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STORIA: Nel tempo di… Berta di Lotaringia, Contessa di Arles, Marchesa di Toscana (1)

16 Gennaio 2010

di Vincenzo Moneta    

A Lucca     una discendente di Carlo Magno
e i suoi rapporti con l’Impero Franco ed il papato,  
 l’impero Bizantino ed il Califfo di Baghdad

Dedicato a coloro che non si arrendono …
 
Lodiamo ora gli uomini famosi e i padri nostri che ci hanno generato…
Alcuni ve ne sono che hanno lasciato un nome dietro di sé, per cui
se ne possono tramandare le lodi.
E altri ve ne sono che non hanno lasciato un ricordo; che sono morti
come se non fossero mai esistiti; e sono divenuti come se non
fossero mai nati; e non avessero lasciato figli dietro di sé.
Ma essi erano uomini pietosi, la cui rettitudine non è stata dimenticata.
Attraverso la loro progenie costituiranno per sempre una buona eredità,
e i loro figli sono dentro il Patto.  
La loro progenie resiste fermamente, e i loro figli, per causa loro.  
La loro progenie resterà per sempre, e la loro gloria non sarà cancellata.
I loro corpi sono sepolti in pace; ma il loro nome vive per sempre.

Ecclesiastico, XLIV[1]  
 

Introduzione dell’autore  

 L’interesse per questo personaggio storico è germinato in seguito alla “scoperta” della lapide con l’epitaffio di Berta di Toscana nella cattedrale di S. Martino in Lucca.
Una grande lapide nella cattedrale di questa città dedicata alla memoria di una donna.  

La storia lucchese ci presenta figure di donne che hanno assunto, anche nel presente, una fisionomia ed un carattere che le toglie dal mito del passato per farne personaggi reali; presenze inquiete, misteriose e tragiche che si aggirano intorno a noi. Berta, Berta di Toscana chi era questa donna?    

La curiosità, stimolata dalle parole scolpite, mi ha spinto a cercare di comprendere i motivi e i termini di quella grandezza che traspare dall’epitaffio: l’universo di allora che piange la sua morte…  

“Fu famosa questa donna forte e salda colonna,…  
Con saggezza di pareri guidava molti governamenti, e sempre la grazia grande di Dio era al suo fianco…  
…virtù, gloria e luce dell’intera patria.  

…La sua morte rattrista molti. Oh dolore! Ahi Ahi! Piange il popolo d’Oriente e quello d’Occidente. Ora geme l’Europa, ora piange l’intera Francia, la Corsica, la Sardegna, la Grecia e l’Italia.

Ho cercato di raccogliere notizie su Berta e su tutto quanto faceva parte del suo “mondo”, dei suoi rapporti, dei suoi interessi, per cercare di capirne la personalità, la sua azione politica, il suo modo di essere donna… madre…   moglie…

Quali ambizioni la muovevano?  

Che ruolo ebbe nel “mondo” di allora?: Quale influenza esercitò nella città di Lucca dove visse per circa trenta anni? E nelle altre città? Con i signori con quali intesseva rapporti? Quali erano i veri luoghi di potere?
Che importanza poteva rappresentare la piccolissima città di Lucca rispetto alle grandi città come: Roma, Aquisgrana, Bisanzio, Baghdad, Cordoba?  

Quale influenza esercitò Berta su Roma? Quale potere ebbe nell’elezione dei papi?  

Che ruolo poteva avere Berta in quel mondo politico economico fatto di false alleanze,voltafaccia improvvisi , intrighi, terribili torture, e delitti?  

E questo mondo quanto veniva influenzato dalle forti passioni dei sentimenti umani?  
Fratelli contro fratelli, genitori contro figli, figli contro genitori.
Chi mi poteva raccontare la sua storia? Da quali fonti potevo dedurre la sua personalità?  

Quanto saranno stati influenzati da sentimenti di parte, i racconti del grande cronista di allora, Liutprando da Cremona?  

Cosa è rimasto di Berta a Lucca?  

Una grande lapide dedicata a lei, un’altra lapide dedicata alla sorella Ermengarda, i libri che ci descrivono i suoi rapporti con l’oriente…  

 Delle sue residenze, dei suoi palazzi, che si trovavano in quello che fino a non molto tempo fa era chiamato Prato del Marchese (nei pressi di Porta S.Donato), a Vivinaia (l’attuale Montecarlo), a Marlia, non resta più nulla di visibile. Solo le fondamenta racchiuse nella terra testimoniano l’esistenza di quella corte splendida e ricca, dove venivano ospitati imperatori e papi, che provocò l’invidia dell’imperatore Ludovico III.  

Oltre la lapide la sua storia si dischiude nei libri delle nostre biblioteche, da dove veniamo a conoscere i suoi rapporti con l’oriente, la favolosa Baghdad…  

E così scriveva al califfo:  
Io Berta regina di tutti i Franchi…
Dalla sua straordinaria e frenetica attività nella vita pubblica traspare uno spirito di realismo spregiudicato, non comune nemmeno nel clima politico del suo tempo, pure intessuto d’intrighi sottili, di macchinazioni tenebrose e di voltafaccia improvvisi.  

La storia, la nostra storia, la storia della città di Lucca.  

Ho provato a scavare in un terreno non sempre praticabile per la scarsezza di documentazioni, alla riscoperta delle consuetudini e delle problematiche che caratterizzavano la vita della nostra città-stato intorno all’anno mille.  

Il mondo di oggi è poi così diverso? Il potere è sempre più forte dell’amore?  

Interrogativi propri della storia umana di sempre: la cultura del nemico, la voglia di uccidere, la cultura della sopraffazione e del predominio…  

Tutto questo richiama un tema che cerco di proporre in ogni mio lavoro:  

“L’uomo ed i suoi problemi in una dimensione spazio-temporale di volta in volta diversa.”  

Dalla storia emergono quei contrasti e quei problemi che fanno parte della vita umana, in ogni epoca, sotto ogni cielo e latitudine.  

 Quanto la conquista del potere esercita il suo fascino, quanto essa incide e modifica la realtà interiore, patrimonio di ognuno?  

Forse la verità non è un valore assoluto, oggettivo, uguale per tutti, ma un “metro” in base al quale ogni individuo definisce la propria scala dei valori, che automaticamente viene ad essere vista come propria dalla società in cui vive, in ogni luogo e periodo storico. E’ il potere ad essere messo all’apice della scala, fatto arbitrariamente sinonimo di onnipotenza e quindi, per estensione di immortalità.  

Questo porta a vivere in un tutt’uno il sacro e il profano, in un’intensità forte e tragica, quasi ad appagamento delle aspirazioni più estreme.  

 Si richiama l’esistenza di “legami di sangue”, ma quali legami? Legami di corpi non di anime.  

L’”io” sempre solo alla ricerca dei suoi perché, l’”io” che deve combattere e distruggere ed uccidere come se dalle energie necessarie alla distruzione rinascesse una nuova vita.  

L’”io” ricerca una vita diversa idealizzata in luoghi reali o fantastici, di certo interiormente reali, per sfuggire alla morte. L’eredità del potere trasmesso ai figli, attraverso la conquista – e quindi la distruzione – di persone e di popoli, è un modo per concretizzare questa ricerca. La pretesa di governare, l’alternarsi di vita e di morte.  

Proporre una visione ulteriore, arricchita, laddove possibile, di notizie e di documenti, con il risultato finale di ripercorrere le tappe fondamentali della storia lucchese nel suo periodo meno esplorato, cercando di individuare e valorizzare momenti poco conosciuti è stato il filo lungo il quale si è dipanato il mio interesse che, si è così focalizzato su temi e personaggi che pur nel rispetto della loro collocazione temporale, possono mostrarci squarci del passato.  

Uomini, donne, vicende storiche ci portano a conoscere le nostre radici, nutrimento di un mondo e di una mentalità che oggi troppo semplicisticamente si usa intendere “dentro le mura”: chiusi alla realtà e ripiegati su se stessi.  

Compare il volto del lucchese, di cui si devono leggere i silenzi più che le parole, più che i gesti; un volto lucchese che, oggi come allora, è silenziosamente presente – attento – a quanto avviene intorno a lui, in uno spazio fisico e di idee che contiene le possibilità e i limiti che ogni uomo di questo nostro pianeta può percorrere.  


[1] E. Power – Vita nel Medioevo –pag. 3, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1966.


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5 Comments

  1. Commento by Carlo Capone — 16 Gennaio 2010 @ 14:25

    Trovo   molto interessante questo frammento anche se credo vada accompagnato da una   breve scheda   del periodo storico  di  Berta di Toscana,    nel titolo   nominata come Berta di Lotaringia. Quest’ultima notazione rimanda tuttavia a  un regno  ben più vasto della Toscana.
    La Lotaringia fu una  delle tre parti in cui venne diviso l’Impero alla morte di Carlo Magno e toccò al primogenito,  Lotario  . Includeva  l’Italia, la Svizzera, la Borgogna, la fetta occidentale dell’odierna  Germania e l’Olanda,    secondo una fascia di territorio che va da Roma   al Mare del Nord,   abitata da popoli tra lorodiversi.   Questa disomogeneità fece sì che il Regno prendesse il nome del suo Re, cui toccò anche la dignità imperiale. In effetti Lotario lo suddivise in marchesati e contee, secondo l’uso feudale, da qui l’attribuzione della Toscana, devo presumere, alla consanguinea Berta.   Il periodo   storico    è intricatissimo, avaro di testimonianze scritte  ma ricco di intrighi al vertice e capovolgimenti politici.  Mi  ha stupito che in una dichiarazione pubblica la donna si definisse Regina di tutti i Franchi. La Francia fu infatti appannaggio di un fratello di Lotario, perchè allora Berta ricorse  a simile appellativo?  in mancanza di riscontri,    devo  presumere  o che si riferisse ai popoli occidentali dell’Europa, l’odierna Francia, appunto, oppure che per Franchi intendesse l’eredità complessiva, ed europea,  di Carlo Magno. Qualcosa insomma di più grande e complesso. In ogni caso, perchè si proclamava regina di tutti i  Franchi? l’autore dell’articolo potrebbe venirci in aiuto.

    Carlo Capone

  2. Commento by Vincenzo Moneta — 16 Gennaio 2010 @ 18:12

    Indubbiamente   si riferiva  all’eredità  complessiva, ed europea, di Carlo Magno in quanto si definiva “Regina di tutti  Franchi” in una lettera inviata al Califfo di Bagdad Al-Muktafì.

    Era l’anno 905 del calendario cristiano, e anno 293 dell’Egira, Berta di Toscana scrisse al califfo di Baghdad al-Muktafì[1] – Principe dei credenti [2]-una lettera su seta bianca inviata   per mezzo di un eunuco che   con le sue navi, dall’Africa Settentrionale, si era spinto in azioni di pirateria sulle coste Toscane, ed era stato fatto prigioniero.

    Dignità e regalità si fondono in questa presentazione, senza perdersi per il fatto che ciò che essa dice non è del tutto vero.

    Berta si comportò da regina, e infatti sangue imperiale scorreva nelle sue vene.
    [1]Il 17 ° califfo abbaside, che regnò dal 902 al 908.

    – G. Levi Della Vida –La corrispondenza di Berta di Toscana con califfo Muktafi pag. 24,   in Rivista Storica Italiana, LXVI (1954), pag. 22. fasc. 1.

    [2] Ệ il predicato (amîr al-mu’minîn) spettante al califfo in quanto è considerato capo temporale e religioso di tutti imusulmani.

    -G. Levi Della Vida –La corrispondenza di Berta di Toscana con califfo Muktafi pag. 24,   in Rivista Storica Italiana, LXVI (1954), pag. 29.

  3. Commento by Vincenzo Moneta — 16 Gennaio 2010 @ 18:19

    Nella sua lettera sentiva di aver assunto un’eredità che le veniva dal suo avo Carlo Magno ed i suoi scambi con il califfo Harun-el-Raschid (quello delle “Mille e una notte”)
    Scambi di doni fra Carlo Magno ed il Califfo di Baghdad Harun-el-Raschid

    A cominciare dal 797 vi furono ripetute e lunghe ambascerie tra l’imperatore cristiano e quello musulmano, che i cronisti franchi chiamavano “Aaron rex Persarum”. Personaggi di rilievo si mossero di continuo tra Aquisgrana e la lontana reggia del   califfato d’Oriente.

    Celebre fu quanto seguì all’ambasciata del 797, quando Carlo Magno chiese addirittura al califfo, Harun-el-Raschid, un elefante per i giardini del palazzo imperiale di Aquisgrana.

    La delegazione era formata oltre che da laici   anche da ecclesiastici, incaricati di deviare su Gerusalemme per chiedere reliquie al Patriarca.

    Nell’ 801, mentre Carlo, di ritorno dall’incoronazione a Roma, s’avviava verso il Gran San Bernardo, giunto a Pavia, ebbe la notizia che al Porto Pisano erano sbarcati ambasciatori della corte di Baghdad.

     Inviò una delegazione ad accoglierli e diede udienza, tra Vercelli e Ivrea, ai due ambasciatori arabi.

    Questi riferirono la loro ambasceria   annunziando che l’ebreo Isacco, già partito nel 797 come interprete, era al Cairo con l’elefante e molti doni del califfo, ma non sapeva come fare ad   attraversare   il mare.

     Provvide Carlo Magno, che fece allestire navi a Genova per andare ad imbarcare ad Alessandria ebreo ed elefante.

    Nell’ottobre seguente il pachiderma sbarcò in Lunigiana a Porto Venere; svernò a Vercelli, e, finalmente, il 20 luglio 802 Carlo Magno poté ammirare ad Aquisgrana l’elefante Abous-Abbas e gli altri favolosi doni   provenienti da Baghdad .

    Nell’807 un’altra ambasciata del califfo portò da Baghdad ricchi doni, fra cui   tessuti preziosi, aromi e unguenti orientali, un orologio, candelabri, una tenda, insomma “tutte le ricchezze d’Oriente”, concludono abbagliati i cronisti occidentali. Senza dubbio i due imperi erano abbastanza lontani da non doversi temere l’un l’altro, e conveniva loro mantenere buone relazioni formali, non foss’altro per tenere in allarme il comune nemico, l’impero di Bisanzio.

    Il califfo di Baghdad e l”amicizia” con Carlo Magno

    Le ambascerie
    797 – Invio di un’ambasceria franca a Raqqa

    802 –   Una delegazione islamica ad Aquisgrana

    802 – Una delegazione di Carlo (divenuto “sacro romano imperatore da due anni”) a Raqqa

    805 – Una delegazione di Harun ad Aquisgrana

    807 – Ultima ambasceria di Carlo Magno a Raqqa

    Le chiavi del Santo Sepolcro di Gerusalemme

    Fra i doni di Harun a Carlo Magno vi furono le chiavi del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Cioè la concessione di una sorta di protettorato simbolico sul più venerato e sacro luogo della cristianità.

    Divenire “custode” del Santo Sepolcro equivaleva ad essere insignito di una qualifica della quale non aveva potuto fregiarsi prima di allora nessun re cristiano, trovandosi la Palestina sotto il protettorato dei Califfi.

    La custodia del Santo Sepolcro non consisteva nel semplice diritto di vegliare sul santuario eretto in corrispondenza della tomba di Gesù, ma sottintendeva un coinvolgimento diretto del re cristiano nella gestione delle chiese, dei conventi e degli asili esistenti nella circostante zona di Gerusalemme.

  4. Commento by Vincenzo Moneta — 16 Gennaio 2010 @ 18:23

    Il periodo di “Berta
    Il Regno Italico indipendente
    [1]

     

    Con la morte di Carlo il Grosso (888) ebbe inizio il periodo del cosiddetto “Regno italico indipendente”, che durerà fino al 962, anno in cui il potere verrà assuntodefinitivamente da Ottone I il Grande, capostipite della dinastia di Sassonia.

    Già dall’843 l’impero carolingio, a seguito e per effetto del trattato di Verdun, era stato diviso in tre parti, la franca, la germanica e l’italica.

    Il Regno Italico, all’inizio attribuito a Lotario I di Lotaringia[2] , che già vi regnava; poi, nell’887, i signori italiani (tali di nome, poiché di fatto erano quasi esclusivamente di sangue germanico) lo offrirono a Berengario I, marchese del Friuli, franco, uno dei più potenti feudatari della penisola.

                          Berengario passerà tutta la vita in armi, a difendere il suo trono da rivali più o meno fortunati od oscuri. Del resto, non è soltanto la corona italica ad accendere le bramosie e a sollecitare l’orgoglio e l’ambizione dei signori: c’è anche la corona imperiale, poiché l’Impero, pur ridotto in sostanza ad una mera espressione, conserva ancora il formidabile fascino che promana dalla tradizione romana. Già dal tempo dei carolingi, il principe al quale era riconosciuto il regno italico, era anche il designato alla corona imperiale: e chi deteneva il primo si riteneva automaticamente in diritto di pretendere la seconda.

    Ma soltanto più tardi, conla sottomissione feudale di Berengario II a Ottone I di Sassonia (952), il Regno Italico, esclusa la breve parentesi di Arduino d’Ivrea (1002-1004), divenne organicamente dominio personale dell’imperatore, il quale ne assunse la corona e ne esercitò, almeno nominalmente, i diritti sovrani.

    Seguire le vicende che in questo periodo travagliarono e insanguinarono l’Italia, è difficile; esse furono, comunque, determinate dalla lotta tra poche e grandi famiglie feudali, che si contesero il potere o soltanto parte di esso, attraverso guerre, tradimenti, rovesciamenti d’alleanze, delitti.

    Anche il soglio di Pietro fu conteso, pugnale alla mano, dalle grandi famiglie romane, dai feudatari dell’impero, dai re italici. Papi o simulacri di papi, si susseguirono l’un l’altro, qualcuno regnando soltanto per due o tre settimane: vennero travolti, deposti, imprigionati, talora “scomparvero” in qualche buio carcere.

    All’interno del regno molti furono i feudi e numerosissimi i possedimenti di monasteri e chiese. Fra i primi, la Marca d’Ivrea, la Marca del Friuli, la Marca di Toscana e il Ducato di Spoleto; la Lombardia, con capitale Pavia, era il centro del regno, il quale risultava tagliato in due dal Patrimonio di San Pietro, che comprendeva tutti i territori che gli imperatori avevano concesso o riconosciuto alla Chiesa.

    Ma da nessuno dei protagonisti di tutte queste lotte emersero delle vere capacità politiche. Ben altro spessore mostrarono, invece, in Italia alcune figure femminili: Berta, marchesa di Toscana; Ermengarda, marchesa d’Ivrea; la patrizia romana Marozia; l’imperatrice Ageltrude di Benevento e l’imperatrice Adelaide di Borgogna[3], donne che lasciano nella storia del loro tempo una traccia duratura[4], accomunate da un carattere e da un fascino che non ha riscontro negli uomini[5].

    [1] P. Brezzi. STORIA D’ITALIA –Dalla civiltà latina alla nostra repubblica, vol. III, pag. 36, Dall’Italia feudale a Federico II di Svevia- (800/1250),Istituto Geografico De Agostini , Novara, 1980.

    [2] Lotaringia: corrispondente all’incirca all’attuale Lorena, regione della Francia orientale. Il nome, che deriva dal latino barbaro Lotharingia (retaggio di Lotario), entrò in uso dopo la morte dell’imperatore Lotario I (855), quando passò al figlio Lotario II. Morto anche quest’ultimo nell’869, fu divisa fra Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico. Alla fine del IX secolo, Arnolfo di Carinzia, divenuto re, ne fece un ducato.

    -L. Giomi, Berta e Marozia –due donne mille anni fa, pag. 283, Paleani Editrice, Roma, 1983.  

    [3] A Bisanzio un secolo prima, nel 797, una donna aveva assunto la massima carica dell’impero. L’imperatrice Irene, reggente in nome del figlio Costantino VI, dopo averlo fatto accecare, assunse personalmente il titolo di basileus, mai portato prima da una donna.

    [4] L. Giomi, Berta e Marozia – due donne mille anni fa, Paleani Editrice, Roma 1983.

    [5] M.Milani, Storia d’Italia a puntate, n. ° 5, Feudalesimo l’età dell’anarchia, pagg. 73 –78 . Sta in STORIA Illustrata,   A. Mondadori Editore,   n. 246, maggio 1978.

  5. Commento by Vincenzo Moneta — 16 Gennaio 2010 @ 19:23

    Discendenza di Berta: Carlo Magno+814         Ludovico il Pio+840         LotarioI+855
    Lotario II869 – Berta+ 925  (dal primo matrimonio di Lotario II con Waldrada)

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