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Al professor Guglielmo Lera
LUCCA

Sotto le mura
della mia città
in Primavera e in Estate
schiamazzano i ragazzi
e le loro risate
sul verde dei prati
rimbalzano intorno.
Li osservo dal viale
e mi ricordo
le grida di allora
coi compagni.
I turisti sciamano a frotte,
l’ammirano incantati,
la magica bellezza
riflettono negli occhi;
la sognano al Nord
tra boschi di neve,
la misurano ai castelli;
ma queste mura
che nascono dal verde
così massicce
e così gentili
con la corona degli alberi
fioriti
solo qui
si possono trovare
e, dentro,
gli uomini antichi
rievocare
sui selciati d’un tempo!
I tetti vicini,
il piccolo anfiteatro,
l’orologio della Torre,
il leccio dei Guinigi…
È davvero bella la città
e più bello ancora
è sentirla nella voce,
nei rumori
delle notti,
nel respiro
delle ombre,
nell’odore
dei suoi anni
come la sento io
che l’ho qui
dentro la carne,
dentro il mio cuore.
Oh, i portoni
consunti,
le logge
buie
dove mi nascondevo
col terrore
giocando,
quelle corse nelle strade
di sera
quando l’Estate era calda
e il Maggio aveva
il profumo delle rose!
Ogni pietra ha visto
i miei passi,
udito la mia voce
ed ogni volta
che varco le sue porte
lo sento che mi accoglie
contenta
la città,
mi riconosce
ed apre quelle braccia
così tenere,
così dolci.
I suoi rioni ricolmi
di umanità
di amicizie sconfinate
di faide efferate
di rancori
mi hanno fatto uomo.
Il turista non sa
di Cittadella e Pelleria
di Piazza e del Bastardo,
di ciò che pullula
nella via
dei suoi terzieri.
Se potesse sentire
anche questo
come lo sente il mio cuore
oh, certo rimpiangerebbe
il mio amore
e di non esser cresciuto
qua.

10 giugno 1988

A Raffaella
TU MI RIMPROVERI
 
Tu mi rimproveri
perché non ti dico più spesso
ti amo,
ma nessuna cosa al mondo
amo più di te.
Quando coi tuoi giochi
mi tratti da bambino
o quando ai nostri figli,
indicandomi, dici:
ecco l’orso della casa;
quando, fuggita dai tuoi,
troppo brontoloni,
vieni a sederti accanto a me
e parli della tua Inghilterra,
del Galles o della dolce Scozia
                         [selvaggia,
o quando, mentre ascolto
                  [il telegiornale,
invadi la stanza con la tua voce
e più non sento nulla
e ti faccio il gesto supplicante
di tacere,
oh sì, io ti amo
e nessun amore è così ficcante,
così caldo,
così odoroso;
o quando nuda giri per la casa,
ma nuda per davvero
come un’eterna diciottenne,
e vieni a servirci la colazione
e i nostri figli ti guardano e
                          [sorridono,
oh potessi donarti il mondo
per questa tua allegria!
La mia mente ritrova te, sempre;
nei momenti di smarrimento
sei tu che mi fai risorgere:
quando ti conobbi giovane e bella
e mi apparisti all’improvviso
davanti al negozio di fiori,
tu la rosa più splendida,
ed io sentii di averti trovata,
donna dei miei sogni,
della mia adolescenza felice.
Tu mi rimproveri
perché non ti dico più spesso
ti amo,
ma nessuna cosa al mondo
amo più di te,
ed il mio è l’amore senza parole,
quello che leggi negli occhi,
che vibra nel corpo
quando sento la tua voce,
nelle mani calde
quando le stringo a te.
Nessuna cosa al mondo
amo di più,
e lo sa il vento
che ci carezza sulla collina
a sera
e noi nel silenzio ascoltiamo
l’usignolo;
lo sa il bosco che ci conobbe
coi nostri figli vocianti,
e i grandi pini odorosi
che ci aspettavano,
i nostri visi all’insù,
rivolti alle chiome giganti.
Non potrei vivere senza di te,
se mi lasciasse la memoria
di ciò che sei stata e sei
ancora oggi.
Tu mi rimproveri
perché non ti dico più spesso
ti amo,
ma nessuna cosa al mondo
amo più di te.

13 marzo 1988

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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart