Cinema: I film visti da Franco Pecori22 Novembre 2008 [Franco Pecori dal 1969 ha esercitato la critica cinematografica – per Filmcritica, Bianco & Nero, La Rivista del Cinematografo e per il Paese Sera.  È autore, tra l’altro, di due monografie, Federico Fellini e Vittorio De Sica (La Nuova Italia, 1974 e 1980). Nel 1975, ha presentato alla Mostra di Venezia la Personale di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet; e alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, con Maurizio Grande, una ricerca su Neorealismo: istituzioni e procedimenti (cfr. Lino Miccichè, Il Neorealismo cinematografico italiano, Marsilio). Dal 2002, ha tenuto per 4 anni, sul Televideo Rai, la rubrica settimanale Film visti da Franco Pecori. Noto anche come poeta, Pecori può vantare la stima di Franco Fortini.] Nessuna veritÃBody of Lies Una verità c’è, ma non ha la maiuscola. Ed è che, allo stato delle cose, è inutile cercare la Verità sul principale conflitto nel mondo, tra America/Occidente e Islam. Il duello, non sappiamo se mortale davvero, è in corso e ciascuno dei duellanti usa le armi che ha, l’uno in nome della Democrazia, l’altro in nome di Allah. Su questa complessa e scomoda  ovvietà , Scott,  il quale  di “duellanti” se ne intende  (I duellanti ha aperto nel 1977  la sua carriera di grandi successi), costruisce, a partire dal libro di David Ignatius, un thriller d’azione dominato dal senso progressivamente  ambiguo della filosofia sottostante. La Cia (Hoffman/Crowe) controlla a distanza il comportamento dell’agente Ferris (Di Caprio), inviato in Giordania  per stanare  un pericoloso esponente di Al Qaeda. E passo dopo passo, constata quanto le “leggi” del terrorismo  possano essere  “misteriose”, coinvolgenti oltre che spietate.  Ancora di più se ne accorge Ferris. Mentre Hoffman conduce il gioco via satellite, è l’agente sul campo a  verificare col proprio corpo  la tremenda consistenza dell’intreccio globale. E man mano ci accorgiamo che  un “duello” si  delinea anche all’interno della Cia. Non siamo ai livelli di Alien o di Blade Runner, ma Scott non perde il ritmo.  Nonostante si lasci  “distrarre” da una  curva narrativa non necessaria (la storia quasi d’amore tra Ferris e l’infermiera Aisha/Farahani), le scene “movimentate” non mancano e, soprattutto, non perdono mai il loro valore strutturale, non  degradano a  vuota attrazione. Ben si coniuga con lo stile complessivo della regia la prova degli attori. Crowe appare concentrato nella caratterizzazione del personaggio (ha dovuto anche  crescere di peso in misura notevole), Di Caprio è bravo nel contenere la sofferenza fisica (tortura compresa) nei giusti  limiti, come vuole il suo ruolo di eroe-antieroe. GalantuominiGalantuomini Ancora il Salento, la terra di Winspeare. Il regista di Sangue vivo (2000) ci torna dopo la parentesi de Il miracolo (2003). I materiali profilmici sono abbastanza schematici:  il  traffico della  droga, l’amore, le auto, lo scontro tra bande per il controllo del territorio. Ma c’è qualcosa di nuovo. Intanto, Lecce, che non è teatro usuale. E il ruolo di protagonista alla donna, non per il versante sentimentale, che pure è importantissimo nell’economia del racconto, quanto per la funzione di capobanda. La scelta di Donatella Finocchiaro si rivela perfetta. Anna (Finocchiaro) non è nata in un ambiente di malavita. All’inizio del film, un flash ce la mostra bambina che gioca insieme ad altri bambini in un paesaggio “antico”, primi anni Sessanta. Nel gruppo c’è anche Ignazio (Gifuni). I due si incontreranno di nuovo 30 anni più tardi. Ignazio è diventato magistrato e non sa che Anna ha preso la cattiva strada. Tutto potrebbe rientrare  in un  genere gangster all’italiana, scene costruite bene, con ritmo, senza digressioni espressive da cinema “d’autore”. Il nuovo e difficile rapporto tra Anna e Ignazio, nelle pieghe della lotta tra “cattivi”, sia pure sfumato con  le differenze  ben articolate dei due caratteri e delle rispettive situazioni ambientali, non sarebbe novità decisiva. Nel cinema americano, il film farebbe comunque la sua figura, ma c’è qualcosa di più. C’è il contesto autentico e c’è la capacità di Winspeare di tenersi lontano da “spiegazioni” esplicite, didascalie pedagogiche, “istruzioni per l’uso” di tipo televisivo. L’interpretazione della Finocchiaro, di notevole sensibilità , colpisce pancia cuore e intelletto dello spettatore, con una cifra espressiva che da sola satura il senso della storia e nello stesso tempo rimanda a un “oltre” non semplificabile. Insomma, siamo in presenza di uno di quei rari casi di film-prodotto che diventa, per un miracolo del fare, film-cinema. Letto 2046 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||