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STORIA: TEATRO: I MAESTRI: Lasci in pace Churchill10 Novembre 2015
di Giorgio Zampa Berlino, ottobre L’« affare Hochhuth » è piĂą compliÂcato di quanto sembri. Se questo apÂparve chiaro ai tempi del Vicario, anÂcora piĂą evidente è oggi, a rappreÂsentazione avvenuta de I Soldati. Da una parte un autore (relativamente giovane: trentasei anni) che, misuraÂto secondo una scala di normali valoÂri letterari, può considerarsi di terzo o quart’ordine: vale a dire inesistenÂte. Privo di linguaggio, prolisso sino alla comicitĂ o alla disperazione, con Wedekind, di Brecht, per tacere di una incultura di fondo che sembra finta, tanto è grossa, presunzioni, sul piano ideologico, pari solo all’incapaÂcitĂ di soddisfarle. Un riesumatore, negli Anni Sessanta, della drammaturÂgia schilleriana, che riprende pari paÂri, quasi non avesse mai sentito parÂlare di BĂĽchner, di Strindberg, di Wedekind, di Brecht, per tacere di Beckett e di Artaud (avesse almeno un’idea di Cechov!): confezionatore di mostruose torte storiche inzuppate di liquori fatti con l’estratto, rivestite di creme ottenute con polverine, cariÂche di torri, pinnacoli, loggette a baÂse di zucchero (poco) e calcestruzzo. Quello che si dice un disastro senza remissione, da recitare, se mai, buttanÂdola in parodia: fosse stato vivo Brecht quando andò in scena il ViÂcario, le risate che avrebbe fatto fare leggendo, tra una poppata e l’altra di sigaro, qualche pagina del testo. D’altro canto, un dato impossibile da contestare. Questo scrittore al di sotto della mediocritĂ , arrivato al teaÂtro in maniera casuale, privo di stoÂria, greve, bigior uggioso (basta veÂdere gli articoli che pubblica per aveÂre un’idea della sua tensione), ha creato, con il Vicario, forse il magÂgiore avvenimento teatrale del dopoÂguerra, provocando una catena di reaÂzioni negli ambienti piĂą vari di mezÂzo mondo. Nessuna operazione intelÂlettuale condotta con intelligenza, fiÂnezza, vigore intellettuali infinitamenÂte maggiori dei suoi ha saputo appasÂsionare, neppure alla lontana, tante coscienze come quell’impresa elemenÂtare, grossolana: dall’uomo della straÂda a Karl Jaspers, che conta tra gli amici di Hocchuth non soltanto perÂchĂ© risiede anche lui, in esilio volonÂtario, a Basilea. Oscuro impiegato di casa editrice sino a cinque anni fa, Hochhuth è ogÂgi accolto da severe riviste letterarie (la Neue Rundschau, per esempio), si vede dedicata da Hans Maier una intera pagina formato quotidiano dal settimanale culturale di maggiore prestigio della Germania, Die Zeit, tieÂne occupati da mesi i redattori di Spiegel e nell’ultimo numero persino il suo direttore; in occasione della prima del 9 ottobre, alla Freie Volksbuhne di Berlino, il teatro di Piscator, richiama centocinquanta giornalisti e non so quante televisioni per una conÂferenza stampa che meriterebbe, è veÂro, di trovare il suo van Itallie (FautoÂre di America hurrĂ !) per una replica in chiave di assurdo, ma che nesÂsuno scrittore al mondo potrebbe oggi sognarsi di avere. Il personaggio è troppo importante perchĂ© non si debba cercare, oltre la figura scialba anche fisicamente (sebÂbene in cinque anni la sua iconograÂfia sia andata soggetta a cambiamenÂti: dallo sguardo velato, avrebbe detÂto Giorgio Pasquali, del maestro di campagna in giubbotto di cotone con la chiusura lampo, all’espressione inÂtensa, dolente, di oggi: mano alla temÂpia, piega alla radice del naso, bocca sensibile, colletto bianco) la causa delÂl’interesse che desta. Non basta dire che essa è da vedere nell’abilitĂ di sfruttare una situazione particolarÂmente feconda, di lavorare intorno a un tema-torpedine, che sprigiona eletÂtricitĂ appena lo si sfiora. Certo, queÂsto ha la sua importanza; ma non è tutto, altrimenti lo stesso sarebbe doÂvuto succedere con lavori impostati su grossi personaggi e avvenimenti della storia contemporanea, Oppenheimer, i congiurati del 20 luglio e via discorrendo. Oltre alla scelta del sogÂgetto, conta quella che nelle scuole medie ancora si chiama l’esposizione, talmente elementare, insistita nei suoi schemi, grondante commenti da tutÂte le parti in testi smisurati, che non hanno equivalente, è tutto dire, nepÂpure in quelli di Shaw; e soprattutto la rispondenza che queste due compoÂnenti trovano, larghissima, in un pubÂblico privo di idee, abituato a una diaÂlettica da caffè, il genere di pubblico che fa i pienoni e decreta i trionfi. Non per nulla Hochhuth è uno degli autori piĂą acclamati dell’America cenÂtro-meridionale. Dopo il centro del Vicario Hochhuth, si vide subito, cominciò a pensare alÂla doppietta. Su un settimanale tedeÂsco apparve una sua lunga intervista con due ufficiali della RAF che avevaÂno partecipato ai bombardamenti di Dresda. Sebbene le conclusioni tratte dall’incontro fossero piuttosto confuse, non era difficile capire dove si voleÂva andare a parare: ancora una pizza sul Male e sulla Storia, sulla incapaÂcitĂ a frenare la violenza dell’irrazioÂnale; le cataste di cadaveri delle piazÂze di Dresda accostate a quelle di Treblinka e di Auschwitz. Da questo assaggino, Hochhuth doÂvette sentire che la tesi di fondo torÂnava troppo gradita a chi lui non deÂsiderava precisamente avere come alleato e disponeva male il resto. Per tre anni rimase zitto. La gestazione laboriosa. Poi la primavera scorsa, visto che piove sempre sul bagnato, la polemica del « National Theatre », lo scontro tra lord Chandos, capo delÂla commissione di controllo del teatro stesso, ministro delle colonie con Churchill durante la guerra, e KenÂneth Thynan, literary manager del N.T. Si venne a sapere che Hochhuth, oltre ad accusare Churchill di sterÂmini in massa, lo faceva mandataÂrio di un assassinio politico, condotto secondo formule e stile da Rigoletto. Lord Chandos considerava la versioÂne del così detto « affare Sikorski » data dall’autore tedesco come falsa ingiuriosa nei confronti dell’uomo di Stato che aveva portato l’Inghilterra alla vittoria, e proibiva la rappresenÂtazione dell’opera. Quello che si dice una partenza in tromba, quale nessun lancio pubblicitario avrebbe potuto preparare. Pochi, pochissimi sapevano chi fosse Sikorski, e subito lo Spiegel si incaricò di spiegarlo: capo del governo polacco a Londra, il generale era morto in un incidente aereo a Gibilterra nella priÂmavera del ’43. Quale fosse la sua funzione nel dramma di Hochhuth, afÂfiorò a poco a poco, in maniera vaga: nessuno capiva bene che rapporto avesse la figura del militare che lanÂciava i suoi cavalieri contro i carri armati russi con il maresciallo delÂl’aria Harris, per esempio, esecutore della maggior parte dei bombardamenÂti di cittĂ tedesche. Hochhuth informò che durante la fase preparatoria del suo lavoro si era imbattuto per caso in una persona in grado di affermare e provare che Sikorski, in un moÂmento particolarmente difficile dei rapporti anglo-sovietici, nella primaÂvera del ’43, era stato sacrificato dal premier inglese alla ragion di Stato. L’informatore, asseriva Hochhuth gli aveva portato prove che potranno esÂsere pubblicate solo fra cinquant’anni; intanto sarebbero al sicuro in una banca svizzera. Quello che si dice gialÂlo su giallo. Per l’autore del Vicario fu un colÂpo di fulmine. Corse dal suo amico David Irving, il giovane storico che lo aveva aiutato a documentarsi sui bombardamenti di Dresda, e insieme con lui si dette ad approfondire l’« afÂfare ». Irving prese tanto gusto alla ricerca da scriverci sopra un libro, il cui titolo, Incidente, è desunto da Amleto; il volume, guarda caso, usciÂto proprio il giorno della prima berÂlinese di Soldati, non porta nessuna prova su una partecipazione diretta o indiretta di Churchill a un complotto per togliere di mezzo Sikorski. QueÂsto anche se la morte de! polacco non fu, quasi per certo, accidentale; giĂ prima di Gibilterra il generale era stato vittima di incidenti che Hochhuth non esita a definire attentati. La struttura di un dramma, al cui centro era un conflitto tra militari reÂsponsabili di bombardamenti a centri urbani tedeschi e il vescovo di Chicester, dottor G. K. A. Bell (1883-1958), un amico di Karl Barth che, bisogna precisare, giĂ nel ’34 aveva protestato alla Camera dei Comuni contro le legÂgi razziste di Hitler; tra la violenza, la legge della guerra e la voce della pietĂ , della misericordia in difesa di .vittime innocenti, subì una modificazione decisiva. Come figura centraÂle del lavoro s’impose, di forza, la fiÂgura di Churchill, che fece arretraÂre tutti i militari, riducendoli a figure di secondo piano, quando non a macÂchiette; l’« affare Sikorski » divenne l’argomento principale della vicenda, anche se il dramma si concludeva con un lunghissimo e inutile colloquio tra il premier e il vescovo. La cornice fu presto trovata: il duoÂmo di Canterbury rimasto, con le sue rovine, a testimoniare della furia deÂgli « unni » (così Churchill chiamava sempre i tedeschi). L’azione si sarebÂbe svolta nel 1964, in occasione del centenario della fondazione della CroÂce Rossa. Visto poi che, Schiller o non Schiller, qualche concessione al modernismo bisognava fare, venne deÂciso, probabilmente all’ultimo moÂmento, di combinare la rappresentaÂzione come dramma in un dramma. Un regista, certo Dorland, allestiÂsce davanti alle rovine di San MicheÂle una specie di Everyman, di miÂstero laico, per la ricorrenza del ’64 e a espiazione dei suoi peccati: venÂt’anni prima, come maggiore della RAF, aveva guidato in molte azioni sulla Germania una squadriglia di bombardieri. Fatto prigioniero dai teÂdeschi a Dresda, era stato costretto a partecipare a operazioni di sgombero della cittĂ dopo il bombardamento, e si era potuto rendere conto di cosa questo aveva significato. In una speÂcie di prologo Dorland, che ha i giorni contati perchĂ© effetto da un male inÂguaribile, parla con numerosi persoÂnaggi, reali e immaginari, tutti con pretese simboliche. Vorrebbe che il suo spettacolo inducesse i capi di goÂverno a interdire i bombardamenti di civili, a stabilire un diritto bellico dell’aria, come giĂ esistono quelli delÂla terra e del mare. I militari presenÂti lo contraddicono tutti, compreso il figliolo, antipatico tenente della NATO; unico a dargli ragione è un decrepito, tremolante scultore che sta modellando un angelo, secondo le reÂgole della piĂą orrenda precettistica cimiteriale, in un luogo scomodissiÂmo, una specie di cabina montata su scale, nella quale, povero vecchio, nemÂmeno si rigira. Il prologo finisce come è cominciaÂto, in modo incongruo; subito dopo comincia la vera rappresentazione data, come s’è detto, da un dramma nel dramma. Il primo atto mostra il premier sulÂla coperta del Duke of York, mentre sta navigando verso Scapa Flow. SiaÂmo nella primavera del ’43, gli attori stanno insieme come i pupi di maÂdame Toussoult. Churchill ha vicino il visconte Chervell, suo consigliere segreto, il generale Brooke, la sua ordinanza-femmina, e tutti parlano in quasiversi, con goffi salti da una silÂlaba all’altra. Winnie col berretto blu, il trequarti dello stesso colore, un enorme e inutile binocolo ciondoloni sul petto, è interpretato da O. E. HasÂse; bastano poche battute, alcuni geÂsti, perchĂ© subito si riveli di una inÂverosimiglianza oltraggiosa. Invece dell’orso morbido dal viso rosa e infantile, di palpebra greve, mano moscia e gamba molle, che porta la sua maschera come un dio scoÂnosciuto, abbiamo davanti una specie di cacciatore delle Alpi, vecchiotto e arzillo, che fa finta di arrabbiarsi, uno zio brontolone dal cuore grande così, cui bisogna perdonare tutto, anche i bombardamenti che ammazzaÂno tanti vecchi e bambini. Mancano lo spazzolino di tasso sul cappello e l’armonica. Sikorski, interpretato di Dieter Borsche che si veste da generale per sembrare un generale, viciÂno a lui fa una magra figura. Con aria umile e fiera pretende cose imÂpossibili, territori che i russi si sono annessi nel ’39; non gli va bene neppure la linea Curzon. Churchill si arrabbia, fa cadere una seggiola, rinÂcontro finisce con un crac che sarĂ faÂtale, come può vedersi nel secondo alÂto, al focoso polacco. L’atto secondo mostra il premier in un letto da una piazza e mezza, della misura così detta da prete, in una brutta camera vittoriana, con in dosso una vestaglia ricamata a draghi d’oro: « Il letto e il campo di battaÂglia », spiega Hochhuth, « sono i luoÂghi dove l’uomo scarica le sue tensioni piĂą alte ». Sotto le coltri ChurÂchill ha notizia, tra l’altro, che SikorÂski, passando da Mosca a Washington, mette a repentaglio la compatÂtezza del fronte alleato, fino al punto da fare temere una pace separata rusÂso-tedesca. Freddo, onnisciente, oxonianamente vestito di nero, CherÂvell fa capire anche troppo a ChurÂchill e agli spettatori che per il bene comune sarebbe bene impedire a SiÂkorski di volare tanto. La notizia che il Liberator su cui si trovava il generale polacco si era infilato in mare, decollando a GiÂbilterra, che l’intero equipaggio era deceduto, a eccezione del pilota, sembra cogliere Churchill di sorpresa duÂrante un party, per lui giĂ abbastanza sgradevole, che tiene nella residenza ufficiale di campagna, a Chiquers. Sebbene abbia fatto di tutto per non incontrare personalmente li vescovo Chichester, che svolge una vera campagna contro la sua condotta di guerra, questa volta non riesce a evitarlo. Tra i due avviene uno scontro violento al punto che il premier, alla fine, mette alla porta o quaÂsi l’antagonista. Il sipario cala, sulla scena, definiÂtivamente. Nel testo, invece, si rialza ancora, per fare emettere dallo scultore e dal regista Dorland una piccia di banalitĂ e concludere la « tragedia » con la notizia, quanto importante, che il « National Theatre » ha vietato la rappresentazione di Everyman. La sera della prima, Nicolai Nabokov, direttore del Festival berlinese che presenta questi Soldati, manifeÂstò in platea la sua disapprovazione in maniera vivace, fischiando e zitÂtendo alternativamente. Il pubblico, che si era vestito come per le grandi occasioni, lasciò in fretta la sala, quaÂsi fosse finita una cerimonia inevitabile e noiosa. Durante la rappresenÂtazione successiva, alla quale assistetÂti, si ebbe qualche applauso a scena aperta: sempre nei punti, manco a dirlo, non si sa bene se piĂą ridicoli o penosi, quando venivano profferiti apoftegmi da fare raccapricciare o Winnie, voglio dire Hasse, se combinava qualcuna, carezzava micio o usciva dal bagno seminudo, scoprendo bianche gelatinose coscie senili. Alla fine gli attori furono chiamati alla ribalta una dozzina di volte; c’era persino chi gridava, dalla platea; « VoÂgliamo Hochhuth! ».  Letto 1095 volte.

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