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CINEMA: I film visti da Franco Pecori

28 Maggio 2011

[Franco Pecori dal 1969 ha esercitato la critica cinematografica – per Filmcritica, Bianco & Nero, La Rivista del Cinematografo e per il Paese Sera. È autore, tra l’altro, di due monografie, Federico Fellini e Vittorio De Sica (La Nuova Italia, 1974 e 1980). Nel 1975, ha presentato alla Mostra di Venezia la Personale di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet; e alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, con Maurizio Grande, una ricerca su Neorealismo: istituzioni e procedimenti (cfr. Lino Miccichè, Il Neorealismo cinematografico italiano, Marsilio). Dal 2002, ha tenuto per 4 anni, sul Televideo Rai, la rubrica settimanale Film visti da Franco Pecori. Noto anche come poeta, Pecori può vantare la stima di Franco Fortini]

The Housemaid

Hanyo
Im Sang-soo, 2010
Fotografia Lee Hyung-deok
Jeon Do-Youn, Lee Jung-jae, Youn Yuh-jung, Seo Woo, Park Ji-young, Ahn Seo-hyun, Hwang Jung-min.
Cannes 2010, concorso.

Il coreano Im (La moglie dell’avvocato, 2003) riprende una trilogia di Kim Ki-young che negli anni ’60 ha avuto non poca influenza nella cinematografia del suo Paese. Rispetto all’originale, la situazione è però vista secondo un’ottica inversa, questa volta dalla parte della servitù. In casa del ricco Honn (Lee), la vecchia cameriera Byung-shik (Youn), pur fedele negli anni alla famiglia, si rende conto della vita “di merda†che è costretta a fare e trasmette questa sua sensazione/convinzione alla nuova arrivata, la giovane Euny (Jeon), specie quando scopre che questa si è lasciata intrappolare sessualmente dal padrone proprio mentre la moglie di lui è in attesa di partorire due gemelli. La sostanza del racconto è melodrammatica, ma lo stile elegante della regia trasforma il contenuto fino a esaltare il rapporto tra pulsioni egoistiche e ritualità del potere. La bravissima protagonista, già premiata a Cannes nel 2007 per Secret Sunshine di Lee Chang-dong, gestisce bene l’ambiguità del ruolo, combinando l’attrazione erotica con la sofferenza per la subalternità sociale e per la gravidanza “disdicevole†che la porterà a risolvere in modo estremo – anche spettacolarmente – il proprio destino. Forse l’intento critico del regista verso un certo assetto della società resta “intrappolato†nel rigore della raffinatezza espressiva, ma certo il livello estetico del film non ha flessioni rilevanti e anche la soluzione finale, che non raccontiamo, sconfinante quasi nel genere horror, è mantenuta comunque nei limiti di una “rispettabilità†formale omogenea al background.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart