale, di rifiuto senza compromessi, di speranza in una palingenesi univerÂsale che riscaldava il sangue dei nostri avi? Ben inteso l’anarchismo anche se rinnovato nella termiÂnologia, è quello che è sempre stato: un anacronismo, un sintomo di disadattamento e d’immaturitĂ . E in molti casi un alibi. Nel caso di Borghi e dei suoi compagni superstiti, però, una prova di coerenza, di fermezza nelle proprie conÂvinzioni, che non ha riscontro oggi, non dico in politica, ma nemmeno in altri campi. Borghi e i suoi amici non eraÂno certo di quelli che stanno a chiedersi ansiosamente quaÂle sia la direzione del vento. E il vento, il vento mitico delÂla rivoluzione, è tornato, dopo un lungo giro, a gonfiar loro le vele. E’ il compenso per chi sa attendere. Resta da vedere quanti dei giovani anarchici d’oggi, involontari discepoli di Borghi che ignorano tutto del loro maestro, avranno onoÂrato l’occupazione delle FacoltĂ , andando al suo funerale. Letto 2991 volte.

Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. |
![]() |
|||||||||