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STORIA: Il Risorgimento visto da “Lo Statuto” toscano #26/33

10 Settembre 2009

[da “Lo Statuto”, venerdì, 22 giugno 1849]
 

NOTIZIE DELLA MATTINA
Firenze, 22 giugno

Diamo la seguente corrispondenza   di     Oporto     che interesserà vivamente tutti coloro i quali in questa ma ­terialissima età non hanno rinunziato anche alla memo ­ria e al culto dei grandi uomini nazionali. Questo sen ­timento   trovasi  eziandio fra le  nazioni  più  barbare presso le quali ogni idea di onore, di bello e di grande viene personificato nei loro eroi, il culto de’ quali   passa di generazione in generazione e forma a lungo an ­dare   la loro religione,   come     la loro storia   nazionale. Carlo Alberto che copre una delle pagine più rimarchevoli non solo della storia della   nostra   epoca   ma della nostra nazione è la più bella figura che sia emersa nel movimento Italiano.
La sua vita è un’Epopea. Come non potemmo per ­derlo giammai di vista sul trono o sul campo, così fac ­ciamo tesoro anche dei minuti dettagli della sua vita domestica e dell’esiglio. Sono così preziosi per la storia Francese tutti i dettagli del soggiorno di Napoleone a S. Elena. Il Generale Collegno, uno dei più distinti uomini della nostra nazione, una delle anime più elevate e più belle che noi conosciamo, par destinato ad essere il Generale Bertrand di Carlo Alberto. Ci scrivono che egli non si dividerà dal suo Re. Onore ad entrambi! Tutti sanno quanto passato leghi questi due uomini, degni d’in ­tendersi e di convivere in un’epoca alla quale sono entrambi cotanto superiori.

(Carteggio dello STATUTO)

OPORTO, 1. giug. â— Lo stato della salute di Carlo Alberto è tale da farne tremare per la sua vita. Le tre malattie che lo fanno soffrire sono di antica data, ma i disagi della vita passata, le hanno aggravate assai e le hanno rese veramente minacciose. Per accondiscendere a delle persone che sono intorno a lui, egli consentì di far venire un medico da Lisbona il quale studiò in Francia, e che ha fama di valore un po’ più degli altri: questi la vede brutta. Egli dice che per pro ­lungare un poco la di lui vita, però senza pensare a gua ­rire, avrebbe bisogno di cambiare soggiorno, perché l’aria d’Oporto gli nuoce essendo vivissima e fredda, di cam ­biare regime, perché mangia soltanto pesce e legume, e di sottomettersi ad una cura, il che sembra contrariarlo assai. Ma poveretto soffre orrendamente di una forte tosse, d’una oppressione che non gli permetteva quasi più il rimanere a letto, e di una ostinata dissenteria. Egli non esce più non solo di casa ma non scende neppure più nel suo giardino. Cerca di vedere il minor numero possi ­bile di persone delle tante che gli si vorrebbero imporre e legge immensamente. Il discorso di politica è quello che aggradisce ancora il più e legge molti Giornali. Sono infinite le dimostrazioni di simpatia e di rispetto che ri ­cevette ovunque passò, e giungendo ad Oporto; ma egli ha bisogno di pace, di silenzio, di solitudine, e si sottrae a tutte le dimostrazioni per quanto la sua naturale corte ­sia, che conserva anche nella infermità, glie lo permette. Quando gli si parla di cambiare soggiorno egli dimostra desiderio di andare nei contorni di Ginevra, dice che è convinto che quell’aria gli converrebbe; il medico non ne è persuaso, ma pure se dimostra veramente questo desiderio crede converrà secondarlo giacché è una di quelle voglie dei poveri ammalati che non vanno contraddette. Egli non fu più a Ginevra da quando aveva 16 anni e che vi era in educazione. Forse sono quelle memorie gio ­vanili che gli rendono caro quel paese.
La sua casa qui è su di una altura fuori di città si ­tuata in modo che domina il mare. Ha un vasto giardino ombreggiato nel quale faceva conto di passeggiare quando lo potesse, ed evitare così l’uscire che gli era divenuto importuno pel curioso interesse del quale era l’oggetto e la vittima per parte degli abitanti d’Oporto. La sua cor ­te è composta di tre Camerieri suoi antichi che lo servono con una devozione ed un affetto figliale, di una cuoca Portoghese per fare il desinare della gente di servizio. Ha inoltre un Cappellano che gli dice la messa in casa, e che è pure suo confessore. Il Console e Vice Console di Lisbona sono venuti a stare qui per essere al servizio del Re. Si crede che debba presto venire una nave Sarda che porterà forse qualche persona fidata da rimanere presso di lui, si crede che possa anche venire qualcuno della sua famiglia.
La situazione del giardino è assai bella, vi sono al ­beri giganteschi, e luoghi magnificamente ombrosi â— La visita a questa specie di Romitaggio mi fece un gran senso di malinconia: l’ora già tarda dava una tinta mestissima al luogo, la vista di quella casa nella quale mi figurava giacente infermo e solitario quel Principe eroico che ave ­va tentato invano la liberazione dell’Italia, il pensiero che forse tra poco scenderebbe nella tomba qui lontano da tutti e da tutto, mi straziava il cuore.
Oporto è una città commerciante di vino, e nulla più; alla mattina evvi una nebbia come quelle che si hanno a Milano nell’autunno avanzato, e questa nebbia non si dissipa che tardi; alla sera poi ritorna appena tramontato il sole: ecco quale è il clima di questa città.


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1 commento

  1. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 10 Settembre 2009 @ 18:46

    Nei libri di storia, almeno quelli del mio tempo, la figura di Carlo Alberto veniva presentata in maniera notevolmente critica. Gli si contestava (non considerando la sua giovane età, i consigli errati che gli venivano dati, il periodo difficile che si trovava a vivere) la presunta debolezza, la comprensibile incertezza nel fare, l’aver dato la Costituzione e poi di averla ritirata, costretto da Carlo Felice. Fu definito “re tentenna”, “re travicello”. Da lui si pretendevano troppo grandi cose, essendosi trovato a capo di un piccolo stato che muoveva appena i passi contro potenze immensamente superiori ed in una situazione difficilissima e non sempre ben compresa, situazione che pretendeva innovazioni rivoluzionarie per quel tempo. Ed anche se non riuscì negli intenti sperati, dimostrò grande dignità ed aperture. Non dimentichiamoci “Lo Statuto Albertino” ed il suo decoroso esilio
    Gian Gabriele Benedetti

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