di Bartolomeo Di Monaco
Amazon, con il quale ho ripubblicato il mio breve romanzo, consente, ove si voglia correggere errori o modificare qualcosa, di inviare un nuovo file, e il riassetto si compie in un paio di giorni.
Così ho voluto dare al mio libro la foto di copertina (il mio paese di Montuolo con la neve) che consegnai all’editore Maria Pacini Fazzi quando pubblicò per la prima volta il breve romanzo. Metto il link al libro con la nuova veste.
Come ho già scritto, il libro mi ha dato molte soddisfazioni, tra le quali le lodi di 2 personaggi celebri di Lucca, Gino Arrighi e Romeo Giovannini, che vollero conoscermi. Mi fece conoscere, inoltre, nientemeno che “Giorgio Bárberi Squarotti, uno degli studiosi più autorevoli della letteratura italiana. Divenimmo amici e, in un’occasione di passaggio da Lucca, venne a trovarmi a casa mia.
Ma anche il poeta e commediografo lucchese Cesare Viviani, al quale Lucca ha intitolato una strada, volle scrivere una recensione che uscì su La Nazione in cronaca locale. Viviani non era artista da scrivere se non vi trovava qualità. Ne fui grato e riconoscente.
Ecco l’articolo:
“Mi è arrivato, graditissimo omaggio dell’autore, un libro profumato ancora di… tipografia. Un libro da pochi giorni in commercio. Vorrei parlarne, anche se l’autore ha una “penna” che sa farsi strada da sola. Il libro “Mattia e Eleonora: una storia lucchese” di Bartolomeo Di Monaco non solo coinvolge la nostra città, la nostra campagna e personaggi reali o immaginari di Lucca, ma ci propone una filosofia di vita che oggi si va perdendo e che è necessario recuperare. L’autore propone una storia autobiografica cesellata dalla fantasia, con quei sogni e con quelle immagini che sono farmaci salutari per il nostro essere. Di Monaco, con infinita, struggente poesia gusta e ci fa gustare quelle piccole cose che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi e che molte volte dimentichiamo di farne oggetto della nostra osservazione. Ed è difficile metter su una storia così senza cadere nella retorica. Di Monaco, a mio avviso c’è riuscito. E c’è riuscito bene. Il profumo dei pini a primavera, l’avvicendarsi delle stagioni, un cappotto caldo sotto una nevicata, un pomeriggio trascorso in un trattenimento paesano, un pettirosso che aspetta un po’ di becchime fuori dalla finestra di cucina, sono tutte cose che ci vengono descritte come normali, senza enfasi, senza sdolcinature, ma vengono inserite nel “quotidiano” con tutta la loro potenza di trasmettere tranquillità interiore. Mattia e Eleonora vivono queste eccezionali esperienze a Lucca, in una città che vista con i loro occhi fa veramente sognare. E il sogno si ingigantisce: c’è anche un tuffo nell’Ozzeri, c’è una barca misteriosa che sprofonda in quelle acque per arrivare nel sottosuolo dove una Lucca settecentesca si nasconde e vive ancora avvolta nel fascino e nei fasti di allora. C’è una vita a due, un menage familiare, che trova ogni giorno la carica necessaria per sopravvivere ad un mondo ostile: un mondo da tralasciare. C’è la volontà di vivere in un mondo fatto di tante piccole cose meravigliose: un mondo da sorseggiare, da centellinare come si fa con il buon vino. È un libro che, stranamente, esce ora per Pasqua, anche se l’ultimo sogno pone questo libro sul ramo più alto d’un albero di Natale. Un gran bel dono per i figli e per i nipotini di Eleonora e di Mattia. Ma c’è nelle ultime pagine una frase che raccoglie interamente il senso del libro. Di Monaco scrive che Mattia capisce come e quanto la sua anima abbia bisogno di semplicità. Una cosa che fa pensare e meditare.
Questa semplicità che può riempire l’anima non rappresenta solo una necessità del personaggio o dell’autore. E un patrimonio comune che Mattia e Eleonora in questa storia lucchese propongono a tutti noi, così distratti da un mondo che vorrebbe impedirci perfino di sognare nel giardino sotto un pino odoroso di resine aromatiche.”.