ARTE: I MAESTRI: Astrattismo: Malinconia dei puri28 Giugno 2010 di Dino Buzzati Moltissimi anni fa, nell’Eu ropa settentrionale, alcuni uomini desiderosi di purezza si ritirarono in un deserto, ivi edificando una loro piccola città col solo uso di aste metalliche. E siccome in quella contrada non c’era né sole né pioggia, né nuvole né vento, né giorno né notte, le case erano ridotte proprio all’essenziale e in certi casi non si sarebbe neppure capito che erano case se non ci fossero stati gli uomini dentro. Più tardi, entusiasmati da quell’esempio, anche in Italia un gruppetto di uomini assetati di purezza si ritirarono in un similare deserto, costruen dovi una loro piccolissima cit tà che assomigliava a quella del nord però con sue carat teristiche personali. Ciò avveniva in Lombardia più di trent’anni fa. Sono tornato in questi gior ni a visitarla. Alcune abita zioni sono deserte in seguito alla morte degli eremiti che le costruirono. Altre sono ancora abitate, e qua e là si vedono anzi dei volonterosi asceti che stanno edificando case nuove. Ma, benché i pochi residenti siano tutte persone adorabili per bontà e dolcezza d’animo, ho avuto una sensazione di tristezza. Sì, tutto è puro, re golato da una disinteressata intelligenza nell’ordine delle divine geometrie, l’aria ha la trasparenza del cristallo, i co lori sono nitidi e fermi, la lu ce è riposante e uniformemen te diffusa. Però non ci sono boschi né giardini, non si odo no canzoni né pianti di bam bino, la cittadella è immota e silenziosa. Se non si scorges sero qua e là i pochi anaco reti, la si crederebbe una cit tadella morta. Questa è l’impressione avuta alla mostra «Aspetti del pri mo astrattismo italiano 1930-1940 » allestita alla Galleria civica d’arte moderna, in via Camperio, a Monza. La parola « aspetti » intende signifi care che la mostra non ha pre tese di completezza ma vuoi far conoscere, o ricordare, sol tanto alcuni importanti episo di del fenomeno. Nel catalogo, con introduzione di Luciano Caramel, le opere sono divise in quattro gruppi : « I rapporti con le nuove metodologie e le nuove tecniche » (Manlio Rho e Luigi Veronesi); «I rapporti con l’architettura » (Mario Ra dice) ; « La scultura » (Lucio Fontana, Aldo Galli, Fausto Melotti, Bruno Munari); altri rappresentanti del primo astrattismo italiano (Carla Ba diali, Oreste Bogliardi, Gino Ghiringhelli, Osvaldo Licini, Alberto Magnelli, Mauro Reg giani e Atanasio Soldati) pre senti con poche opere. Siamo tra i celebranti più austeri e nello stesso tempo ambiziosi dell’arte moderna. L’astrattismo, come si sa, è bifronte, cioè ha avuto due grandi porte, spalancate in opposte direzioni. Mentre da una parte l’impressionismo, portato alle estreme conseguenze, sfociava nell’informa le, agli antipodi avanzavano coloro che intravedevano la possibilità di toccare addirittura il sublime con le scarne sirene della geometria. Ecco Kandinsky, Malevic, Tatlin, Mondrian, Vantongerloo, Van Doesburg, per non citare che i più famosi; ecco la Bauhaus, il suprematismo, il costrutti vismo, il neoplasticismo e così via. In quello stesso periodo â— secondo e terzo decennio del secolo â— l’Italia aveva il futurismo. Ma non si può dire che i nostri primi astrattisti geometrici degli anni trenta siano venuti di là. La deriva zione dai modelli stranieri è fin troppo evidente. Ciò non significa che tutto si sia limita to a un patetico caso di pro vincialismo. Anche chi è in sensibile a questo genere di arte riconosce la presenza di alcuni considerevoli talenti e, come scrive il dottor Luigi Pavia, assessore all’Istruzione, l’attualità della problematica a cui le loro opere si ispirano soprattutto per quegli aspetti di relazione tra le varie arti, pittura, scultura, architettura, che la mostra intende sotto lineare ». Il panorama che ci viene ora offerto è quindi interes sante ma complessivamente sparuto e malinconico. Rea lizzare la poesia, anzi la mas sima poesia per mezzo di geo metrie pure è stato, ed è, un assunto meraviglioso; ma pro babilmente esagerato, a giudi care dal fatto che nessuno (secondo me nemmeno i cele berrimi maestri stranieri so pra citati) ci è finora riuscito. Si ha insomma la sensa zione di uno sforzo appassio nato, talora anche geniale, ma approdato a una spiaggia nu da e deserta; quindi di soli tudine, e di amarezza. Nella grande sala sotterra nea della galleria civica, dove si nota infatti un barlume di vita? Là dove è meno peren toria la soggezione all’ascetismo geometrico. Per esempio nella bella composizione prima di Gino Ghiringhelli e nel grafito nero e bianco di Lucio Fontana. Intanto, nel mezzo della galleria, ruotando lenta mente ai minimi spostamenti d’aria provocati dal passaggio dei visitatori, alcune « macchi ne inutili » di Munari evocano lontani ricordi. Letto 2706 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||