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STORIA: Dalla caduta del “Muro” di Berlino ai giorni nostri

9 Novembre 2011

di Nino Campagna

[Nino Campagna, presidente dell’Acit di Pescia (Associazione Culturale Italo-Tedesca) (acitpescia@alice.it), che conosco da vari anni, è un infaticabile messaggero della cultura, in particolare di quella tedesca, di cui si può dire sappia tutto. Affascinato da quella letteratura va in giro a parlarne davanti a studenti e professori, incantando tutti con il suo eloquio da oratore tanto preparato quanto appassionato. Non si finirebbe mai di ascoltarlo. Della cultura tedesca conosce non solo la letteratura, ma la musica e in modo tutto speciale – al contrario di quanto accade in Italia – la fiaba, che nella Germania gode di grande considerazione, quasi a livello di vero e proprio culto. Per la sua attività ultra quarantennale è stato insignito della croce al merito culturale concessagli dal Presidente della Repubblica Federale di Germania Horst Köhler. Essendo la sua opera protesa alla diffusione della cultura tedesca, la rivista è lieta della sua collaborazione, che ci farà conoscere molti aspetti interessanti di quella Nazione, e per questo lo ringrazia.]  

L’attuale Cancelliere della Repubblica Federale di Germania, considerata la politica più “potente” del mondo, è originaria della Repubblica Democratica Tedesca ed ha vissuto per oltre trenta anni in quell’anonimato tipico delle dittature, che non lasciano spazio a tutti coloro non disponibili   a farsi “inquadrare”. Una personalità poco appariscente, letteralmente inghiottita da quel grigiore, come l’aveva definito Bertolt Brecht, che caratterizzava un intero Paese e che sarebbe diventato ancora più insopportabile dopo la costruzione   del tristemente famoso “muro della vergogna; un muro che a partire dall’agosto del 1961 oltre a togliere ogni barlume di libertà ai Tedeschi dell’Est, aveva cancellato ogni benché minima alternativa a un’intera popolazione di fatto “prigioniera” tra le proprie mura. Per oltre quaranta anni i vari Ulbricht e Honecker, sostenuti da una folta schiera di burocrati e di alti funzionari – “Comunisti” fino al midollo -, avevano vessato con metodi antidemocratici e “polizieschi” i loro concittadini. Quella da   loro perseguita era una farneticante convinzione di costruire una Germania “nuova”, con un regime antitetico a quello dei “perversi” Capitalisti dell’ovest, capace di dare prospettive “socialiste” a un’intera popolazione ancora scossa dagli orrendi crimini di hitleriana memoria. Non avevano però fatto i conti con la divisione del loro Paese in quattro zone di occupazione e sottovalutato che proprio quella, originariamente assegnata all’Unione Sovietica e da questa alla DDR, oltre a non essere geograficamente   la più “fortunata” era un “Land” prevalenteente agricolo e che disponeva anche di meno risorse economiche. Se a tutto questo si aggiunge il dato di fatto che la stessa Unione Sovietica aveva preteso pesanti risarcimenti di guerra, arrivando a smontare fabbriche e strade ferrate, e che il dopoguerra della DDR non era stato “confortato” dagli aiuti del piano Marschall si arriva alla conclusione di un Paese letteralmente disastrato. Angela Merkel, nata ad Amburgo nel 1954 e figlia di un pastore luterano, ancora convinto di poter conciliare cristianesimo e socialismo,  ha per sua fortuna potuto contare su una famiglia di sani principi morali e religiosi e su questi presupposti, che traevano le loro radici dalla “riforma” voluta da Martin Lutero, quel monaco agostiniano deluso e sconcertato dalla corruzione di una Chiesa cattolica in cui aveva tanto creduto e che nei primi decenni del XVI secolo finirà col contestare fermamente. Quello di Lutero sarebbe stato il primo atto veramente “rivoluzionario”  capace di scuotere  la Germania d’allora, ancora immersa in pieno Medioevo e preda delle “grinfie” del Sacro Romano Impero. Le idee di Lutero, partite con le “famose” Tesi affisse sul portone della chiesa di Wittenberg, avrebbero riscosso largo consenso in una società sconcertata dalla corruzione della Chiesa di Roma e avvilita dalla pratiche delle “indulgenze” cui non credevano ma che supinamente accettavano. Non è un caso che proprio dalla Turingia, la “patria” di Lutero, sarebbero partite subito dopo l’infelice creazione delle due Germanie, resa ancora più problematica dall’erezione del muro di Berlino del 1961, le prime reazioni a un governo liberticida, responsabile di un sistema dittatoriale, la cui durezza i tedeschi avevano già sperimentato sulla loro pelle nel tristemente famoso ventennio nazista. Le chiese, sia quelle cattoliche sia quelle protestanti, approfittando della “inviolabilità” da secoli goduta e anche in quel regime illiberale tollerata,  sarebbero diventati gli unici luoghi di incontri sicuri per svilupparsi subito dopo in veri laboratori, dove venivano discusse e   messe a punto strategie di resistenza e di vera opposizione al regime. Quell’insopprimibile anelito libertario, covato in tanti cuori, avrebbe ispirato tutta una serie di iniziative portate avanti da gruppi ecumenici e da loro stessi definite „Friedensgebet“ (preghiere per la pace).

Partiti da  Erfurt questi movimenti di contestazione si sarebbero propagati nelle città vicine, estendendosi già nel 1982 a Meiningen per trasferirsi subito dopo a Heiligenstadt, la città “famosa” per aver suggellato la conversione di Heinrich Heine alla religione protestante. Quasi tutte le maggiori città della DDR sarebbero state l’una dopo l’altra investite da quello che sarebbe diventato un vero ciclone. Da Lispia a Dresda erano ormai tante le città piccole e grandi città a essere coinvolte in queste iniziative spontanee e pacifiche, che non potevano più essere brutalmente represse con l’aiuto dei carri armati sovietici sempre a disposizione in quello Stato “satellite”. A dare un impulso decisivo a quella “rivoluzione sommersa” sarebbe stata un’improvvida misura ideata da Margot Honecker, Ministro per la pubblica istruzione e moglie dell’allora potente e irremovibile Segretario Generale delle DDR, Erick Honecker. La signora Honecker, perseguendo quella che era una vera “dottrina” comunista, avrebbe voluto imporre a tutte le scuole, a cominciare dagli asili nido, l’ideologia della DDR, che prevedeva una militarizzazione della gioventù tedesca. Contro questo provvedimento, che ricordava tanto le odiose misure della gioventù hitleriana, si era formalmente rivolta la „pacifica“ protesta di interi strati di popolazione cui si sarebbero presto unite tante famiglie, formando un fronte che avrebbe di lì a poco fatto saltare un intero regime. A questi movimenti di preghiera, che avrebbero caratterizzato gli anni ottanta, la Merkel sarebbe rimasta “indifferente”, anche se la stessa, cresciuta in un ambiente per nulla liberale e democratico, aveva fin da piccola subito le discriminazioni imposte da una Nazione “artificiale” e per giunta “innaturalmente” divisa. Uno Stato che, per sopravvivere, era costretto a scimmiottare la “dittatura” del proletariato di sovietica memoria e a reprimere in modo spietato, con la famigerata “Stasi” – servizio segreto – nel frattempo penetrata a macchia d’olio in tutti i gangli vitali di quella Repubblica, anche il più piccolo tentativo di turbare l’ordine costituito. Uno Stato di polizia che aveva blindato le proprie frontiere con filo spinato e torrette di guardia ininterrottamente presidiate da una “Volksarmee” con l’ordine tassativo di sparare su quei pochi che avessero tentato la fuga, dopo aver sfidato campi minati e cani lupo di guardia….   Una DDR che, dopo aver mutuato questo sistema di controllo dai “Lager” nazisti, aveva fatto della delazione un odioso strumento di controllo e vessazione, “ossessionata” com’era di imporre un regime liberticida che non avrebbe mai potuto riscuotere il consenso di “sudditi”, loro malgrado ad esso sottoposti. Imbevuti di questi principi i responsabili politici della DDR erano impegnati a “cancellare” quei diritti fondamentali di norma patrimonio civile di tutti gli individui e a reprimere brutalmente perfino i sogni e   le  speranze più recondite.  Anche la famiglia Kasner, trasferitasi all’inizio degli anni cinquanta nella DDR, dove al padre – pastore luterano –  era   stata assegnata una parrocchia nella regione del Brandeburgo, sarebbe stata vittima di quei provvedimenti illiberali. Alla madre, Herlind Kasner, che nella Repubblica Federale aveva simpatie per la SPD e condivideva politicamente le posizioni del marito, non è stato concesso di continuare a insegnare perché, essendo originaria dell’Ovest, non offriva le dovute garanzie di affidabilità….  

Neppure la bambina sarebbe stata risparmiata da quelle “misure” di rivincita sociale, tendenti a colpire proprio quella classe di borghesi e intellettuali che sotto il regime hitleriano si era costruito un certo benessere. Si trattava nel caso specifico di una  discriminazione strisciante ma non per questo meno riprovevole, che per esempio impediva ai figli dei professionisti di frequentare l’università per lasciare il posto ai figli dei lavoratori. Quest’ondata di “ribaltamento” sociale aveva colpito anche la piccola Kastner, il cui nome sarebbe stato depennato dall’elenco dei bambini cui veniva riconosciuto il diritto di frequentare l’asilo nido… Non sappiamo quanto abbiano influito queste misure “socialiste” su una ragazza fin da allora contraddistinta da una profonda serietà e che aveva già idee precise per il suo futuro professionale. Portata com’era per le materie scientifiche, frequenterà negli anni sessanta il politecnico, ovviamente dopo aver adempiuto a quella trafila obbligatoria  per tutti i ragazzi e le ragazze della DDR di iscriversi alle organizzazioni giovanili del tempo – i “Pionieri” prima e la “libera Gioventù   tedesca” poi -. La Merkel sarebbe nonostante tutto rimasta una “tranquilla” ragazza di provincia, vaccinata ai movimenti di protesta del tempo e lontana da quei gruppi contestatari che con le loro “Preghiere per la pace” erano destinati a diventare di lì a poco un vero grimaldello capace di far saltare l’impopolare regime comunista. Saranno proprio questi movimenti, che, approfittando dell’asilo e soprattutto della “benevolenza” loro offerta dalle Chiese, il cui “status” di extraterritorialità veniva tollerato, cominceranno a dare sbocchi “politici” alla loro insofferenza, acuita e resa ancora più insopportabile dopo l’infelice costruzione a Berlino del “Muro della vergogna” tirato su in fretta e furia nella notte del 13 agosto del 1961. Angela Merkel aveva solo sette anni quando a Berlino venivano ferocemente calpestati i diritti di ogni civile convivenza e brutalmente cancellata ogni possibilità di movimento. Con il rigore e la serietà che saranno i suoi connotati fondamentali, avrebbe continuato la sua carriera universitaria conclusa con la laurea del 1986, dopo aver  sottoscritto la dichiarazione di aver approfondito le “conoscenze del marxismo-leninismo”…. Questo documento “obbligatorio” le avrebbe consentito di trovate un impiego presso la prestigiosa “Accademia delle Scienze” di Berlino Est. Cominciava così a delinearsi la sua carriera professionale, pur restando ancora  lontana da un vero impegno sociale e politico. Intanto arriva il fatidico 1989, l’anno delle grandi ricorrenze. La DDR festeggiava i suoi 40 anni di vita e Berlino era tappezzata da grandi manifesti in cui si celebrava la ricorrenza nazionale e si sottolineava il ruolo di Berlino, captale della DDR. Una beffarda iniziativa quella dei politici della Germania dell’Est che, nella loro pretesa celebrativa mai avrebbero potuto immaginare quello che nello spazio di pochi mesi sarebbe avvenuto, con l’improvviso abbattimento del “muro della vergogna” e la dissoluzione della stessa nazione.

I sommovimenti si sarebbero avverati nella seconda metà del 1989, anno in cui tutti i Paesi del blocco comunista sarebbero stati scossi da una serie di eventi, ancora una volta promossi da quei movimenti spontanei, che ormai da alcuni anni avevano monopolizzato il campo della civile opposizione. Nella DDR in particolare nelle città più importanti come Dresda, Lipsia, Magdeburgo e la stessa Berlino Est, strati sempre più folti di popolazione, confortati dal successo riportato da movimenti simili in altri Paesi “comunisti” e incoraggiati dalla “benevola” anche se tacita comprensione di Michael Gorbaciov,   si muovevano compatti  al grido „Wir sind das Volk!“ (Il popolo siamo noi) rivendicando il diritto alla libertà. In questo modo avrebbe avuto inizio quell’onda libertaria capace di spazzare via strutture e sovrastrutture burocratiche del vecchio sistema “socialista” per dare il via a quella ventata di democratizzazione sfociata poi nell’autunno dello stesso anno con la caduta del famigerato “Muro”. Proprio quell’anno doveva dimostrarsi decisivo per la storia della Germania moderna e soprattutto per l’Europa dell’Est, sconvolta da tempo da tutta una serie di “piccole” sommosse spontanee che avevano avuto come interpreti semplici cittadini di quei Paesi coattamente inseriti nella “cortina di ferro” e ormai stanchi di rimanere vittime silenti di un sistema “sovietico”sul punto del collasso. L’uomo della provvidenza si sarebbe dimostrato in questa occasione Michael Gorbaciov, che, come leader dell’Unione Sovietica si era perfettamente reso conto delle crescenti difficoltà politiche ed economiche dei paesi dell’est e specialmente della DDR.

Intimamente convinto di non poter “fermare” la storia, aveva dato via a una serie di provvedimenti come la Perestrroica” e la “glasnost”, che avrebbero dato un volto nuovo a quell’immenso pachiderma dell’Unione Sovietica, da molti giudicata ancora forte e pericolosa, ma che ormai da tempo era in realtà già un gigante in agonia. L’economia era tecnologicamente arretrata, la produttività molto scarsa e gli enormi sforzi per tenere il passo con gli Stati Uniti nella corsa agli armamenti avevano logorato le finanze dello stato, ineluttabilmente corrose da una corruzione sempre più dilagante. Con la “Perestroika”, cioè la radicale trasformazione della politica e della economia e con la “Glasnost” , che doveva portare alla trasparenza politica, Gorbaciov aveva cercato a imporre una volta ad un paese immobile e paralizzato da eventi che non riusciva più a controllare. I dirigenti della DDR guardavano con  crescente sospetto questo processo, attentamente seguito fin dall’inizio con un certo imbarazzo, tramutatosi presto in crescente resistenza. Applicare gli stessi principi nella DDR, principi tra l’altro che molto spesso coincidevano con le rivendicazioni dei gruppi d’opposizione con cui dovevano giornalmente fare i conti, poteva essere molto pericoloso. I gruppi spontanei ormai in campo da tempo e che proprio in quegli anni, potendo contare sulla protezione delle Chiese, cattolica e protestante, avevano decisamente alzato la testa, avevano trovato un alleato inaspettato nel nuovo Segretario generale della UdSSR e potevano finalmente fare ricorso a quello che per anni era stato lo slogan più ripetuto dai dirigenti e dai “fedelissimi” della DDR: “Imparare dall’Unione Sovietica”. Anche negli altri Stati satelliti, soprattutto in  Polonia e in Ungheria, dove la crisi economica e le spinte per una riforma erano più forti, la politica di Gorbaciov avrebbe trovato consensi e  amici anche tra i governanti. L’eco delle riforme economiche e democratiche, provenienti dalla Russia, trovavano nella DDR un’entusiastica accoglienza unita alla rivendicazione sempre più decisa di percorrere la stessa strada. I dirigenti della DDR furono colti dal panico, arrivando persino a vietare la distribuzione nella DDR di quelle riviste sovietiche che sostenevano la nuova politica dell’URSS. La distanza tra popolazione e governo diventava un abisso, anche se dopo 40 anni di pesante repressione e capillare controllo, grazie ad una Stasi sempre più potente,  la reazione più diffusa tra la gente continuava ancora a essere la rassegnazione. Alla fine degli anni 80 la DDR era, o almeno sembrava, economicamente abbastanza forte, l’apparato statale indistruttibile così nessuno poteva prevedere il crollo verticale che di lì a poco si sarebbe verificato… La DDR rigidamente controllata da una cricca politica, sembrava estranea a quei movimenti libertari, anche se a livello dei massimi responsabili al corrente della vera situazione in cui versava il paese, si era insinuata una forte preoccupazione. Molti di loro, avendo intuito la fine ormai prossima, continuavano ad aggrapparsi a tutti gli espedienti per tentare una sopravvivenza che di lì a poco sarebbe stata travolta. Le elezioni amministrative del maggio 1989 avevano confermato la prassi ormai consolidata da quaranta anni di regime e si erano concluse con le solite percentuali “bulgare”.

La gente, sempre più scoraggiata dalla mancanza di alternative, e vista l’impossibilità di forzare i confini verso ovest, cominciava a cercare le uniche vie di fuga “possibili”, prendendo letteralmente d’assalto le sedi diplomatiche della Repubblica Federale di Germania dislocate nelle capitali della Polonia, della Cecoslovacchia e dell’Ungheria. Questo esodo di massa avrebbe cominciato ad assumere connotati “preoccupanti” nell’estate del 1989 quando l’ambasciata tedesca di Praga fu letteralmente assalita da oltre diecimila cittadini della DDR, che, una volta insediatisi nei locali della sede diplomatica,   non avevano intenzione alcuna di spostarsi se non in direzione della Germania federale. Fu così che nei Paesi del blocco comunista si sarebbe aperta la prima breccia; per l’occasione i responsabili politici dell’Ungheria, trovandosi di fronte ad un fenomeno destinato a travolgere tutto e tutti, si erano visti “costretti” a mezzanotte del 10 settembre del 1989 ad abbattere le barriere doganali e a rimuovere il famigerato filo “spinato” che contraddistingueva la frontiera con l’Austria. Veniva in questo modo indolore e insperato lasciato libero accesso verso la libertà occidentale; per migliaia di cittadini della DDR si realizzava così il sogno di un’intera esistenza. Davanti a questi fenomeni che ormai dilagavano anche nella stessa DDR, la gente, fattasi più coraggiosa, dava segni di pericolosa impazienza, che di lì a poco sarebbero sfociate in tante maree spontanee di folla esacerbate da una rabbia repressa per quaranta anni. E così quando la sera del 9 novembre venne annunciata da un portavoce del governo una riforma sui viaggi all’estero, questa venne interpretata come una tacita “resa” e i Berlinesi furono i primi ad abbattere a picconate quel muro che divideva in modo innaturale e vergognoso un popolo che non lo aveva mai accettato….  Angela Merkel, anche se per natura aveva bisogno di tempo per analizzare i fenomeni in cui era coinvolta, non riuscì a rimanere indifferente a quanto le stava accadendo attorno.

E così dopo la costituzione dei movimenti civici di opposizione dell’autunno del 1989, l’abbattimento del muro di Berlino (9 novembre) e la dissoluzione del regime della DDR, avrebbe aspettato ancora qualche settimana prima di unirsi – alla fine di dicembre del 1989 –   al gruppo “Risveglio democratico”, fondato da tre religiosi protestanti: Rainer Eppelmann, Friedrich Schorlemmer e Wolfgang Schnur,   due pastori e un avvocato, quasi a testimoniare il ruolo di guida e di orientamento che la Chiesa, soprattutto quella protestante, aveva assunto in quel periodo così convulso. Tuttavia, anche se il “muro” era stato abbattuto si avevano pur sempre due stati tedeschi, retti da sistemi politici ed economici completamente diversi. La riunificazione sembrava il prossimo obiettivo da raggiungere, anche se nelle prime settimane dopo il 9 novembre del 1989 nessuno sapeva quali strade percorrere e quali strumenti adoperare. Le differenze, soprattutto economiche, tra i due Paesi rimanevano abissali e la riunificazione tedesca, anche se da tutti auspicata, sembrava una vera chimera. Proprio in questa fase di sconvolgimenti sociali e politici doveva avere inizio la carriera politica di Angela Merkel che, messasi in aspettativa dall’istituto centrale per la chimica, avrebbe accettato a partire dal 1 febbraio 1990 la carica di “funzionaria” dell’ufficio centrale del movimento “Risveglio democratico”, con sede a Berlino Est. Solo una settimana dopo – era quello un periodo in cui gli “eventi” nella DDR si susseguivano con impressionante velocità – avrebbe ricevuto un altro prestigioso incarico, quello di portavoce del movimento in cui già fervevano i preparativi per l’imminente campagna elettorale prevista per il 18 marzo. “Risveglio democratico” nel frattempo, su proposta della CDU occidentale, si era unito in un fronte unico con la formazione politica “Allianz für Deutschland”. L’esito di queste elezioni sarebbe stato disastroso per quel movimento creato e portato avanti con tanta passione da Wolfgang Schnur, che proprio in quelle convulse giornate veniva smascherato, assieme a tanti altri ritenuti “irreprensibili”, come uomo della Stasi. Queste continue “scoperte” forse pilotate dagli stessi dirigenti della Stasi impegnati a dimostrare quanto diffuso fosse quel fenomeno e a cercare proprio nella capillarità di quei metodi perversi di “spionaggio” un alibi per il loro criminale passato, lasciavano allibiti e increduli gli “Ossis” – così venivano definitigli abitanti della DDR – Nelle, purtroppo poche, persone che erano riuscite a rimanere estranee a quelle pratiche di controllo capillare da “grande fratello” cresceva ogni giorno incredulità e sconcerto.

Nessuna meraviglia quindi se proprio Wolfgang Schnur e il suo movimento fossero stati pesantemente puniti nelle prime elezioni veramente libere cui si erano presentati…   In compenso tuttavia “l’alleanza per la Germania“ si sarebbe imposta con un inequivocabile 48%,  portando all’elezione di primo presidente dei ministri di Lothar de Maizière, presidente della CDU tedesco-occidentale. Era il 12 aprile e il giorno stesso Angela Merkel veniva designata portavoce del primo governo democraticamente eletto della DDR. Quella sarebbe stata per il più “ortodosso” Paese satellite dell’Unione Sovietica una fase di vero sconvolgimento politico; ormai tutto avveniva a una velocità impressionante, possibili candidati a un corso nuovo “bruciati” nell’arco di una giornata; il pesante “passato” della DDR incombeva su tutto e su tutti; in molti si era ormai fatta strada il convincimento di non poter tenere testa a ritmi così frenetici e semplicemente impensabili solo pochi mesi prima. Dopo le prime elezioni libere nel marzo del 1990 la DDR aveva finalmente un governo democraticamente legittimato, ma chiaramente incapace di controllare una situazione socio-economica al limite dello sfacimento. In quella situazione che rasentava l’anarchia, con una disoccupazione ormai proiettata a valori insostenibili e un flusso di emigrazione verso l’altra Germania che aveva ripreso i ritmi di prima dell’edificazione del muro ed era molto simile a un vero “dissanguamento”, in tanti ebbero l’impressione di trovarsi di fronte ad un problema irresolubile.   L’unica possibilità che sembrava la più praticabile era la riunificazione, problema queste che da nazionale era destinato a diventare internazionale. A Bonn avevano già programmato un’agenda fitta di incontri e per  il 5 maggio erano previsti i colloqui „Due – più   – quattro“ (i due ministri degli esteri dei due Stati tedeschi e le quattro potenze vincitrici, USA, Unione Sovietica,   Gran Bretagna e Francia). Dopo tutta una serie di colloqui e trattative più o meno segrete sarebbe finalmente arrivato il “sì” definitivo di Gorbaciov, cui la storia riserverà l’indubbio merito di aver chiuso una delle sue pagine più dolorose e sconfortanti. Tredici giorni dopo, sempre a Bonn, l’allora capitale della Bundesrepublik, veniva ratificato il “Trattato sull’unione economica, monetaria e sociale“ tra la Repubblica Federale e la DDR, che sarebbe entrato in vigore l’1 luglio dello stesso anno.  

Angela Merkel faceva parte della delegazione recatasi il 12 settembre a Mosca per la firma del documento definitivo che apriva la strada alla riunificazione tedesca, già pattuita da un’intesa del 23 agosto tra il Ministro degli interni federale Wolfgang Schäuble il segretario di Stato di Maizière, Günther Krause. Con lo scioglimento della DDR del 3 ottobre 1990 anche l’incarico ufficiale della Merkel come portavoce del governo veniva meno. Una volta aperta la strada per la riunificazione, sarà merito del Cancelliere Kohl quello di non lasciarsi condizionare da legittimi quanto fondati dubbi di natura economica e dare il via a una Germania riunita, anche se a dire il vero il 3 ottobre del 1990, i due stati non furono riuniti, ma uno dei due, cioè la DDR, si auto scioglieva, offrendo la possibilità alla RFT, in base ad un articolo espressamente contenuto nella “Grundgesetz” del 1949 di annettere quei Länder dell’ex DDR alla Repubblica Federale. Con lo scioglimento della DDR veniva anche meno l’incarico ufficiale della Merkel, che non poteva essere più portavoce di uno Stato inesistente. Ma lei, oltre a disporre – grazie al padre –   di buone conoscenze presso i responsabili della Chiesa protestante che aveva avuto un ruolo decisivo prima e durante la svolta, poteva contare sulla protezione di Günther Krause e soprattutto di   Lothar de Maizière e quindi   destinata a non restare per molto nell’anonimato. Fu così, per quegli strani scherzi del destino anche se a me viene sempre in mente la citazione di Karl Marx “La ragion d’essere del caso”,   che la Merkel, tre giorni prima della “Riunificazione” venne presentata a Kohl ad Amburgo e da questi immediatamente invitata a Bonn a novembre per un colloquio a quattro occhi.   In occasione delle prime elezioni parlamentari del 2 dicembre la Merkel, presentata come candidata nel collegio uninominale Stralsund/Rügen/Grimmen risulterà eletta al Bundestag. Il giorno successivo all’elezione, il 18 gennaio 1991, la trentaseienne Angela Merkel veniva nominata Ministro per “Donne e Gioventù”: Alla fine dello stesso anno, quella che ormai veniva unanimemente chiamata “Kohls Mädchen” (la ragazza di Kohl)   sarebbe stata promossa a “vicepresidente del partito parlamentare” (dicembre 1992) per essere poi eletta a giugno dello stesso anno alla carica più prestigiosa di presidente della CDU regionale del Mecklenburg-Vorpommern. Una Carrera che ha del prodigioso e un unico imperterrito promotore, il Cancelliere Helmut Kohl, che il 16 ottobre 1994 avrebbe ricevuto il suo quarto mandato e avrebbe affidato alla Merkel, ancora una volta confermata nel seggio uninominale, il ministero per l’ambiente, retto fino al 1994 al 1998. Tuttavia con la fine della legislatura si doveva registrare in Germania, dove grazie al sistema elettorale sono abbastanza frequenti gli avvicendamenti pur salvaguardando la stabilità dei governi in carica grazie al principio costituzionale del “Voto di sfiducia costruttivo”, una pesante sconfitta della CDU-CSU.   Le elezioni politiche del 27 Settembre 1998 si dovevano infatti  rivelare disastrose per il partito dell’Unione che con un misero 35,2 per cento avrebbe ottenuto il peggiore risultato dal 1949.   Per la prima volta veniva nettamente battuto il governo in carica.

Una disfatta che colpiva tutti: dalla Merkel a Wolfgang Schäuble, da decenni il delfino di Kohl. Ad assumere la responsabilità del governo federaòe sarebbe stato chiamato Gerhard Schröder a capo di una coalizione   SPD e Verdi. La CDU-CSU fu quindi automaticamente messa all’opposizione e Angela Merkel ha dovuto lasciare il suo ministero al “Verde”   Jürgen Trittin.  Ma la sua “carriera” non era finita; al congresso della CDU, tenutosi il 7 novembre 1998 a Bonn, “L’eterno”  Wolfgang Schäuble viene eletto Presidente del partito e Angela Merkel Segretario generale. A Kohl sarebbe andata la presidenza onoraria. Questa nuova formazione avrebbe ottenuto subito brillanti successi elettorali che l’avrebbero portata addirittura, in occasione delle elezioni europee del giugno 1999, a un inaspettato 48,7 per cento! Ma di lì a poco sarebbe scoppiato in Germania il più grave scandalo polisco della sua storia che avrebbe annientato la carriera allo stesso  Helmut Kohl e pregiudicato anche quella di Wolfgang Schäuble.  Si trattava d’illeciti finanziamenti al partito, “candidamente”   ammessi dall’ex Cancelliere, che, forse troppo convinto della sua “potenza”   in un’intervista del 16 dicembre 1999 non solo se ne assumeva la responsabilità politica, ma ribadiva di non avere intenzione alcuna di fare i nomi dei “corruttori”.  La Merkel per l’occasione si sarebbe mostrata “inflessibile” e, con un appello agli elettori del partito, li avrebbe invitati a liberarsi di quella ormai “pericolosa”   tutela del loro Presidente “onorario” e cercare di andare da soli da “maggiorenni” quali erano diventati.   Nel frattempo anche   Wolfgang Schäuble, l’eterno “delfino” sarebbe stato colpito dalle conseguenze di quell’affare di corruzione e il 20 febbraio 2000 avrebbe dato le dimissioni dal partito e dalla „frazione“. Nel Congresso tenutosi a Essen il 10 aprile, a capo di una CDU disastrata sarebbe stata chiamata Angela Merkel, una dei pochi a mantenere “l’illibatezza” politica e ancora troppo giovane per essere in qualche modo compromessa nei vari affari più o meno storici che avevano in qualche modo pregiudicato la generazione degli “anziani” del CDU-CSU.     Da questo momento la sua  “cavalcata” politica verso il Cancellierato non avrà più avversari degni di questo nome. La   CDU,   era letteralmente decapitata e a reggere le sorti di un partito pesantemente colpito restava il Segretario Generale Angela Merkel, che tra l’altro rappresentava per l’età e il sesso – era la prima donna nella storia tedesca ad assumere un ruolo così rilevante – . una novità assoluta. La carica di presidente del partito le sarà confermata anche nei Congressi del 2002 (Hannover), del 2004 (Düsseldorf), del 2006 (Dresda) e del 2008 (Stoccarda). A Bonn c’era la coalizione “rosso-verde” di Schröder e di Fischer, mentre la Merkel continuava il suo lavoro di ricucitura e, grazie ai successi conseguiti, si profilava ormai come la vera padrona della scena politica della CDU-CSU. Una volta scaduto il mandato di Johannes Rau come presidente della Repubblica sarà ancora la Merkel ad accreditarsi un’ulteriore vittoria, riuscendo a imporre il “suo” candidato, Horst Köhler, eletto il 23 maggio 2003.   L’irresistibile ascesa della Merkel non aveva avversari e per le elezioni politiche, fissate nell’autunno 2005, sarebbe stata proprio lei la candidata “Cancelliere” dei partiti dell’Unione.

L’esito delle elezioni del 18 settembre 2005 non sarebbe stato quello auspicato e la CDU-CSU, che si era augurata la maggioranza assoluta, si doveva accontentare del 35,2 % di una spanna superiore alla SPD (34,2%). Un risultato tuttavia capace di sconfiggere la coalizione “Socialisti-Verdi” e di affidare il 22 Novembre 2005 – dopo laboriosissime consultazioni – la carica di Cancelliere in un governo di “Grande Coalizione” ad Angela Merkel, divenuta la prima Cancelliere donna e al contempo il Cancelliere più giovane nella storia della Repubblica Federale di Germania. Il 27 settembre 2009 la CDU ritorna a vincere le elezioni, e Angela Merkel cancelliere “in pectore” per un secondo mandato sino al 2013, conferma la volontà di dare vita a una coalizione nero-gialla con i Liberali (FDP). Il 23 ottobre 2009 in una conferenza stampa con Guido Westerwelle, segretario del FDP e Horst Seehofer leader della CSU, ha annunciato la composizione del nuovo governo, che è in carica dal 28 ottobre 2009.

Sugli eventi succedutisi a partire da quella data preferiamo astenerci, anche perché si tratta di storia recente da tutti più o meno seguita vista la situazione di crisi in cui si dibatte l’Europa intera. Senz’altro degno di essere sottolineato l’impegno della Merkel a voler in tutti i modi inserire tra i presupposti della “Costituzione” dell’Unione Europea il fondamento “cristiano” delle sue origini. Grazie alla Germania, all’Italia,   alla Polonia e all’Irlanda oggi l’Europa può essere fiera di aver ancorato le sue origini in un passato di cui non può che essere   fiera. A conclusione di questo breve excursus sulla “Cancelliera”, emula del grande Bismarck, almeno per quanto riguarda l’appellativo “di ferro”, vorremmo tributarle un doveroso ringraziamento per la “rivoluzionaria” decisione in un Paese particolarmente sensibile ai problemi economici di aver rinunciato all’energia nucleare. Anche se la spinta decisiva è stata costituita dalla tragedia dei reattori giapponesi a Fukushima, bisogna riconoscerle di aver avuto il coraggio nel marzo del 2011 di tornare sui suoi passi e, nonostante le remore di Helmut Kohl e di “potenti” magnati della politica, di essersi imposta in un Paese già votato al “nucleare”. Per concludere questo breve e di certo incompleto excursus su Angela Merkel, che non vuole né avrebbe potuto essere esaustivo,   mi sia consentito citare alcuni passi della sua dichiarazione rilasciata il 2. maggio 2011, in occasione della morte del terrorista Osama bin Laden, di cui proprio   in questi giorni si è avuto modo di stigmatizzare le   imprese criminali. La dichiarazione della Merkel, apparsa a tanti suoi compatrioti “eccessiva”, è da inquadrare nella commozione generale provocata dall”abbattimento delle “Torri Gemelle “ di New York e di cui proprio in questi giorni si ricordano con immutato dolore i dieci anni: “… Mi rallegro che si sia riusciti a uccidere Bin Laden, e credo che soprattutto anche per i cittadini americani ma anche per i Tedeschi sia senz’altro una notizia buona quella che una delle menti del terrorismo internazionale, autore di crimini efferati,, sia stato eliminato. E questo è ciò che per me conta. E per questo motivo   ho anche partecipato il mio rispetto al Presidente americano. Per me era una   priorità assoluta…“.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart