POESIE E
CANZONI di
Bartolomeo Di Monaco
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(passeggiando alla pieve di Santo Stefano) Insieme andiamo per questi colli all'ombra degli ulivi che, bassi, ci carezzano il capo; tu allunghi la mano e cogli il nero frutto asprigno. Dalla fattoria vicina, un po' più in alto, cintata, viene l'odore della stalla e il muggito del bue, re di quest'aria. Dove vanno i miei pensieri mentre mi punzecchi con la tua allegria e mi giri attorno? Saliamo ancora... e tornano i segni del tempo andato su quell'altra villa ancora splendente di alberi secolari, di giardini e di mura alte intorno ad incastonare la gemma degli archi che da lassù dominano Lucca intera. Il sole sorridente d'un mezzogiorno che non ha eguali su questa collina, caldo, confidente, guida il mio passo di camminatore e sciolgo i miei pensieri, il viso distendo contento d'una serenità che m'allieta la vita, e tutto sembra apparecchiato per i miei occhi e il mio cuore. Tu intanto ancora mi punzecchi e mi giri attorno ed io ti intravedo fra i miei pensieri, ti tendo la mano e tu me la offri ignara di riempire la mia lontananza. Oh, questo tepore della natura che non ammette il trascorrere del tempo! Tepore che viene da lontano e sempre è stato eguale in quest'ora. ...Tuffarci lì dentro e rimanervi mentre tu mi giri attorno e con la tua allegria dài splendore alla mia esistenza. A Raffaella Tu mi rimproveri perché non ti dico più spesso ti amo, ma nessuna cosa al mondo amo più di te. Quando coi tuoi giochi mi tratti da bambino o quando ai nostri figli, indicandomi, dici: ecco l'orso della casa; quando, fuggita dai tuoi, troppo brontoloni, vieni a sederti accanto a me e parli della tua Inghilterra, del Galles o della dolce Scozia selvaggia, o quando, mentre ascolto il telegiornale, invadi la stanza con la tua voce e più non sento nulla e ti faccio il gesto supplicante di tacere, oh sì, io ti amo e nessun amore è così ficcante, così caldo, così odoroso; o quando nuda giri per la casa, ma nuda per davvero come un'eterna diciottenne, e vieni a servirci la colazione e i nostri figli ti guardano e sorridono, oh potessi donarti il mondo per questa tua allegria! La mia mente ritrova te, sempre; nei momenti di smarrimento sei tu che mi fai risorgere: quando ti conobbi giovane e bella e mi apparisti all'improvviso davanti al negozio di fiori, tu la rosa più splendida, ed io sentii di averti trovata, donna dei mie sogni, della mia adolescenza felice. Tu mi rimproveri perché non ti dico più spesso ti amo, ma nessuna cosa al mondo amo più di te, ed il mio è l'amore senza parole, quello che leggi negli occhi, che vibra nel corpo quando sento la tua voce, nelle mani calde quando le stringo a te. Nessuna cosa al mondo amo di più, e lo sa il vento che ci carezza sulla collina a sera e noi nel silenzio ascoltiamo l'usignolo; lo sa il bosco che ci conobbe coi nostri figli vocianti, e i grandi pini odorosi che ci aspettavano, i nostri visi all'insù, rivolti alle chiome giganti. Non potrei vivere senza di te, se mi lasciasse la memoria di ciò che sei stata e sei ancora oggi. Tu mi rimproveri perché non ti dico più spesso ti amo, ma nessuna cosa al mondo amo più di te. La mamma mi colse nella steppa, così mi hanno detto; c'era il sole e una capra mi stava mangiando. Ehilà, nacqui nella steppa e il sole mi tenne a battesimo; per questo sono bella e irrequieta e gli uomini mi corrono dietro. Ti sei innamorato di me, si vede dagli occhi che ti piaccio. Ma bada, non avvicinarti, ho gli artigli dell'aquila. Hai gli occhi lucidi e rossi, segno che sei cotto di me; posso fare di te quel che voglio, se mi va. Mi piace la vodka come agli uomini e qualche volta ho bevuto e mi girava la testa. Ehilà, guardate come ballo e come sono agile. Prendimi tu, se sei capace. Ci hanno provato già tanti, ma son rimasti a bocca asciutta. Se avessi una bicicletta nuda così me ne andrei. Gli uomini mi verrebbero dietro ed io sarei contenta. Oppure nuoterei nel lago ora che il sole è già alto e aspetterei che gli uomini si radunassero qui. Staresti affondato nell'erba a ridere
Al professor Guglielmo Lera Sotto le mura della mia città in Primavera e in Estate schiamazzano i ragazzi e le loro risate sul verde dei prati rimbalzano intorno. Li osservo dal viale e mi ricordo le grida di allora coi compagni. I turisti sciamano a frotte, l'ammirano incantati, la magica bellezza riflettono negli occhi; la sognano al Nord tra boschi di neve, la misurano ai castelli; ma queste mura che nascono dal verde così massicce e così gentili con la corona degli alberi fioriti solo qui si possono trovare e, dentro, gli uomini antichi rievocare sui selciati d'un tempo! I tetti vicini, il piccolo anfiteatro, l'orologio della Torre, il leccio dei Guinigi... È davvero bella la città e più bello ancora è sentirla nella voce, nei rumori delle notti, nel respiro delle ombre, nell'odore dei suoi anni come la sento io che l'ho qui dentro la carne, dentro il mio cuore. Oh, i portoni consunti, le logge buie dove mi nascondevo col terrore giocando, quelle corse nelle strade di sera quando l'Estate era calda e il Maggio aveva il profumo delle rose! Ogni pietra ha visto i miei passi, udito la mia voce ed ogni volta che varco le sue porte lo sento che mi accoglie contenta la città, mi riconosce ed apre quelle braccia così tenere, così dolci. I suoi rioni ricolmi di umanità di amicizie sconfinate di faide efferate di rancori mi hanno fatto uomo. Il turista non sa di Cittadella e Pelleria di Piazza e del Bastardo, di ciò che pullula nella via dei suoi terzieri. Se potesse sentire anche questo come lo sente il mio cuore oh, certo rimpiangerebbe il mio amore e di non esser cresciuto qua. Cantiamo, giriamo in tondo. Ho con me la mia ragazza e la sua mano è ben stretta nella mia. Leggo nei suoi occhi la gioia di questo giorno. Cantiamo; muovo lesto i miei passi per star dietro all'amore. Lei sì che sa ballare! La mia ragazza l'ho incontrata in un giorno di sole; voglio la tua bocca, le ho detto, i tuoi capelli e i tuoi occhi e d'allora siamo stati insieme. Cantiamo, giriamo in tondo. La giovinezza ci permette questo e altro. Sopra i campi si muovon le nostre risate e il sole di mezzodì ci tiene compagnia. Ho sempre pensato che fosse amore quello che sento per te, anche quel giorno che mi gridasti di andarmene via e la mia fantasia ti tenne stretta a me. Ti immaginavo per quella foresta, ricordi? che abbiamo sognato insieme molte volte e là ci dicevamo le parole impossibili, così dolci, così leggere, che non si trovano qui da noi e tu mi capivi ed io ti sentivo parlare nel silenzio. Su noi scendeva l'odore delle foglie bagnate e tu correvi via perché t'inseguissi. Ricordi? Non ti raggiungevo mai e tu dovevi aspettarmi sebbene fossi leggero e veloce. Pensavamo ai nostri figli, di averli non qui sulla Terra dove c'è rumore, ma lassù nel bosco, dove l'usignolo li avrebbe addormentati per noi e divenuti grandi nulla del nostro mondo quaggiù avrebbero saputo. Ho sempre pensato che fosse amore quello che sento per te, anche quando mi gridasti che ti facevo soffrire ed io sapevo ch'era solo un istante della mia debolezza. Ricordi? le volte che ci siamo amati, tenuti per mano in silenzio su quel sentiero così lontano da qui ma che solo noi possiamo trovare nel cuore. Oh, non c'è dolore che possa farti dimenticare, nulla può cambiare ciò che sarà sempre tra noi. Ricordi? Ridevi e mentre correvi ti voltavi a guardare ed io non sapevo raggiungerti sebbene fossi leggero e veloce. Quella tua allegria la porto con me ormai per sempre; sei la mia vita, gli occhi, il sorriso, l'anima mia. Lo sento qui dentro e porto il tuo volto impresso nel mio, le tue parole sulla mia bocca. Ricordi? C'è una foresta lassù dove viviamo solo noi; in ogni ora, in ogni istante siamo sempre insieme. Porto su me il dolore tutto ho fatto per lasciarlo ma il dolore resta con me ed io so cosa vuol dire. Mi son seduto sull'uscio mentre allegra venivi mentre allegra cantavi mi frustavano gli anni. Sto qui tra il ruscello e il prato tu dici che son vecchio ed è il grande dolore. Ricordo il tempo ch'ero monello, non mi lamento d'esser stato così; correva pei boschi la voce del fiume ed io vi tuffavo la mia giovinezza cantando. A piedi scalzi coglievo la rugiada nei campi, bagnavo i miei occhi nella dolcezza delle cose nuove. Lontano il battito lento dei remi misura un ritorno inquieto. Mezzanotte suona. Battente con testa d'aquila, cinta muraria e di cipressi; qualcuno m'accoglieva dalla lunga strada scendendo (Chi viene con me non ricordo ma solitudine). Cerco sotto l'acqua piovana azzurre nere barche che vedo sulle tue mani. Ti aspetto qui. Camminiamo rovesciati. Posso immaginarmi cacciatore, la vita è la mia farfalla inseguo l'ore inseguo gli anni con la stessa speranza. Posso immaginarmi fiume, l'acqua è la mia giovinezza corro sui sassi corro coi pesci da sorgente a foce. Posso immaginarmi libero uomo, a te a lui agli altri do la mano con voi esulto con voi mi riconosco nel girotondo immenso. Posso immaginarmi cielo albero e mare, un lungo corpo snodato fratello del vento dell'umile terra, dell'uomo. Oggi ho incontrato Sam, quel birbante. Voi non lo ricordate di certo; camminava col naso all'insù, e sembrava cercare qualcosa nel cielo. Oh, come mi sarebbe piaciuto vederlo sbattere contro le spalle della vecchia Nancy! Ehi Sam, gli grido, smettila di cercare lassù il tuo vecchio cane! So che le tue tasche non hanno un centesimo e il tuo stomaco suona a vuoto. Voi non lo ricordate di certo Sam, oh è proprio un peccato! Vi giuro che nemmeno l'angelo più veloce scende così in fretta dalle nuvole. Ehi Sam, gli dico, Mary è come il diavolo, non riuscirò mai ad essere io il padrone; ti sembra giusto che non possa più ubriacarmi e passare le notti da Jane? Gliel'ho detto tante volte che non c'è niente di male a fare all'amore con lei; tutti lo fanno, non è vero Sam? Gliel'ho detto che Jane mi piace di più e se mi parla non riesco a capire più niente. Ehi Sam, gli grido, non mi guardare così imbambolato e lascia stare il tuo cane! Ho qui monete per te così pesanti che le tue tasche faranno indigestione. Corri da Mary e svegliala se dorme, dille che ho deciso di fare io da padrone, che andrò ogni notte da Jane a fare all'amore e non succederà mai più che me ne stia buono buono a prenderne da lei. Dille che mi hai visto florido e allegro e ... Oh mio Dio! Sam se n'è andato senza prendere niente! Come correva! Gli ho visto luccicare gli occhi più dei miei quando penso a Jane. La casa di Mary non è molto lontana; se a Sam quel fuoco non si spegne per strada chi potrà andare più in giro? Il tronco degli alberi è nero vi penetra il sole ma il gruppo sta nell'ombra Un putto sulla fontana si pettina le donne quasi nude una s'è addormentata scopre il seno conversano Nascosto un saltimbanco sta provando Indossa un abito rosso una collana di sonagli un cappello di paglia Scendiamo la collina Ad un tratto rotolando solleviamo polvere Un mattino d'autunno andiamo con la speranza Una sera nascosti i libri tuffàti nel fieno abbiamo TRASCORRE MOLLEMENTE IL TEMPO Trascorre mollemente il tempo della mia vita ora che non ho più padroni. Per le selve cammino o in riva al fiume; le more tra i rovi o la rossa albatrella o il chicco dell'uva assaporo; e il sole che mi vide nascere e fanciullo di nuovo saluto. Ho visto il ramarro sopra un sasso, il ragno nero tra i rami e con dolcezza li ho ammirati. Mollemente trascorre il tempo della mia vita ora che non ho più padroni. Chi sei tu, leggiadro signore, che incontro al mattino sul colle? Sei la morte, io lo so, ancor giovane e bella, e forse mi studi, e ti sorprendi della mia allegria, ma è tanto dolce quassù un giorno di novembre che anche il pensiero di te mi rallegra, e quando da lungi ti scorgo il mio occhio si ravviva e guarda giù la valle; il sole la illumina e illumina te quando mi passi accanto. E tu la senti la vita che pulsa in me, oh sì la senti! e della mia gioia con tua sorpresa anche tu esulti, sorridi e mi lasci andare. Le mani sollevami sui verdi platani Prendile e guardami sempre più salire C'è riunione nella mia città brava gente con loro nel viale parleremo di Fabrizio uno cresciuto qua Gioca con esse gonfie d'acqua mi son lasciato cadere nessuno sa del freddo del vuoto Prendile molli violacee avvolgile al collo è freddo è autunno i passi nel viale furono i miei Parleremo del verde piazzale dove mi sotterrai radice Una certa inquietudine e non sai cosa fare, questo mi accade talvolta. E se è una bella giornata soprattutto d'Autunno o d'Inverno corro a San Biagio, salgo alla dolce Pieve1, cerco di quietare il tumulto, lo sguardo rivolgo alla natura soave, struggente. E se la mia anima domanda il rendiconto di ciò che avrei voluto essere e non sono diventato, il tepore del sole e la dolcezza di quelle colline placano il mio tormento. Vorrei essere semplice ma so che è impossibile; scorrere nella vita come l'acqua del fiume, avere dentro di me solo armonia. Oh, limare la mente, l'anima liberare dalla superbia dei sogni! E se il mio cuore anela il tempo andato ed io sedermi su di un sasso in cima al monte dove non c'è che il vento e la vastità dell'orizzonte, come posso, dimmi, fermare il desiderio? Vorrei essere semplice e so che è impossibile, scacciare da me il tumulto che mi spinge ad andare; fermarmi a toccare, vedere, ciò che mi passa accanto. E se in un raro istante riesco a sentirmi aria, pianta, sorgente, provo a trattenere la mente ma tutto è già passato; resta il delirio di aver sentito di aver provato e di non poter più dire: è un sogno. 1La
Pieve di Santo Stefano Un vento forte, improvviso esce da un cielo nero, s'abbatte sugli alberi. Subito scroscia una pioggia che il vento trascina, tarda a posarsi sui campi. Vedo la mia città turrita, le Mura antiche illuminarsi dentro quel buio ed io non so ritrovarmi, capire se è un sogno ciò che vedo, e se qualcuno più grande si burla di me e mi allontana e mi avvicina ai giorni del mio tempo. I miei figli nell'altra stanza sono intenti a studiare, vorrei la loro angoscia fugare, sentirli soltanto felici. E mi domando perché non esiste una vita così, e se mi conviene aver risposta ai miei pensieri, comprendere il succedersi dei giorni, l'alternarsi delle gioie e delle pene. E se è difficile, come sento, dare una ragione al mio spirito, quietarlo come si quieta il vento. Intanto vivo una giornata di tristezza, e non so perché. Quando sapremo la verità di questa vita, accadrà all'improvviso, come per un velo caduto. Rimpiangeremo di essere diventati grandi in questo modo violento, innaturale. È la società l'errore, la vita organizzata che ha bisogno di leggi, di violenza sull'uomo. Oggi desidero tanto ritrovarmi, scendere un po' per il sentiero dell'anima mia. È irripetibile la mia esistenza; prima di perderla lascia, o Signore, che la conosca, che dia un senso a questo viso e a queste mani. Poi fammi anche morire, ma senza le lacrime degli altri, soltanto le mie, disperate per questa nascita dal buio che scolpisce un'anima e pare abbandonarla. I miei ricordi più belli sono un immenso dolore. Quando verrà il mio turno di dare l'addio al mondo mi siederò in giardino come un tempo e guarderò soavemente crescere l'erba. Le cose ricorderò che sognai e non ho avuto. ME NE SONO ANDATO
Me ne sono andato lontano per qualche ora con la mente. Tu domandavi nella notte ed io non sapevo. Ho paura, amore mio di lasciarti un giorno all'improvviso senza saper più dire parole, e lasciare i miei figli tanto amati, e vagare, vagare nel nulla che non conosco, nel vuoto senza percezione e senza memoria. Ricorda allora, e ricordalo ai figli, quello che fui un tempo e le gioie che abbiamo
vissute insieme, che da qualche parte dentro di me restano per risorgere, chissà dove e quando. Sarò un'ombra, forse, in questa casa dove fui un principe, un re. |
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