[da: “Enciclopedia dei fumetti”, a cura di Gaetano Strazzulla, Sansoni, 1970]  

L’AUTORE  

COPI (Raùl Damonte Taborda) – Nato a Buenos Aires il 20 novembre 1939, da genitori di ori ­gine italiana. Fino all’età di otto anni ha vissuto in Argentina, poi ha seguito la famiglia in Bra ­sile e Uruguay. Iniziò giovanissimo a disegnare e le sue prime tavole apparvero sulla rivista Tia Vicenta, portabandiera argentino dell’umo ­rismo dell’assurdo. A ventidue anni è venuto in Europa, stabilendosi a Parigi. Per qualche tempo ha vissuto vendendo disegni, collages e « mac ­chie di colore » ai clienti seduti ai tavolini dei caffè.
In Francia, per la prima volta, pubblicò sulla rivista Twenty, che ebbe una vita molto breve. Poi collaborò a Bizarre, per passare successi ­vamente al Nouvel Observateur. Sulle pagine di questo giornale nacque, quasi per caso, il per ­sonaggio fisso delle sue tavole: una donna con uno sproporzionato naso, eternamente seduta su una sedia troppo piccola per la sua robusta mole (solo all’inizio essa è apparsa in piedi o accovacciata dentro una vasca da bagno). Schizzata con pochi essenziali tratti, la donna di Copi dialoga con incredibili comprimarii polli, lumache, tartarughe, leoni, elefanti ecc. Questi assurdi e paradossali colloqui, venati di ironia e spesso inframezzati da lunghi silenzi, evidentemente vogliono indicare la difficoltà esi ­stente nel mondo d’oggi di comunicare attra ­verso la parola. La sua donna, come osserva Oreste Del Buono, « è certo di questi giorni, un personaggio sconfitto e aggressivo, ricono ­scibilissimo e apertissimo a ogni mutazione ». Nonostante la sua apparente immobilità, questa donna inchiodata alla sedia è un personaggio vario e mutevole, raffigurazione emblematica di un’umanità vittima e carnefice a un tempo. Ora appare violenta e minacciosa, capace di ogni tipo di cattiveria; ora si mostra malinconica e umiliata, una creatura fragile come un passe ­rotto.
Oltre agli animali (tra i quali fa spicco un uc ­cello indefinibile, probabilmente un pollo, che ha due grandi ambizioni da soddisfare: sedersi anche lui ed essere scambiato per un pavone), nelle tavole appare spesso una minuscola bam ­bina, la figlia della donna seduta. Il rapporto tra madre e figlia conferma quale sia la par ­ticolare visione della vita di Copi: ogni essere umano vive chiuso nel proprio egoismo e fa della propria solitudine la sua arma di difesa e di offesa al tempo stesso. La bambina, maltrat ­tata e schiaffeggiata senza ragione dalla ma ­dre, talvolta si prende la sua rivincita deriden ­dola con disprezzo e facendola cadere dalla sedia.
Nel 1968, Copi, accortosi che la sua donna era troppo sola, l’ha raddoppiata, le ha dato un antagonista, o forse solo uno specchio in cui riflettersi, un « alter ego » commovente e malinco ­nico, suo complice aggressivo e suo rivale ge ­loso.
La concezione della vita che Copi ci trasmette si è fatta così più amara e atroce. Affermata l’impossibilità di un dialogo, Copi è passato al monologo, rifiutando ogni tentativo di ricercare una qualsivoglia felicità. E alla donna delle sue tavole non è rimasta altro che la sicurezza di una sedia.
Per Copi il linguaggio del fumetto è un linguag ­gio teatrale. Del resto il teatro è stato il suo primo grande amore. E lui stesso ce lo con ­ferma: « lo non ho mai studiato pittura, né fre ­quentato scuole o istituti artistici. Certo, da bambino disegnavo, tutti i bambini disegnano. Ma quel che mi ha sempre interessato è il tea ­tro… ». E le sue tavole sono teatro disegnato: si veda, per esempio, l’importanza che, nel con ­testo della pièce disegnata, vengono ad assu ­mere le pause che corrono tra una battuta e l’altra della protagonista e del suo deuterago-nista di turno. Personaggi e comprimari recitano nelle tavole di Copi un’interminabile commedia umana amaramente ironica.

(Seguono nel testo alcune tavole esemplificative dello stile originalissimo di Copi)

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