STORIA: Il Risorgimento visto da “Lo Statuto” toscano #27/33
15 Ottobre 2009
[da “Lo Statuto”, martedì, 3 luglio 1849]
NOTIZIE RECENTISSIME.
FIRENZE, 3 luglio. â— Leggiamo in un Supplemento al Monitore Toscano:
DISPACCIO TELEGRAFICO.
LIVORNO, li 3 luglio 1849 ore 9 min. 37 ant.
In questo momento è giunto in Porto il Pacchetto a Vapore Maria Antonietta sardo.
Il Capitano porta la notizia che l’Assemblea roma na ha dichiarato impossibile di continuare la resistenza ed ha deciso di venire ad una Capitolazione; che le truppe Francesi hanno progredito nell’occupazione dei Bastioni; e ha concluso col dire che si può considerare la cosa come terminata.
Altro Dispaccio.
LIVORNO, li 3 luglio 1849, ore 10 antim.
Al dì 2 luglio ore 9 antim. Roma si è arresa. Le truppe Francesi entreranno in Città oggi alle ore 4 pom. Le truppe Romane saranno tutte disarmate ed armata la Nazionale per il buon ordine della Città. Questa no tizia mi perviene dal Gerente del Consolato Toscano in Civitavecchia.
Ore 2 1|2 pomeridiane.
(Carteggio dello Statuto)
CIVITAVECCHIA, 2 luglio. â—Sono a darvi un ri stretto dei bullettini di questi ultimi giorni.
Il 27 Giugno 35 pezzi di grosso calibro furono messi in batteria dai Francesi, e fecero un fuoco nutrito contro le batterie Romane, e contro le porte San Pancrazio e San Paolo. Allo spuntar del giorno una colonna mobile com posta di due squadroni di Cacciatori e di due squadroni di Dragoni, aveva catturato molti convogli che si reca vano a Roma per la via Appia. Il numero di questi non era minore di 180: molti provenienti da Tivoli cari chi di polvere.
Il 28 a 9 ore del matt. le batterie francesi avevano fatto tacere il fuoco dei Romani. La batteria di S. Paolo servita da Artiglieri di marina, continuava sola a battere in breccia la porta S. Paolo. In questa giornata furon fatti prigionieri molti Francesi che combattevano nelle file romane, ma erano in così cattivo stato, che non fu possibile di tradurli innanzi ad un consiglio di guerra e giudicarli. Sono stati trasportati a Civitavecchia.
La giornata del 29 si consumò dai Francesi a pre parare un assalto per l’indomani all’alba. Quest’assalto era diretto contro un bastione alla dritta della Porta S. Pancrazio, che avevano battuto in breccia il giorno precedente.
Il 30 a ore 3 del mattino le Colonne Francesi di sposte per l’assalto presero alla baionetta le posizioni dei Romani. La breccia era strettissima: a mala pena vi era posto per un uomo. I Romani hanno opposto una vigorosissima resistenza: ma la posizione fu presa alla baionetta senza tirare un colpo di fucile. Sono rimasti morti quanti erano nel bastione, circa 400 uomini. Ne sono stati fatti prigionieri 120 fra i quali 18 ufficiali. Nello stesso momento, una Colonna mobile distruggeva a Tivoli la polveriera, e i soldati Francesi fermavano nelle acque di S. Paolo 40 brulotti spinti dai Romani contro il Ponte, ivi gettato sul Tevere dai Francesi.
L’effetto della presa del bastione di S. Pancrazio, e delle granate lanciate nella mattina dalla batteria di S. Paolo, è stato tale nella Città, che l’Assemblea Co stituente ha dichiarato « â— che ogni resistenza era diventata impossibile, e che essa restava al suo posto: incaricava il Triumvirato della esecuzione di questo decreto â— ».
Questa risoluzione firmata da Saliceti presidente dell’Assemblea è stata portata a 7 ore della sera al Quartier Generale Francese. Nello stesso tempo il Generale riceveva da Roselli che comanda le truppe Romane, la domanda d’una sospensione di ostilità. Infine a 10 ore della sera una Deputazione del Municipio Romano è arrivata al Quartier Generale.
Altra lettera di Civitavecchia del 2 ci annunzia che Roma ha capitolato e che le truppe Francesi dovevano prenderne possesso ieri a 4 ore pom. La Guardia Nazionale di Roma deve esser conservata per vegliare alla sicurezza ed all’ordine pubblico, ed il resto della popolazione deve essere immediatamente disarmato.
Aggiunge la medesima lettera che i signori D’Harcourt e Rayneval che erano al campo del generale Oudinot son partiti da Civitavecchia questa mattina per Gaeta.
Dobbiamo supporre che questa lettera nonché quella pubblicata dal Supplemento del Monitore Toscano siano state scritte dopo quella che noi abbiamo dato più sopra, benché datata dello stesso giorno.
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[dallo “Statuto”, mercoledì, 4 luglio 1849]
ROMA, 30. â—
Bollettino dell’armata.
Questa notte il nemico, dopo una pioggia di bombe, ha attaccato i nostri trinceramenti. â— Protetto dai suoi lavori, i nostri sono stati obbligati ad abbandonarli, ed esso ha preso posizione nel primo bastione a sinistra della Porta S. Pancrazio.
Li 30 Giugno 1849.
Il Generale in Capo Roselli
(Mon. Rom.)
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NOTIZIE DELLA MATTINA
Firenze, 4 luglio.
Affari di Roma.
(Carteggio dello Statuto.)
ROMA, 1 luglio ore 5 pom.
Ieri è stata la giornata decisiva per Roma. Il con siglio di guerra alla mattina avea decretato di riacqui stare la posizione perduta.
Nel giorno il general Garibaldi con un suo rap porto all’Assemblea avverte che nella notte era costretto di abbandonare tutto il Giannicolo per non perdervi interamente tutta la truppa e che non vi era altro che lasciare la sponda dritta del Tevere, tagliare i ponti, e fortificarsi al di qua della sponda si nistra, continuando in tal modo la difesa, oppure trat tare. L’assemblea dopo assai lungo dibattimento decre tò: di cessare una inutile difesa, e rimise al trium virato per l’esecuzione del decreto; questi, al mu nicipio onde trattasse. Alle 7 s’innalzò al forte S. Angelo bandiera bianca e partì un officiale con un di spaccio pel campo francese per aprire le trattative: alle 11 pom. partì una deputazione del municipio ac compagnata da tre consoli esteri; tornò questa mattina. Essa portò queste proposizioni all’incirca (riferite da Sturbinetti) al campo Francese.
1. Il generale Oudinot non si mischia nella politica dello Stato Romano.
2. La truppa di linea farà comune servizio colla truppa francese.
3. La civica resta nella sua prima istituzione.
4. Si cederanno le porte ed il forte della città.
5. I corpi franchi saranno posti negli accantona menti stabiliti dal general Oudinot.
Sturbinetti, disse, che non vi era discrepanza solo che nell’ultimo articolo, ma che era piccola cosa: que sto è l’attuale stato delle cose.
Lusinghiamoci bene. Ora ai particolari. L’attacco di jeri mattina mi dicono fosse feroce. Tre colonne fran cesi assai numerose dettero l’assalto, i nostri sostenne ro due ore di fuoco, e regolarmente, si ritirarono, perdendo le posizioni sopraffatti dal numero dei francesi. Si dice che ci fu molto sangue sparso: fra morti fe riti, dei nostri un 400 uomini.
Si dice che delle compagnie si siano date prigionie re. Si provò di riprendere le posizioni ma non riuscì perché li trovarono già trincierati. Nel rimanente della giornata, i cannoni, e le carabine francesi fulminavano i nostri che poco potevano rispondere giacché i fran cesi secondo il solito erano sotto terra, nelle strade coperte: sotto le barricate.
Alle 6 cominciarono a ritirare le nostre truppe, ben decimate, protette da una quasi inutile moschetteria del casino Savorelli; ora sono alla Lungara ed al di qua dei ponti: dalle 7 pom. di ieri non si è inteso più un colpo, e fa un senso curiosissimo; pare di stare in un mondo nuovo. Questa mattina, e ieri sera tutti passeg giavano indifferenti per la città come prima, e come niente fosse accaduto. Ieri come prevvedevo si era messo assai male l’affare, di prendere i borghesi e civici con le ar mi per portarli colla forza alle barricate, da’ Garibaldiani specialmente. Quasi tutti i battag. civici si disponevano ad opporsi colla forza, se i Garibaldiani andavano per prendere uomini; alcuni civici spianarono i fucili dopo es sersi insultati con due di quella cavalleria: nella notte le sentinelle avanzate dei quartieri civici hanno impedito che le pattuglie di cavalleria di quel corpo entrassero nel loro rione. Si deve in questo molto a…., che con una delle sue sfuriate si fece fare un ordine da Montechi per proibire quelli arresti, corse dove si facevano, e maltrattati (a suo modo) quei buoni civici che lo fa cevano per ordine di un Garibaldino, finalmente tornò al municipio, gli fece una delle sue intemerate, dicen dogli che non poteva essere vero che avessero avuto l’ordine dal Generale di eseguire quella missione, che andavano a suscitare una guerra civile nel paese, che andasse al suo posto a battersi, e non suscitasse una confusione, per lasciare il suo posto e con questo sciolse tutti quei poveretti che avea colla forza portati là. L’or dine poi seppe che era stato dato da quel buon’uomo per non dir di più, di Avezzana; ma è un imbecille, e nessuno gli da più retta. All’assemblea Mazzini si op pose con tutta la forza a quel decreto, e disse perfino, che i rappresentanti sarebbero stati tutti scannati dal popolo che voleva ancora difendersi, ed uno gli rispose «che per questo ci erano volute le squadronate per por tarlo ai lavori. » II buon Sterbini ieri mattina predicava per la difesa, tanto più che era tornato Accursi a Ro ma. Ieri giorno lo sentii confortare per la resa, so stenendo che era il meglio, giacché le forme di governo non sarebbero state toccate. Un mio amico prigioniero da più giorni a Civitavecchia scrive per occasione partico lare. È rimasto incantato delle attenzioni di tutti fino dal primo momento che fu preso. Addio
(Carteggio dello statuto)
ROMA, 1 luglio. – Sono 12 ore che non si ode più il tuonare del cannone, né lo scoppiare dei moschetti. La difesa non era più possibile: bisognava cedere, E così è stato. Alcuni corpi avrebbero voluto persistere, ma nol potevano certo, estremati dalla fatica delle veglie conti nue, dal lungo combattere, dall’ardore della stagione. Nella giornata d’jeri furono tenuti bravamente i posti non perduti nella notte; ma con quale sacrificio? A quanto as sicura Calandrelli si contano 300 morti! Pensa quanti feriti!! La mitraglia ne ha fatto strazio. Il reggimento Rosselli, al cominciare della resistenza militare in Roma, contava 1750 uomini; oggi, levati i morti, i feriti, gli ammalati, i prigionieri, è ridotto a poco più che 400. â— Molte le perdite delle legioni Garibaldi, Manara e Mellara.
Ieri fra tanti vi lasciò la vita anche il Manara. Il Garibaldi ieri annunziò che la notte avrebbe abbando nato il Gianicolo e Trastevere, e portata la difesa di qua dai Ponti che avrebbe abbattuti, fortificandosi nelle Città Leonina e in Castello S. Angelo. Questo, diceva, esser l’unico ed estremo modo di difesa, altrimenti do versi desistere. Ma abbandonar Trastevere, voleva dire farne emigrare anche la popolazione al di qua dell’ac qua; cioè a dire da un 15 a 20 mila abitanti. E poi, a che pro continuare per cedere poscia domani? esponendo la città a un bombardamento terribile, e conducendo a tali estremi il popolo da levar rumori e protestare fi nalmente contro una ostinazione infruttuosa? Così ieri alle 6 pom. l’Assemblea decretò cessare da una difesa divenuta impossibile, e rimanersi al suo posto.
I Triumviri comunicarono quel Decreto al Coman dante in capo e al Municipio. Il Municipio ha iniziato col mezzo dei Consoli Inglese ed Americano le trattative per la resa militare della città, coll’intendimento di provvedere alla tutela dei combattenti. Le trattative non toc cano che di questo e delle consuete assicurazioni. Non s’è toccata minimamente infino ad ora la questione politica. Se i Francesi son venuti in Roma nell’interesse della libertà, non mancheranno di adoperarsi perché le guarentigie costituzionali e le libere istituzioni ci venga no conservate e accresciute.
Questa mattina all’Assemblea aveva luogo la secon da lettura della Costituzione, per procedere alla votazio ne, e alla immediata proclamazione.
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