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TEATRO: I MAESTRI: John Osborne. Il dandy con il mitra spara a salve2 Novembre 2012
di Gaia Servadio Londra, luglio Che cosa, cosa mai può avere causato la totale dĂ©bĂ cle di uno dei migliori commediografi di questo secolo? Come sono mai potute uscire da una penna come quella di John Osborne Time Present (Tempo presente) e The Hotel in Amsterdam? Apparsi a brevissima scadenza al Royal Court Theatre, acÂcolti trionfalmente da turisti e da un pubblico inglese finalmente compiaÂciuto dalle battute scadenti dei due testi, Tempo presente è ora passato al Duke of York Theatre. Un albergo a Amsterdam, continua a trionfare al Royal Court. Ma se l’incauto volesse comprare un biglietto per due serate di sbadigli, l’oÂperazione non sarĂ delle piĂą facili. Sono super-prenotati per mesi. Non solo, ma lo sbadiglio regna anche nei giornali domenicali. L’Observer trionÂfa di interviste di Tynan a Osborne e di critiche che analizzano le sfavillanÂti battute e intenzioni dei due lavori. Il sopratitolo dei due testi è In the meantime, cioè Nel frattempo. SpeÂriamo veramente che la mediocritĂ di Osborne sia momentanea. In verità è con profondo rammarico che assistiamo stupiti a questo rincretinimento di Osborne. John Osborne, sanno tutti, è un commediografo, un attore, un violento, un sofisticato allo stesso tempo. Il personaggio è noÂtevole. Prima di dare un’occhiata alle due pièces, ripercorriamo la sua carÂriera. Quando, essendo a corto di testi, Royal Court (ormai, con l’Aldwych, l’unico teatro di classe sperimentale in Inghilterra), scelse Ricorda con rabbia, nessuno si aspettava che avrebbe teÂnuto il cartellone per mesi e avrebbe procurato al Royal Court tali guadaÂgni (54.000 sterline nette) da rimetteÂre in sesto lo sbilancio totale di quel teatro. L’autore era un giovane attore che aveva appena compiuto 26 anni e aveva giĂ scritto cinque testi teatrali. Jimmy Porter, il protagonista di RiÂcorda con rabbia, era un ribelle (e da qui lo slogan «angry young men » ). Un eroe della nuova generazione, la cui infanzia era stata morsa dalla guerra e che si ritrovava anni piĂą tardi in una Inghilterra il cui sistema di classe era rimasto esattamente lo stesso.
TYNAN DECRETĂ’ IL SUCCESSO
Di questo testo i critici scrissero: « Una schifezza (esatta traduzione); Jimmy Porter dovrebbe essere conÂdannato a lavare gabinetti per tutta la vita » (Evening News); « Era forse inÂteso come uno studio di odio in quello squallido attico? » (Daily Telegraph); « Neurotico, esagerato e piĂą che di catÂtivo gusto » (Daily Mirror), « Tutto il senso dell’azione è assolutamente inaÂdeguato » (The Times), « Volgare e anche noioso » (News Chronicle). Il giovane attore, il quale era certaÂmente l’autore di uno splendido e imÂportante testo, doveva aspettare la doÂmenica per vedere sull’Observer il maggior critico teatrale del momenÂto, Kenneth Tynan, scrivere: « Dubito che potrei voler bene a una persona che non desideri andare a vedere RiÂcorda con rabbia ». Osborne, così torturato e tartassato da critici e giornalisti (la sua vita priÂvata, le mogli, le case di campagna e di cittĂ non sono mai state lasciate in pace), è riuscito ad attaccare la stamÂpa in modo così poderoso che, in veÂritĂ , ha vinto la battaglia. Per questi suoi due ultimi lavori i critici sono stati intimiditi e la maggior parte dei giornali ne ha parlato bene. Persino le cattive critiche (The Times) sono reÂticenti e dubbiose.
ORMAI UN UOMO RICCO
Ma continuiamo nella carriera di John Osborne. Nel ’57 venne Archie Rice, l’eroe di The Entertainer (consaÂcrato sia in teatro che in cinema dalla presenza di Laurence Olivier e di una giovane promessa del teatro inglese, Joan Plowright, che doveva poi divenÂtare Lady Olivier). Archie era un uoÂmo anziano e amareggiato. Il suo ciniÂsmo finiva nell’apatia, gli ideali nell’alÂcool, il futuro nelle mani dei burocraÂti. E anche L’epitaffio per George Dil- lon, un fiasco non solo di critiche ma di botteghino, benchĂ© sia tra le cose migliori di Osborne, poneva la domanÂda: « C’è posto in una societĂ commerÂcializzata per un idealista sensibile che appartiene alla classe operaia? ». La risposta è negativa. Dillon sacrifica i suoi princìpi, Archie si volgarizza, Jimmy rinuncia a tutto. E Bill Maitland, eroe di Testimonianza inammisÂsibile, viene abbandonato dalla societĂ che lo lascia ai suoi monologhi nevroÂtici, alle sue pillole, al suo essere brilÂlante e distruttivo. I testi di Osborne sono sempre così autobiografici, che un latte frappĂ© di questi personaggi ci porta direttamente all’Osborne di oggi. John Osborne è ormai un uomo ricÂco. E’ piĂą che attaccato ai suoi guadaÂgni e alla sicurezza che gli dĂ il danaÂro. « Mi fa da cuscino contro la paura di finire in un disastro finanziario, contro l’idea di un processo per bancaÂrotta e la prigione. Una volta mettevo i soldi in un cassetto. In molti sensi sono stravagante, ma sono sicuro che non mi abituerò mai alla sensazione di essere ricco », mi diceva qualche anno fa. Oggi dice: « Mi piacerebbe vivere in un luogo grande come una stazione ferroviaria. Ma penso che non compreÂrei un jet privato o cose del genere, anche perchĂ© non mi interessa usciÂre fuori dall’Inghilterra ». In veritĂ Osborne ha una casa che è quasi grande come una stazione ferroviaria, nel cuore di Chelsea, mobili-fatti-per-John-Osborne, straripante marmi. Suo padre morì quando Osborne era un ragazzino. Era un disegnatore comÂmerciale e « c’erano dei periodi nei quali il guadagno complessivo di tutti e due i miei genitori era di una sterliÂna la settimana ». Con il regista Tony Richardson, Osborne aveva fondato una delle case cinematografiche piĂą buone e lucrative del mondo,la Woodfall ProductionsLtd. (Ricorda con rabbia, Sapore di miele, Sabato sera domenica mattina, Tom Jones, ecc.). Dopo una recente litigata con Richardson, Osborne ha lasciatola Woodfall. Litigatanotevole dev’essere staÂta, dato che Tempo presente è una dichiarazione d’odio a Vanessa Redgrave (e cosa c’entra la poverina? Tra l’altro è persino divorziata da Tony Richardson) e nell’Albergo a AmsterÂdam aleggia la terribile figura di K.L. = Tony Richardson in persona. « Oh, se tu solo conoscessi Richardson », mi è stato detto, « ti saresti tanto divertiÂta ». Ma perchĂ© mai il pubblico deve conoscere i segreti dell’ispirazione deÂgli autori, per apprezzare uno spettaÂcolo? I segreti ci sono sempre — lo dice persino Cyril Connolly — ma non è necessario dover rintracciarli. Parte dell’organizzazione finanziaria di Osborne comprende orala Breakthrough ProductionsLtd. per gli spetÂtacoli teatrali ela John OsborneProÂductions Ltd. per le tasse. Riparato da un muro di banconote, c’è l’uomo che Kenneth Tynan ha definito « il dandy con il mitra ». Vestito elegantemenÂte, sembra allergico alle cose che non siano perfette, alle camicie che non siano di bucato. Porta giacche di pelle e cashmere, da un anno a questa parÂte, baffi alla D’Artagnan. Detesta il diÂlettantismo, le debuttanti, l’estero. Ma va all’opera e adora Mozart, Verdi e Strauss. C’è l’Osborne ribelle, l’ex-esponente dei giovani arrabbiati. Ma se è mai esistita quella cometa, non era Osborne a tipificarla, dato che per natura è un uomo di contraddizioni. Il suo vero talento è il dissenso. « Non vedo cosa ci sia di sbagliato nell’esseÂre un esibizionista o un voyerista. Va benissimo essere tutto quello. Se uno è uno scrittore, sta facendo delle cose difficili che la maggior parte delle perÂsone non è capace di fare ed è quella l’unica giustificazione necessaria. Se sei alcoolizzato, è scarogna, succede che le cose sono come uno funziona ».
PARLA COME UN CARRETTIERE
La nuova moglie di John Osborne, la quarta, è un’attrice di prosa, Jill Bennett, la protagonista di Tempo preÂsente. Una signora dal viso ad angoli, bello e brutto allo stesso tempo, e dalÂla parlantina ininterrotta. « No, John non ha scritto Tempo presente per me o su di me. Non lo fa mai. Ma ci sono pezzetti di me nella protagonista. E’ una parte difficilissima, la piĂą lunga ch’io abbia mai avuta, ma mi piace. Mi piace il tipo di disciplina che una parÂte come quella impone. Mi piace la diÂsciplina del teatro, comunque, il fatto che devo continuare a recitare anche se mi sento di pessimo umore, se sto male, se ho un raffreddore ». Jill Bennett usa un linguaggio da carrettiere totalmente instampabile. Dice che era una bravissima giocatrice di hockney, a scuola. « Adoro gli uomini intelligenti. Adoro le donne inÂtelligenti. In veritĂ adoro le donne. Non sono mai stata una di quelle donÂne circondate da ammiratori. PreferiÂsco cento volte cenare con una donna interessante con la quale veramente si può parlare che non con qualche uoÂmo noioso che ti porta fuori, e basta ». Jill Bennett ha appena finito di girare un film perla Woodfall, anzi, per ToÂny Richardson, The Cliarge of the Light Brigade, nel quale ha il ruolo di una donna brutta. « John lo ha appena visto e dice che io sono bellissima nel film. Naturalmente è matto ». Osborne non ama discutere i propri testi. Lo farebbe se fosse un critico, dice, ma essendo l’autore, ogni comÂmento avrebbe una nota falsa. « Come si fa a dire “penso che la mia opera riÂfletta questa decade” anche se lo penÂso? Non sarebbe terribile? E’ il pubÂblico che deve decidere ». Gli scrittori che diventano delle ceÂlebritĂ , in genere finiscono con l’ignoÂrare gli articoli, i critici, i pettegolezzi. Non così Osborne, che soffre intensaÂmente per gli abusi del giornalismo. E fino a un paio di anni fa ne ha avuti parecchi. PiĂą volte ha citato in tribuÂnale vari giornali. Vinse una causa contro il Daily Mail, ma rifiutò poi di essere pagato. Si vendicò con una commedia musicale, Il mondo di Paul Slickey (un gioco di parole: William Hickey da il nome a una colonna di pettegolezzi e « slick » significa scalÂtro, superficiale). La stampa a sua volÂta rispose all’« attacco al mondo dei tiÂtoli », ai giornalisti spicci, e la pièce fu un fiasco. Osborne è rimasto fedele alla sua carriera di attore e ogni tanto la riÂprende. « C’è qualche cosa negli ingleÂsi di estremamente passionale. In fonÂdo siamo sempre stati della gente di teatro e forse l’Inghilterra è l’unico Paese dove questo esiste. Negli Stati Uniti è un disastro. In Francia non è mai esistito niente: è una nazione proÂfondamente borghese. Il teatro, lì, è concepito come qualche cosa di eleÂgante, da vedere la sera, ben vestiti. In Italia non lo so, ma ho visto RicorÂda con rabbia dato in maniera del tutÂto diversa. Non capivo una parola, ma aveva una qualitĂ melodrammatica che mi piaceva. Poi voi avete i film. Adoro Fellini, la sua generositĂ di idee da prendere o lasciare ». E poi, a proposito dell’Inghilterra: « Sì, sono un patriota nel senso che la mia vita ha solo un significato qui, non altrove. Sono sempre stato un radicale, ma anÂche un autoritario in molti sensi. Non credo negli studenti, nelle minoranze, negli happenings, nell’LSD, comunque sospetto che chi si droga deve essere abbastanza modesto per conto proprio. No, non voterò alle elezioni generali. Comunque non ho votato dal 1951 ». La censura, la burocrazia, le regole sono un problema per Osborne. Un paÂtriota per me rimase fermo nelle mani del Lord Chancellor — il censore per eccellenza — per mesi. I tagli richiesti erano tali che il teatro dovette formalÂmente trasformarsi in un club per poÂterlo rappresentare. A suo tempo Osborne disse che Un patriota per me era « come un’operetta senza musica, una cosa ambiziosa da Covent Garden. Il tema: amore appassionato. Tempo: post-Freud, il quale è sicuramente il piĂą grande spartiacque della consapeÂvolezza. Luogo: Impero austro-ungariÂco tra il 1890 e il 1913. Il soggetto: uno scandalo di spionaggio veramente esiÂstito ». Era — a mio parere, ma non di altri (Mary McCarthy lo uccise in un articolo e io litigai con lei) — un ottiÂmo esperimento, un testo commovenÂte. Anche Under Plain Cover, il dramÂma di una giovane coppia, tutta presa dai propri giochi sessuali, la cui feliÂcitĂ viene distrutta da un giornalista in cerca di una storia sensazionale, soffrì delle forbici dei censori. « Sì, certo che era uno studio di sado-masochismo. Ma mi dicono che Harold Pinter mi abbia battuto ne Gli amanti ». A questa breve pièce, seguiÂva nello stesso spettacolo II sangue dei Bamberg, « una stravaganza satiriÂca, una favola… », come la definisce Osborne. E’ lĂ storia di un matrimoÂnio tra una principessa e un fotografo. Le due commedie erano rappresentate con il titolo di Testi per l’Inghilterra. E l’Inghilterra è uno dei temi fissi di John Osborne. L’emozione è complesÂsa, le espressioni di odio sono desideri di qualcuno che vorrebbe cedere il proprio Paese diverso (ma non sa beÂne come: « Non sono anarchico, caso mai sono conservatore » ) e che realizÂza invece come le strutture sono semÂpre le stesse. A Osborne facevano rabÂbia la monarchia, la stampa, il clero, i conservatori, il rispetto per il miliÂtarismo. Una lettera di Lord Russell, sul New Statesman, che lanciava un grido disperato di attacco alle armi atomiche e alla distruzione del monÂdo, lo commosse al tal punto che OsÂborne scrisse una sua famosa lettera, Ti odio Inghilterra, che provocò la vioÂlenta reazione della stampa inglese. « Lo spettacolo di questo vecchio che si preoccupava del futuro del l’umanitĂ era commovente », disse. Anche il proÂtagonista di The entertainer si espriÂme ferocemente contro il proprio PaeÂse, ma all’ultimo momento si rifiuta di lasciarlo con la scusa che ama troppo la birra inglese. « C’è molta gente che dichiara che farebbe qualsiasi cosa per l’Inghilterra », mi disse qualche anno fa, « ma quando viene il momenÂto di pagare le tasse, allora si rifugiaÂno in Paesi lontani dagli esattori fiscaÂli inglesi ». Ma oggi dice: « Se lascio l’Inghilterra, e Dio non voglia, sarĂ per ragioni fiscali. Vedo sempre la poÂvertĂ dietro l’angolo ». Questo è Osborne, un timido bollenÂte. E’ quello che dice: « Un testo è scritto senza pensare ai significati. Quelli usciranno fuori. Stimolare, colÂpire, ferire, discutere: a tutto questo l’autore vuole arrivare ». Così vero. Così dovrebbe essere. Ma dove sono andati a finire i colpi che John Osborne suonava al suo pubbliÂco? In Tempo presente e Un albergo a Amsterdam è tutto un giocare in grembo di un pubblico facile, al quale non si offrono possibilitĂ di discussioÂne, stimolo, frustate. Dove sono andaÂte a finire le battute e le ferite di LuÂtero, di Ricorda con rabbia che ci hanÂno assorbito in teatro e poi in discusÂsioni di ore?
OSPITE INDESIDERABILE
Tempo presente: una pièce difficile da descrivere perchĂ©, a parte che non ha intreccio, non ha neanche contenuÂto scenico o personaggi o il minimo di azione teatrale. Pamela (Jill Bennett), un’attrice rompiscatole e alle soglie della maturitĂ (e, aggiungiamo noi, della menopausa, visto il suo modo di comportarsi), si agita nella casa della sua amica Constance (Katherine Blake), una deputatessa-ministro-laburista, insultando la disgraziata, dicendoÂle ogni cinque minuti quanto è cretina e rubandole l’amante. PiĂą che cretina la deputatessa è un personaggio non solo impossibile, ma inesistente. InÂtanto una signora così importante e occupata non avrebbe tempo per ospiÂtare una attrice di prosa in declino che le fa continue scenate e insulta gli invitati. Non potrebbe avere amanti e dormirci assieme così apertamente daÂto che quegli stessi giornalisti che hanno tormentato Osborne nei suoi adulteri, tormenterebbero con assai piĂą distinzione e dedizione una depuÂtatessa-ministro-laburista. Persone del genere non possono neanche vivere in case così lussuose stipate di bottiglie di champagne che vengono comunque scolate dall’inquieta amica Pamela (con ghiaccio dentro). Nella prima scena troviamo Pamela che sta insultando la propria madre e la giovane sorellastra. Suo padre, un famoso attore, è moribondo. Pamela non andrĂ ai funerali. Lascia queste consuetudini borghesi alla madre che odia, disprezza, dilania. Ma chi è la madre? Ha ragione Pamela di odiarla? Osborne non ce lo spiega. Comunque Pamela continua a insultare un ex-Âamante, un futuro amante, l’amante di Constance, la stessa Constance, AbiÂgail (Vanessa Redgrave: non in scena, naturalmente), le dimostrazioni antiÂguerra in Vietnam, i giovani commeÂdiografi, gli sperimentalisti, i Beatles, gli scrittori e in particolar modo le scrittrici. Secondo atto: Pamela, con nostra sorpresa, è ancora ospite di Constance che non solo non la caccia come doÂvrebbe, ma detesta l’idea che la « diviÂna » lasci il suo nido. E la cosa non è neanche giustificata da uno sfrenato amore lesbico della deputatessa verso Pamela. E’ totale ammirazione e contiÂnuo voltare mille guance ai continui schiaffi di Jill Bennett. Constance coÂme personaggio è un insieme di tutte quelle persone che Osborne disprezza e, ahimè, ne riconosciamo molte, come la sua povera ex-terza moglie PeneloÂpe Gilliatt, Barbara Castle, ecc. Ma sicÂcome le persone attaccate da Osborne sono varie, il personaggio non mantieÂne una sua regolaritĂ . Comunque, Constance è vagamente consapevole che l’uomo, con il quale spesso e volentieri divide il talamo, è innamorato della ciaccolante ospite. E colpo di scena (finalmente succede qualcosa, noi lo sappiamo ma la depuÂtatessa no), Pamela aspetta un bambiÂno. LascerĂ l’appartamento, decide, e si farĂ aiutare dal suo agente teatrale — una ridicola e spiacevole caricatura di un omosessuale. Il trasferimento di Pamela ad altra localitĂ fa lacrimare tutti, come se partisse per sempre verÂsola Papuasia. Ma di chi è il bambino? Be’, questo è lasciato allo spettatore, se il poveretÂto non ha nel frattempo abbandonato la sua poltrona. E’ dell’ex-amante (che ora corteggia Abigail = Vanessa RedÂgrave) e quindi un totale sfogo di maÂsochismo da parte della consumatrice-di-champagne Pamela? (alla fine dello spettacolo ha fatto fuori almeno dieci bottiglie, ma si vede che è acqua). O la paternitĂ dell’infante (che non veÂdrĂ la luce, lo sappiamo da telefonate varie e ulteriori soliloqui) è da attriÂbuirsi all’amante della deputatessa che, in fondo, Pamela vagheggia? In quest’ultimo caso è quindi giusto che Pamela abbandoni l’appartamento, benchĂ©, insisto con il dire, avrebbe doÂvuto lasciarlo prima, visto che l’ospite si comporta così male, che parla in continuazione, che fa disordine, lascia in giro le sue cose, ed è in vestaglia a mezzogiorno e in sottoveste alle quatÂtro di pomeriggio.
AMY E’ COSI’ CARA
A Un albergo a Amsterdam il pubÂblico si contorce dalle risate. Molto spesso anche perchĂ© la battuta è ripeÂtuta a oltranza. Altra trovata: una liÂnea aerea per soli pederasti: « E1 Fag » (« fag » in gergo vuol dire omosessuaÂle). Anche questa idea viene detta e ridetta come se fosse un concetto spiÂritosissimo. Chi sostiene l’impossibile ruolo del protagonista di Un albergo a Amsterdam (un attore script-writer), è Paul Scofield. Ringraziamo il cielo. Attore formidabile, Scofield riesce a sostenere una parte assurda, e a non farci annoiare così mortalmente come ci era successo in Tempo presente. E’ anche il suo trionfo. MentalmenÂte uno si dice: « Deve essere Dio se è riuscito a dire questa frase senza farÂmi arrossire ». La scena: oggi, Amsterdam. Un hoÂtel, ovviamente. Un gruppo di sei perÂsone, legate al mondo dello spettacolo in un modo o nell’altro, ha deciso di fuggire da Londra. Tre uomini e tre donne. Non è proprio Londra che li opprime. E’ L. K. (Tony Richardson), il manager, il bruto che li tirannegÂgia, del quale spesso parlano. Arrivano in una suite, felici di esseÂre altrove, di non avere lasciato tracÂcia, numeri di telefono, di essere inÂsomma, irraggiungibili. Il linguaggio è quello del mondo teatrale, le battute sono molto « in ». I tre uomini hanno tre mogli, cioè tutto è regolare, benÂchĂ© i signori confessino di essere o di essere stati un po’ omosessuali e da come recitano si direbbe che lo sono totalmente. L’azione è estremamente statica, nĂ© esiste azione psicologica. Di nuovo il protagonista è davvero il protagonista. Cioè gli altri personaggi esistono solo quando Laurie li descrive: « Gus non viene preso mai abbastanza sul serio. Adoro Gus »; oppure: « Amy è così caÂra. Ad Amy piacciono tutti, è così buoÂna ». Della propria moglie Laurie dice: « E’ una donna cosi forte, sotto sotto. Capisci? ». Di questi personaggi, che dopotutto, si alternano in continuazioÂne sulla scena, non sapremmo assoluÂtamente niente se non ci fossero alÂcune battute del protagonista che li descrive.
GALLONI DI CUTTY SARK
Anche in Un albergo a Amsterdam c’è un colpetto di scena dopo i ripetersi metodici di « el fag » e di « assorbenti igienici ». Annie, l’attrice sposata a David, la quale è sempre stata in palÂcoscenico e che ha solo dato spunti a Scofield per le battute di Laurie, AnÂnie dicevamo, è l’oggetto degli amori di Laurie (ma non era omosessuale?). Seduto su un divano, Laurie dice ad Annie: « Per me tu sei sempre stata la piĂą prorompente, romantica, allegra, amorosa, impetuosa, farfallesca, spaÂventosa, distaccata, costante donna ch’io abbia mai incontrato ed è per questo che ti amo ». Per fortuna che Laurie ci dice tutte queste cose. Chi avrebbe mai capito perchĂ© mai il protagonista è innamoÂrato di questa misteriosa e silenziosa generica? E anche Annie ama Laurie da tempo. Ma, nella loro situazione, sarĂ impossibile « concretare », così alÂmeno dicono. La gioia di questa scoÂperta è comunque annegata dal mesÂsaggio della segretaria di L. K. Questo arriva perchĂ© la sorella di Penelope Gilliatt, scusate, la sorella di Margie, non solo viene a disturbare il gruppo ad Amsterdam, ma avendo parlato con L. K., ha anche tradito il segreto della residenza del gruppo. Il messaggio dice comunque che L.K. (Tony Richardson, nel caso qualÂcuno si fosse dimenticato) è morto: si è suicidato. La vacanza è finita. Il week-end rovinato e, aggiungo io, i conti del bar rovineranno il gruppetto che ha consumato galloni di Cutty Sark. Che peccato dover parlar male di Osborne, che peccato non poter deÂscrivere delizie, comunicare entusiaÂsmi, fuochi artificiali. Ma non è diverÂtente sapere i fatti privati di RichardÂson, Redgrave, della ex-moglie di Osborne, della sorella dell’ex-moglie di Osborne, dell’attuale moglie di OsborÂne, dei Beatles, di Osborne stesso. E della incipiente mezza etĂ di Osborne e del suo odio verso quanto è nuovo, sperimentale, diverso. I problemi che questo commediograÂfo di grande talento ci aveva sottopoÂsto fino a ora erano assai, assai piĂą ampi. E anche il palcoscenico, se usaÂto bene, è un luogo piĂą ampio che non un rettangolo per un meschino vomitio di insulti privati.
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Commento by Celesta — 12 Ottobre 2013 @ 14:52
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