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La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

CINEMA: I film visti da Franco Pecori

3 Aprile 2010

[Franco Pecori dal 1969 ha esercitato la critica cinematografica – per Filmcritica, Bianco & Nero, La Rivista del Cinematografo e per il Paese Sera.  È autore, tra l’altro, di due monografie, Federico Fellini e Vittorio De Sica (La Nuova Italia, 1974 e 1980). Nel 1975, ha presentato alla Mostra di Venezia la Personale di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet; e alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, con Maurizio Grande, una ricerca su Neorealismo: istituzioni e procedimenti (cfr. Lino Miccichè, Il Neorealismo cinematografico italiano, Marsilio). Dal 2002, ha tenuto per 4 anni, sul Televideo Rai, la rubrica settimanale Film visti da Franco Pecori. Noto anche come poeta, Pecori può vantare la stima di Franco Fortini]

Sul mare

Sul mare
Alessandro D’Alatri, 2010
Fotografia Alessio Gelsini Torresi
Dario  Castiglio, Martina  Codecasa, Nunzia  Schiano, Vincenzo  Merolla, Raffaele  Vassallo, Kevin  Notsa Mao, Salvio  Semoli, Mino  Manni, Anna  Ferzetti, Barbara  Stellato, Adriana  Marega.

C’è chi preferisce i giovani di Moccia. D’Alatri però non fa un film sui giovani d’oggi e questo, in un certo senso, può oggi dare perfino fastidio. È pur vero che i protagonisti sono due ragazzi contemporanei, ma il lavoro del regista non pare vòlto ad un loro ritratto sociologico. Si parte dal romanzo Sul filo del mare,  di Anna Pavignano, autrice insieme  a D’Alatri  anche della sceneggiatura. Poi, particolare non trascurabile, si realizza il film con tecnica digitale (riprese agili e costi bassi). Terzo, si evita il pericolo di un possibile  documentarismo dovuto alla “leggerezza” dei mezzi e si sfrutta la “libertà” della tecnica per un approccio ai materiali – personaggi e cose – più  personale e soggettivo. Non si tratta di un capolavoro, ma la delicata e struggente storia d’amore di Salvatore (Castiglio) e Martina (Codecasa) non suggerisce “rispecchiamenti”. Non oltre, almeno,  la necessaria collocazione nel “contesto poetico”, l’isola di Ventotene e il mare circostante. Sul mare è una fiaba sentimentale, è la storia “impossibile”  di un barcaiolo e di una studentessa universitaria. I due attingono al caso che per un attimo li lega e lasciano poi, impotenti,  che i propri destini si compiano diversamente. Salvatore accompagna d’estate in giro  i turisti con la sua barca e d’inverno s’arrangia da edile in nero. Martina, genovese, arriva sull’isola con le bombole da sub: vuole immergersi forse anche per fuggire alla situazione famigliare che la costringe in una sofferenza che possiamo solo intuire. Studia ed è in attesa di una borsa Erasmus per Barcellona. Non dimenticherà mai  Salvatore – lo dirà al ragazzo piangendo al telefono. Però se ne va.  E Salvatore resta così colpito da subire conseguenze psicofisiche gravi. Dimentico del come muovere i passi finisce per cadere dall’impalcatura mentre lavora in cantiere.  Il film non è che il frutto dell’istantaneo e sincretico “ripasso” che egli fa della propria vita. Certo le due condizioni, di Salvatore e di Martina, sono ben collocate in un quadro verosimile; e certo – qui un punto debole – non era necessario insistere sulla questione del lavoro nero con una “sacca” della sceneggiatura che non aggiunge nulla alla dimensione sentimentale e intima  del racconto, ma D’Alatri si riscatta con la sua capacità di rappresentare senza retorica e diremo fisicamente la verità dei personaggi. In particolare  i toni e il linguaggio di Salvatore e del suo amico Capadiciuccio (Vassallo), la tenerezza materna dipinta sul volto di Nunzia Schiano fanno pensare alla poesia di Troisi, non solo per il contributo della Pavignano, compagna e sceneggiatrice dei film del  comico napoletano. In sostanza, un film poetico, non perfetto, ma godibile nella sua ambizione extrastandard.

La vita è una cosa meravigliosa

La vita è una cosa meravigliosa
Carlo Vanzina, 2010
Fotografia Carlo  Tafani
Gigi Proietti, Vincenzo Salemme, Enrico Brignano, Nancy Brilli, Luisa Ranieri, Emanuele Bosi, Virginie  Marsan, Orsetta  De’ Rossi, Sebastiano Lo Monaco, Yuliya  Mayarchuk, Armando De Razza, Frank  Crudele, Maurizio  Mattioli, Rodolfo  Laganà, Vincenzo  Crocitti, Carlo  Fabiano, Anis  Gharbi.

Da “Uno mattina” a Marzullo, viviamo scanditi  così. E anche al cellulare. Molti sono intercettati. I più importanti possono trovarsi in casa cimici elettroniche.  E    va bene, ironizziamo pure:  la vita è una cosa meravigliosa.  In ogni caso,  giudicare una commedia italiana per il grado stavolta sopportabile di parolacce nel copione o per l’autenticità a-siliconide delle attrici sarebbe come dare il voto ad una partita dell’Inter in base alla quantità più o meno contenuta  di “buu” del tifo avversario verso il nero Balotelli. Quindi vediamo meglio.  Pare sia  il momento del rientro disciplinato della cinecommedia nostrana nei binari ultrasicuri della “critica” del costume e cioè dei difetti italiani visti attraverso i destini della famiglia (Il figlio più piccolo, Mine vaganti, Happy family). I fratelli Vanzina (Enrico con Carlo è autore della sceneggiatura) non si sottraggono. Però se non è il cinepanettone, è il cineuovo. Contegno pasquale, nessuna risataccia sgangherata. S’avverte come una voglia di ricominciare dal punto più degno, che in questo caso è il primo, Vacanze di Natale, filmetto quasi perfetto, che in tempi d’impegno residuale autorizzò  la ri-abilitazione  del nostro cinema “leggero” dopo i ripensamenti sul disimpegno dei “maestri” (Monicelli, Risi, ecc.). Il film espone con chiarezza  e mescola  con  cura gli ingredienti della torta, attraversando con garbata attenzione gli strati sociali e cercandone possibili denominatori comuni. Strada facendo, si incontrano presidenti di gruppi bancari (Salemme) e idraulici (Laganà), chirurghi (Proietti) e infermiere (Ranieri), mogli e figli più in alto e più in basso: tutto lascia intendere che, in fondo, il lavoro di “spionaggio” telefonico (Brignano) possa essere utile alla comprensione di questo mondo confuso e corrotto ma perdonabile. Qualche arresto non guasta l’armonia, tanto che alla fine  Proietti trova anche il buon impulso purificatore e se ne va in Africa a curare la povera gente.  E spera che in futuro  suo figlio, studente di medicina, non continui a chiedergli di raccomandarlo per passare gli esami. Salemme, da parte sua,  fa tesoro dei consigli della famosa pasta e  sceglie la campagna.  Rispettabile il cast. Ma specialmente il terzetto dei protagonisti, Proietti-Salemme-Brignano, è messo a dura prova dallo stile slow-food scelto dai Vanzina. Più di una volta le battute arrivano col preavviso e presuppongono tempi di reazione ultracomodi. Proietti, a momenti, è costretto a recitare “da fermo”.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart