Fumetti: Bugs Bunny
23 Giugno 2009
[da:”Enciclopedia dei fumetti” a cura di Gaetano Strazzulla, Sansoni, 1970]
L’AUTORE Â
RALPH HEIMDAHL – Oggi intorno ai settant’anni, essendo nato per sua stessa am Âmissione a Willmar nel Minnesota all’inizio del 1900, entrò nel 1937 nel reparto animazione della Walt Disney Productions, dove si fermò circa quattro anni. Il periodo più fervido e insieme di transizione. Si stava dando gli ultimi ritocchi a Biancaneve, primo felicissimo esperimento nel mondo del lungometraggio a disegni ani Âmati. Da allora al 1940 Ralph Heimdahl, quindi, fu ammesso nell’antro dello « stregone » di Bur-bank e contribuì, poco o tanto, alla realizza Âzione oltre che di questo film formato pratica Âmente di tante Silly Simphonies cucite insieme, di shorts quali Il vecchio mulino, Ferdinand the Bull, II brutto anatroccolo. E di altri lungome Âtraggi: Pinocchio e Fantasia. Esperienza certo non di poco! Comunque, il cartoonist di Willmar, figlio di poveri immigrati norvegesi (insieme ad altri tre fratelli e a tre sorelle), dopo quattro anni, come si è detto, lasciò Disney e il suo « impero » nel momento critico della guerra, quando il lavoro scarseggiava, tutti i capitali a disposizione erano stati investiti nella produ Âzione di Fantasia e – in attesa della pace e della riapertura dei mercati internazionali – si era accettato l’aiuto del Governo nella con Âfezione di shorts propagandistici antihitleriani per tenere alto il morale della truppa e insieme della popolazione civile. Se ne andò, Heimdahl, a seguito di uno sciopero. Dice testualmente: « Mi misi sulla strada di Vermont con l’inten Âzione di allontanarmi il più possibile dalla Ca-lifornia ». Dichiarazione polemica che egli però non chiarisce. Non rivela cioè le ragioni che l’hanno spinto a un taglio tanto netto con Disney.
Con la sua laurea in tasca conseguita allo statale College Teacher’s di St. Cloud (Minne Âsota) e la sua esperienza conseguita prima di darsi al cinema di animazione come insegnante in varie scuole, per risalire la corrente rico Âminciò da zero: inventava gags, cioè situa Âzioni comiche e umoristiche, per certi giornali agricoli, trovando quindi nuove occasioni di svi Âluppo delle proprie iniziative grafiche a Hardinge, in Elmira (New York) e a Clayton’s in Alhambra (cioè di nuovo in California). Erano però già passati sei anni. La pace si era di nuovo rispecchiata sulle acque del Pacifico, e Heimdahl diede vita per la Western Publishing a una « storia indiana » che veniva pubblicata a New York in una serie di comic-books. Due anni più tardi gli vennero affidate le daily strips di Bugs Bunny. Da allora ha continuato a dar vita, in una serie infinita di strisce con perio Âdicità quotidiana e di più ariose tavole setti Âmanali, alle divertenti avventure di questo coni Âglio rompicollo, figlio più o meno consapevole di quel coniglio Oswald che – guarda caso! – fu la prima creatura uscita dalla penna di Walt Disney. Ma non dobbiamo certo guardare troppo per il sottile in siffatte parentele. La fauna rap Âpresentata nei comics dagli animali antropomorfizzati o comunque parlanti è varia non tanto e non sempre per la diversità delle « fa Âmiglie » rappresentate ma per le caratteristiche che ogni cartoonist ha voluto e saputo dare alle proprie creature. E Bugs Bunny è un « rompi Âcollo » (dal nome giustamente affibbiatogli in una cospicua collezione di avventure con fu Âmetto italiano) ricco d’humour originale. È stato chiesto a Ralph Heimdahl se ha rice Âvuto premi nel corso d’oltre un ventennio di attività dedicata a questo character. « Premi? – ha chiesto a sua volta – II più bel ricono Âscimento è quello di potere vedere la mia firma in calce alle strisce », ha poi concluso. Ma in Âvece premi ne ha ricevuti, almeno in due occa Âsioni: nel 1962 e nel 1966. È comunque laco Ânico, Heimdahl. Chiuso in un riserbo che ha tutta l’aria di essere la conseguenza di una antica timidezza. Inoltre si sente abbastanza riconoscente nei confronti della sua occasione disneyana anche per altri motivi, che esulano dal proprio lavoro: motivi sentimentali che hanno dato una saporosa svolta alla sua vita. Esther Belfi, cioè sua moglie, Ralph la conobbe proprio nella « bottega » di Disney, dove lavorava come « inchiostratrice ». Da lei ha avuto tre figlie (una di esse, Martha, s’è dedicata all’attività cine Âmatografica e nel 1963 al Festival del film cineamatoriale di Cincinnati si è collocata al primo posto nella sezione film sulla natura) le quali gli hanno dato cinque nipoti. È un uomo felice e non ha nessuna difficoltà a dimostrarlo, anzi la sua felicità gli straripa da ogni poro della pelle, dagli occhi sorridenti, dalle parole affettuose per la sua famiglia e dall’entusiasmo che ancora, dopo oltre quattro lustri di quoti Âdiana attività , parla del proprio lavoro, della sua creatura Bugs Bunny.
IL PERSONAGGIO Â
BUGS BUNNY – Ovvero, nella versione italiana degli anni cinquanta, « Lollo Rompicollo ». Leg Âgiamo la « voce » a esso dedicata nell’A-Z Comics: « Fa parte della scuderia di animali antropomorfizzati i cui diritti per lo sfruttamento (come cartoons cinematografici e come’ fu Âmetti) sono di proprietà della Warner Bros. Si tratta di un coniglio pazzerellone, sempre a caccia di carote, al quale non a caso negli « Albi d’Oro » Mondadori degli anni cinquanta venne affibbiato il nome di Rompicollo. Al con Âtrario di un suo illustre consanguineo (l’Oswald di Walter Lantz), i guai Bugs se li cerca, e solo per quella particolare fortuna che aiuta gli in Âcoscienti riesce a districarsi abbastanza bene dai peggiori mali, anche se talora con vistose (ma provvisorie) ammaccature. Le sue sperico Âlate avventure si alternano con quelle di un variato bestiario: il porcellino Pallino, ad esem Âpio, oppure il nero papero Daffy (il quale ul Âtimo, all’occorrenza, vive di vita propria). È in Âsomma la costante di un universo che mescola volentieri le carte come uno scrupoloso presti Âgiatore ».
Come accade sovente in codesti zoo inventati graficamente sia per le strips stampate sia per il cinema, gli autori che vi mettono mano sono più d’uno. Tutti però fedeli alla matrice di ori Âgine che porta a confondere, all’occhio del non esperto, gli stili e quindi a pianificare, nella fruizione, i diversi apporti. Per quante mani è passato ad esempio il Topolino disneyano, e quante mani (anche italiane) se lo stanno pas Âsando a rimbalzo ancora oggi come una pal Âlina di ping-pong? Sappiamo che a disegnare Bugs Bunny è Ralph Heimdahl. Non sappiamo però se è stato lui a crearlo, a dargli forma definitiva. Certo è che questo coniglio pazzo e generoso è probabilmente la creatura di colore e inchiostro di china più riuscita dell’intero zoo umanizzato siglato dalla Warner Bros:, più di Speedy Gonzales, il topo messicano velocis Âsimo, e più di Silvestre, il gattone dal corpo lungo e agilissimo che fa coppia costante con l’uccellino Titì (creati da Robert P. McKimpson); ancora: più del coyote Bip-Bip dovuto all’estro di Charles Jones, l’uomo che ha firmato la regia di almeno una cinquantina di cartoons cine Âmatografici di Bugs Bunny. Cosa importa, in fondo, giacché nel lavoro di équipe responsa Âbilità e pregi devono per forza essere suddivisi equamente? Ci sembra comunque che un mag Âgior merito debba andare all’autore delle stri Âsce. Per un paio di semplicissime ragioni: pri Âma, la più importante, è che ogni gag è frutto della sua mente umoristica; secondo che per far concorrenza, anzi per mantenere inalterato il proprio successo presso decine di milioni di lettori, nella staticità dei quadretti stampati le trovate devono avere una forza se non superiore almeno pari a quella riscontrabile nel guizzante movimento degli shorts di pellicola. E questo coniglione, il quale in fondo non ha nulla di antropomorfo, giacché le sue caratteristiche animali sono quasi del tutto rispettate (lo si fa camminare in piedi, ecco tutto, e dialogare tranquillamente con i suoi compagni di scena, siano essi animali o presenze umane), riesce a dominare la serie di vignette come un mat Âtatore, sfrenatamente simpatico, dando l’impres Âsione di una scattante e fluida agilità . Resa ancora più evidente nel contrasto – in molte storie – con il grassoccio suo partner di nome (italiano) Taddeo: omiciattolo con la testa lu Âcida come un uovo, compagno di scorribande e di scherzi dell’orecchiuto e incosciente coni Âglio.
Bugs Bunny nel corso della sua ragguardevole carriera è stato buttato nei più strampalati tra Âvestimenti, nelle più diverse imitazioni, e ciò per raggiungere larvate parodie di situazioni alla moda alimentate dal cinema o dalla cro Ânaca. Robert Benayoun, studioso di codesto Uni Âverso grafico, nel suo volume Le dessin animé après Walt Disney scrive di Bugs Bunny che « la sua follia è la più euforica e la più beata che si sia mai vista ». Si permette tutto e tutto gli è concesso. Nel cinema di travestirsi anche da Groucho Marx, l’unico sopravvissuto del cele Âbre gruppo di fratelli dediti alla più strepitosa comicità surreale. Paragone quindi che pos Âsiamo prendere come il più bell’elogio che una creatura d’inchiostro di china abbia potuto an Ânoverare nel segreto album dei suoi personali successi.
Ostinato fino alla cocciutaggine quando v’è in palio la propria carota quotidiana, Bugs Bunny ingaggia lotte frenetiche e sconvolgenti con quanti vorrebbero – per i loro altrettanto sa Âcrosanti motivi – distoglierlo dall’obiettivo pre Âfisso. Ed è quindi l’ecatombe più esilarante. Come quando colui che deve costruire un’auto Âstrada che dovrà passare sul « terreno di cac Âcia » di Bugs, per costringerlo a sloggiare do Âvrà utilizzare tutto l’armamentario più vistoso della meccanica agricola e militare esistente, compresa l’esplosione alla dinamite. Certo, e il giudizio non si limita a Bugs Bunny ma va esteso a tutta la serie di queste strisce che hanno superato il ventennio di vita, l’itera Âzione, nel pur scambievole caleidoscopio umo Âristico, ha cedimenti e finisce per portare al Âl’assuefazione. La meccanica delle situazioni si raggela, divenendo spesso fine a se stessa e assumendo il sapore alterato e, tutto sommato, insipido dei cibi in scatola. Ma le impennate si riscontrano felici ancora oggi. Le idee tutto sommato saltano fuori. Bugs Bunny nell’uni Âverso dello zoo antropomorfizzato rimane an Âcora una delle creature più simpatiche, dove la comicità naturalmente non ha addentellati con la realtà e non si nutre di significati sot Âterranei da studiarsi con la lente dell’esperto in psicologia sociale. È il suo un umorismo a fior di pelle, tinto a volte di strampalato sur Ârealismo.
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Commento by Carlo Capone — 25 Giugno 2009 @ 13:36
Ottimo l’articolo e preziosa questa galleria di fumettisti all’interno della Rivista, Bart. Io ci vedrei bene anche i cartoonist italiani di ultima generazione. Uno in partcolare mi sta a cuore: è Magnus, pseudonimo di Roberto Raviola, che con Max Bunker, Lamberto Secchi, formò negli anni 70 la migliore coppia di fummettisti nero-grotteschi tra i ranti che apparvero in quel periodo. Ebbero la massima resa artistica e pubblicitaria con la fortunatissima serie di Alan Ford, una banda sconclusionata di detective privati alle prese con casi di ogni genere. La qualità del disegno e dei soggetti è da palati fini.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 25 Giugno 2009 @ 13:42
Dove si può trovare del materiale aggiornato sui fumetti?
Puoi scriverne tu?
Commento by Carlo Capone — 25 Giugno 2009 @ 13:54
Su Max & Bunker c’è una buona pagina su Wikipedia. Posso scriverne senz’altro ( sulla scorta della personale memoria) ma concedimi qualche giorno.
Saluti
Carlo
Commento by Carlo Capone — 25 Giugno 2009 @ 13:55
Scusami: Magnus & Bunker
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 25 Giugno 2009 @ 14:02
Ok, aspetto il tuo articolo, ed anche altri sui fumetti, se vuoi.
Grazie.