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TEATRO: I MAESTRI: Pinter. Sepolto in una stanza23 Gennaio 2015
di Giorgio Zampa Parigi, gennaio
The Birthday Party di Harold PinÂter è del 1958. In Inghilterra non ha avuto molta fortuna sulla scena: tre allestimenti diversi, l’ultimo dei quaÂli allo Aldwych, ma nessuno ha retto a lungo. Madame Simone Berriau, che dirige l’Antoine da quindici anni, lo ha messo ora in repertorio, alternandoÂlo a Trovarsi di Pirandello. Ero preÂsente all’anteprima, riservata alla stampa e agli amici del teatro: quasi tutta la Parigi che conta, da Gabriel Marcel alla Greco, era presente, manÂtelli di ermellino e maglioni, lamĂ© e velluto a coste. Applausi massicci, inÂtermittenti, come sempre in questi casi, da due o tre gruppi, per il resto delicati e continui, il sipario si alzava e abbassava con rapiditĂ sorprendenÂte per giustificare un alto numero di chiamate. Da poltrona a poltrona, da palco a palco, si incrociavano sguardi perplesÂsi. Alle risate, in buona parte fuori poÂsto, che avevano accompagnato il priÂmo atto fino a metĂ , era seguito il siÂlenzio che gli esperti di teatro conoÂscono e paventano, non quello della tensione ma del torpore, dell’indiffeÂrenza. Il giorno dopo, Le Monde stronÂcava con riguardo e decisione il dramÂma, senza tenere contò della sua data e invalidando quindi buona parte delÂle motivazioni addotte. Probabilmente il critico, e con lui quasi tutti gli spettatori, debbono avere considerato Il Compleanno un’opera recente. In realtĂ si tratta del secondo lavoro di Pinter, quasi di un esordio, che gli inglesi, con la sollecitudine che mettoÂno in questi casi, hanno etichettato da un pezzo all’insegna della comedy of menace, classificazione ormai popolaÂre, che risale a Irving Wardle. Se il fascicolo del programma avesse offerto qualche indicazione cronologica, qualÂche aiuto per seguire un testo legato a un ambiente, a un momento partiÂcolari, sarebbe stato, a mio avviso, tanto di guadagnato. Si è compiuto, inÂvece, il procedimento opposto, sia nelÂl’adattamento (di E. Kahane), sia nelÂla regìa (di Claude RĂ©gy), cercando di trasporre il piĂą possibile in termini francesi dialogo, ambiente, situazioni. L’ibrido che ne è risultato rende giuÂstizia solo parzialmente all’originale, creando squilibri, favorendo equivoci, vuotando di contenuto intere parti. Le Monde parla di procedimenti meccanici, di formule logore. I fatti stanno diversamente; la maniera è venuta dopo. Forse II Compleanno non è un capolavoro; ma è un esperiÂmento abbastanza nuovo, e come opera di un giovane, piĂą che interessante. Insieme con La Stanza, Il CalapranÂzi, piccolo scherzo, scritti tra il ’57 e il ’61, quando Pinter lavorava come attore, The Birthday Party apÂpartiene, s’è detto, a un genere battezÂzato comedy of menace. Elemento cenÂtrale, simbolo se si preferisce, di queÂsti lavori, « la stanza ». L’ambiente nel quale ci si chiude per sfuggire al monÂdo, per porre tra sĂ© e la vita un diaÂframma, avere un senso di protezione, offrire un riparo alla propria vulneraÂbilitĂ (ogni riferimento alla psicoanaÂlisi diventa ovvio). La vita, da parte sua, mostra quanto inutili sono gli espedienti posti in atto, inconsistente ogni difesa, visibile ogni tentativo di tenerle testa, sia aggredendola con la violenza sia eludendola. La minaccia è sempre incombente; penetrare nella stanza, un gioco: di qui l’andamento da commedia, il toÂno dominante dei primi lavori di PinÂter, fondati essenzialmente sull’ambiÂguitĂ . Equivoco di mezzi da dramma giallo; di una lingua parlata, ricalcaÂta minuziosamente su quella della clasÂse operaia di Londra-sud; di una comiÂcitĂ derivata da nonsenses di soluzioÂni che non sono tali. Dietro la facciaÂta di una pseudo-trama che l’autore costruisce con cura tanto maggiore quanto piĂą è consapevole della sua inutilitĂ , immobile, immutabile, inÂflessibile, la Negazione. I personaggi avvertono oscuramente il senso di una minaccia, si rimpiattano nell’angolo piĂą oscuro della loro tana, cercando di dissimularsi, di annullarsi; non sanÂno (o fingono) di essere giĂ stati giuÂdicati e condannati, vogliono ignorare che l’esecutore è dietro l’uscio, che è solo questione di proroga. I punti di riferimento obbligati, di fronte a tali costruzioni, sono Beckett e Kafka; e i richiami non sono fuori luogo, purchĂ© si dia atto al giovane autore inglese di ricavare da premesÂse piĂą o meno comuni a tutta una generazione (Pinter è nato nel 1930), effetti originali. Il modo d’impiego del linguaggio, l’estrema attenzione con cui lo dosa, ne valuta ogni risonanza, per impercettibile che sia, hanno fatÂto fare il nome di Cechov. Sorvegliatissima la musica della sua scrittura, sottesi dalle regole del contrappunto i dialoghi, controllata ogni pausa. (« Mentre scrivo provo continuamenÂte un senso di musica, cosa ben diverÂsa dall’essere influenzato da essa»). Wardle definisce Pinter il drammaturÂgo moderno « di educazione piĂą soliÂda ». J. R. Taylor lo trova il piĂą inteÂressante tra quanti ne sono venuti fuori dopo la famosa svolta dell’apriÂle del ’56, segnata dall’esordio di Osborne. Un fatto mi sembra incontestabile: per essere inteso pienamente, Pinter va consumato sul posto. Non solo per il solito motivo della traduzione. I suoi interni ingrommati di paura, di viltĂ , di appetiti incontrollabili e inconfessaÂbili, « tirano » bene soltanto nell’aria del suburbio londinese. Gli ermellini, i fustagni dello Antoine avevano raÂgione di scambiare occhiate perplesÂse, l’altra sera, a spettacolo terminaÂto. L’assurditĂ di Pinter non è quella di Jonesco nĂ© di Beckett, è lontana da ogni fumisterie, è greve, riottosa, irritante, inelegante. Per Arnold Wesker è condizionata da uno specifico elemento ebraico: « Pinter è uno scritÂtore ebreo e II Compleanno prescinde dalla sua esperienza nella comunitĂ ebraica… La vera debolezza del dramÂma consiste nel fatto che Pinter ha usato i caratteri giusti nell’ambiente sbagliato. Si sarebbero dovuti disporÂre tutti in un ambiente ebraico… » Nel Birthday Party c’è solo un ebreo. Nat Goldberg, un commesso viaggiatore chiacchierone, esuberante, che gioca a fare il sentimentale. Jean-Pierre Marielle lo francesizza a un punto tale che ad ogni sua entrata la pièce preÂcipita in un disastro d’inverosimiglianÂza e d’incoerenza. In una localitĂ balneare impreciÂsata un certo Stanley Webber (Michel Bouquet) ha fatto della pensione di famiglia della signora Meg Boler (Madeleine BarbulĂ©e) la sua tana. UniÂco ospite, probabilmente non paganÂte, della casa, ridotto a non uscire piĂą, trascurato nella persona, lunatiÂco, dispotico, Stanley, sebbene appena di mezza etĂ , s’è sepolto nella sua « stanza »; alla quale può accedere maÂdre e amante, soltanto la vecchia Meg. L’inquilino afferma di essere stato, un tempo, pianista; una congiura di neÂmici gli precluse il teatro in cui avrebÂbe avuto il suo trionfo; ma la sua ora si ripresenterĂ . Mamma Meg presta orecchio al delirio innocuo, vezzeggia il pazzerello in modo non meno deÂmenziale, lo blandisce, mentre quello imperversa. Stanley, in compenso, cerÂca di tormentarla meglio che può, preannunciando arrivi di ospiti misteÂriosi, « con una carriola su un caÂmion », per scopi non precisati. La donna non lo crede, giochi di questo genere deve subirne da anni, ma diÂventa inquieta. S’è appena allontanata per andare a fare la spesa (quel giorÂno cade il compleanno di Stanley), quando due uomini varcano la soglia di casa. A tutta prima nulla di straÂno, si tratta di amici che intendono trascorrere qualche giorno di vacanza nella pensioncina. Stanley appare sconvolto, tuttavia, dal loro arrivo: i demoni evocati imprudentemente soÂno davanti a lui, un viaggiatore di commercio cicalone, gesticolante, con un compare piĂą giovane, un irlandese dall’aria truce e ottusa. Si scuote dalÂla sua inerzia, vuole indurli a riprenÂdere le valigie e ad andarsene, ricorÂre persino alla maniera forte. GoldÂberg, con manate sulle spalle e torrenÂti di parole, cerca di persuaderlo che è un buon compagnone, che rimane, se non altro, per festeggiare il comÂpleanno. E nel proposito ottiene l’apÂpoggio di Meg, solleticata dall’idea di una festicciola domestica. La vecchia, come si dice, si risente; e l’atto si chiude. La seconda parte si svolge conforme alle premesse. I due si rivelano subito sicofanti arrivati lì per fare giustizia di Stanley; il quale è accusato di inÂnumerevoli e assurdi misfatti, condanÂnato senza appello. Nel corso della festa, durante la notte, mentre Meg folleggia e Goldberg si apparta con Lulu, una ragazza che aveva mostrato un tenero per Stanley, l’irlandese seÂvizia, sino all’oltraggio estremo, il preÂsunto pianista. La mattina dopo, tutto ricomincia come sempre. Peter, il marito di Meg, fa colazione leggendo il giornale. La moglie gli rivolge domande idiote, riÂcevendo risposte altrettanto idiote. In una lettera scritta a un amico tre anni prima di stendere il dramma, PinÂter prefigura le linee essenziali del laÂvoro. « Dispongo di oscene, pazzesche camere mobiliate, di un animale femÂmina grasso, le poppe ciondolanti fin sul bellico, di una famiglia oscena, gatti, cani, sudicio, colini da tè, cibo (manzo, naturalmente), discorsi, cicaÂlate, ciarpame, sterco, veleno, infantiÂlismo… ». Era il periodo in cui lo scritÂtore andava in tournĂ©e; aveva conoÂsciuto quelle camere, quella donna era la Meg del futuro dramma « e c’era un tipo che abitava realmente sulla costa, a Eastbourne ». Nel CompleanÂno ogni riferimento sarĂ , naturalmenÂte, abolito. L’atmosfera evocata nella lettera sarĂ assorbita dalla materia verbale: se al posto dei personaggi agissero manichini, il risultato non cambierebbe gran cosa. Letto 1391 volte.

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