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STORIA: I MAESTRI: La Battaglia d’Inghilterra23 Agosto 2016
di Enzo Passanisi Trent’anni or sono, di questi giorni, stava per scatenarsi nei cieli d’Inghilterra una delle battaglie decisive della seconda guerra mondiale. Prostrata la Francia, Hitler aveva lanciato invano la sua profferta di pace agli inglesi e ora si apprestava a giocare l’ultima carta: l’invitta Luftwaffe, con i suoi stormi di caccia, di bombardieri, di « Stuka », che avevano seminato il terrore in mezza Europa accompagnando la travolgente avanzata delle divisioni corazzate. Soltanto lo sbarco nell’isola — un’operazione fallita persino a Napoleone, la cui tomba agli Invalidi il dittatore tedesco si era affrettato a visitare — avrebbe potuto piegare gli inglesi. Ma prima, condizione ritenuta indispensabile dagli strateghi nazisti, la Luftwaffe avrebbe dovuto spazzare i cieli della Gran Bretagna dalla Royal Air Force. Cosi, come ai tempi di Francis Drake o di Orazio Nelson, ancora una volta i destini dell’Isola, e dell’Impero si trovarono racchiusi nelle mani di un pugno d’uomini. « I pochi ai quali tanti sarebbero stati debitori », come disse Churchill con una delle sue espressioni più note e più felici: i giovani cacciatori della RAF, i piloti di quelle poche squadriglie che la previdenza del governo inglese aveva trattenuto in patria anche nei momenti più bui, mentre i panzer dilagavano in Francia. Uno di questi « pochi » — meno di un migliaio d’uomini, fra i quali molti pivelli appena sfornati dalle scuole di volo — era Peter Townsend, che prese parte alla Battaglia d’Inghilterra al comando dell’ottantacinquesimo gruppo di Hurricane. Il nome di Peter Townsend, in seguito nominato scudiero della famiglia reale, è noto al grosso pubblico più per il suo ormai lontano, patetico romanzo sentimentale con la principessa Margaret che per i suoi trascorsi di combattente. Ma il colonnello Townsend è stato veramente un grande pilota da caccia: undici vittorie omologate, centinaia di missioni, a sua volta abbattuto due volte e salvato dal paracadute. Era stato lui, il 3 febbraio 1940, mentre la guerra stagnava ancora davanti alla linea Maginot, ad abbattere il primo aereo tedesco su suolo inglese, uno dei temibili bombardieri Heinkel 111 dal muso di plexiglas. Il cacciatore vittorioso volle recarsi a trovare in ospedale uno dei superstiti dell’equipaggio nemico, gravemente ferito, ed è, questa, una delle pagine più toccanti del libro che Peter Townsend ha voluto scrivere (Duello d’aquile, Rizzoli, pp. 532, L. 4.500) a ricordo dell’epico scontro fra aviatori inglesi e aviatori tedeschi che avrebbe deciso della salvezza dell’Isola. Townsend non s’è limitato tuttavia alla sua partecipazione, e neppure alla descrizione della « Battaglia d’Inghilterra », ma ha inserito i ricordi personali, quelli dei suoi compagni, quelli degli avversari, nel contesto della storia della RAF e della storia della Luftwaffe: dalla prima guerra mondiale fino all’epilogo, quando i « pochi » riuscirono a sbarrare il passo agli stormi dalla croce uncinata. La nascita della Luftwaffe è seguita passo per passo, con il contrappunto della nascita e dell’affermarsi del nazismo: le prime esperienze degli aliantisti, quando la Germania non poteva avere ancora aerei a motore, l’addestramento dei piloti in Russia e in Italia, a Grottaglie; il collaudo in Spagna, con la tragica esperienza di Guernica, il primo bombardamento terroristico in grande stile degli Heinkel. Da parte Inglese, le lotte perché la Royal Air Force potesse affermarsi come arma autonoma di fronte alle pretese dell’esercito e soprattutto della marina; quelle non meno aspre contro gli anemici bilanci dettati dall’imprevidenza dei tempi di pace, l’apporto decisivo del radar, che tanta parte avrebbe avuto nella difesa dell’Isola. Lord Trenchard, il padre della RAF, sir Dowding, il capo della caccia inglese, Hermann Goering e i suoi luogotenenti, Milch, Kesselring e Sperrle, sfilano davanti all’occhio dell’esperto che esamina imparzialmente pregi e difetti, successi e delusioni. Il « grosso Hermann » era convinto che i suoi piloti avrebbero avuto ragione in pochi giorni degli inesperti aviatori inglesi. Quando la realtà gli dimostrò il contrario, rivelò la corda della sua insipienza con ordini cervellotici, con il cambiamento degli obiettivi, con gli inutili bombardamenti terroristici di Londra. La Luftwaffe non era assolutamente preparata a sostenere il peso dell’offensiva strategica che le era stata imposta, la RAF era invece preparatissima ai suoi compiti di difesa: sullo sfondo di questa lezione della « Battaglia d’Inghilterra », si snoda nel libro dell’asso inglese, la micidiale lotta degli uomini che l’hanno combattuta, aereo contro aereo, pilota contro pilota, tutti ugualmente bravi e coraggiosi, come riconosce cavallerescamente Townsend. Un punto che non sarà probabilmente mai chiarito, è se Hitler avrebbe tentato davvero lo sbarco in Inghilterra nel caso di successo della Luftwaffe. Ma questo dubbio nulla toglie al merito dei cacciatori della RAF che nei giorni più critici per la vita dell’Impero, salvarono il loro paese. E’ soltanto per gli sconfitti, per i tedeschi, che la « Battaglia d’Inghilterra » non è mai avvenuta o ebbe importanza relativa, come sostengono molti reduci di parte avversa nelle loro memorie. Per gli altri fu la prima, grande vittoria del mondo libero contro la tirannide, il primo passo verso il crollo del nazismo.
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