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FUMETTI: Disney e Topolino

14 Marzo 2008

 [da: “Enciclopedia dei fumetti”, a cura di Gaetano Strazzulla, Sansoni, 1970]

L’AUTORE

WALT DISNEY (Walter Elias Disney) – Nato a Chicago il 5 dicembre 1901; morto a Hollywood il 15 dicembre 1966. Nonostante varie e diverse critiche e opposizioni, spesso ragionate e anche giuste, Walt Disney sempre rimane il più cono ­sciuto, celebrato, venerato e amato autore di storie disegnate, animate e no. Il suo mito non è stato distrutto neppure dalle esatte notizie sulle plurime mani che, fin dall’inizio, non solo nella magna età industriale del dopoguerra, hanno contribuito alla creazione dei magnifici racconti e delle sinfonie allegre. In compenso, secondo le testimonianze dei suoi più stretti col ­laboratori, spettò sempre a lui il merito dell’in ­venzione grafica e della prima costruzione caratteriologica dei personaggi maggiori. Il che non è cosa indifferente, costituendo appunto l’idea d’origine, la difficoltà più grave per il lancio di un fumetto. Per questo la leggenda, che trova alimento anche nella suggestiva biografia, è in fondo giustificata.
Disney era nato da famiglia povera come si con ­viene a un americano energico e tranquillo che abbia edificato da solo l’enorme sua fortuna. Padre falegname, cinque fratelli, e un’infanzia economicamente non splendida passata a Marceline nel Missouri. Dopo un soggiorno a Kansas City (1910-1917), dove, naturalmente, fece anche lo strillone di   giornali,   ritornò   a   Chicago   e si iscrisse alla Chicago Academy of Art.   Il futuro destino già si delinea: Disney butta giù i primi disegni pubblicitari.
Il successo è frutto da gustarsi   maturo   e non arriva subito. Gli anni venti   passano tra Hollywood   e   New York   con   alterne   sorti.   Nel 1923 nasce,   sorretto   da   un     esiguo   capitale (più     o meno tre milioni di lire) il Disney Studio: lì viene preparato il primo tentativo di disegno animato ispirato alla celebre favola Alice nel paese delle Meraviglie.     Ma   l’esperimento     non   suscita   echi clamorosi, allo stesso modo in cui passa quasi inosservato     il     coniglio   Osvaldo,     pioniere     dello zoo antropomorfico disneyano.
La svolta – è evidente – fu l’immacolata con ­cezione di Topolino, avvenuta, raccontava lo stesso Disney, quasi per caso nel 1928, durante un viaggio in treno, grazie a una conversazione con la moglie: alla ricerca di un animale diverso da umanizzare (conigli, cani e gatti parendogli troppo sfruttati) Walt ebbe infine la folgorazione: un topo sarebbe stato l’ideale. Dopo il debutto sullo schermo, Topolino passò nel 1930 nelle strisce disegnate, aprendo la lunga e ininter ­rotta serie dei disneyani fumetti. Subito com ­parve accanto a lui Minni dolce compagna, e poi, uno alla volta, i numerosi amici e avversar!. In quei tempi i collaboratori stretti erano Ub Iwerks, che tracciava i disegni a matita e Win Smith che li ripassava con inchiostro di china. Nell’aprile del 1930 al posto di Smith subentrò Floyd Gottfredson, destinato a divenire forse il più importante, in quanto autore del ciclo delle grandi avventure degli anni trenta. Fra i tanti altri, i più noti sono Al Taliaferro, Ted Osborne, Fred Quimby, Al Levin, Bill Shaw e Walt Kelly, che se ne andò per suo conto, inventando l’in ­tellettuale personaggio di Pogo.
Mentre Topolino continuava le sue fortunate vite parallele sdoppiandosi in cinema e fumetti, altri personaggi acquistavano sempre maggiore auto ­nomia. La genia dei paperi soprattutto: il nevro ­tico e sfortunato Paperino in testa, insieme all’amica-nemica Paperina, ai tre nipotini Qui, Quo, Qua e, più tardi, all’irriducibile taccagno, zio Paperon de’ Paperoni, apparso soltanto nel dopoguerra, verso la fine del 1947.

IL PERSONAGGIO

TOPOLINO (Mickey Mouse) – In principio era un topo piccolo, burlone e un po’ maldestro, dai grandi orecchi e l’enorme vuoto nero degli oc ­chi, appena spezzato da una bianca fessura. Così comparve nella prima avventura, Topolino emulo di Lindbergh (che in Italia apparve con il titolo Topolino nell’isola misteriosa). Era la storia di una stramba e stravagante peripezia aerea, compiuta, dopo un sogno esaltante: alla fine del ­le tribolazioni, nell’ultima striscia, la buona Minni l’attendeva, mani congiunte, sorriso felice sul volto. C’erano già in sintesi le due costanti fon ­damentali del Topolino dell’età eroica: la smania dell’avventura e le pene amorose. Le imprese del topo sono fantasiosissime. Negli « anni ruggenti », dalla creazione fino alla guerra mondiale, Topolino si inoltra nell’Africa nera guidato dal Gorilla Spettro, vola alto nel cielo per incontrare l’Uomo Nuvola, partecipa intrepido alla caccia alla balena, affronta peri ­colosi banditi (come il fosco Wolp, appunto) in un West selvaggio a nuova vita restituito, fa con la medesima disinvoltura il re e l’agente segreto, viaggia persine a ritroso nel tempo arrivando alla favolosa età della pietra. Al gusto del rischio si mescolano, dicevamo, le passioni del cuore: la cara Minni è spesso ra ­pita e minacciata dagli avversari cattivi, addirit ­tura concupita e segretamente amata dal nemico numero uno Pietro Gambadilegno. Sul carattere « amoroso » delle strisce di Topolino scrisse nel 1934 un breve ma celebre saggio Edward Morgan Forster, l’autore di Passaggio in India, insistendo sull’elegante finezza del rapporto sentimentale che lega la coppia e sulla complessità del ca ­rattere di lei, squisitamente civetta, eppure ca ­pace di ribellioni e scatti improvvisi. Attorno ai due protagonisti si agita la selva im ­mane dei comprimari. Fra i buoni spicca il can ­dido Pippo, « puro folle », fedelissimo, stupido eppure capace di imprevedibili intuizioni (va però ricordato che all’inizio Pippo aveva caratteristi ­che affatto diverse, essendo burlone e dispet ­toso); dopo di lui, ecco la coppia equino-bovina, e cioè l’onesto Grazio e la romantica Clarabella, aperta e disponibile a divagazioni del cuore e straordinari innamoramenti; e ancora il cane Pluto, unico animale non umanizzato, ed Eta Beta, il buffo uomo del Duemila. Fra i malvagi, oltre al violento Gambadilegno, il furbo Elia Squick, l’inafferrabile Macchia Nera, il pirata Orango, il serafico Giuseppe Tubi, placido capo della micidiale « banda dei piombatori ». Topolino in definitiva non era creazione del tutto nuova e rivoluzionaria come vogliono alcuni esti ­matori di Disney. Già alla fine dell’Ottocento James Guilford Swinnerton aveva infatti felice ­mente dipinto un cosmo popolato di animali ra ­gionanti, e il grande George Herriman nelle storie di Krazy Kat aveva creato con Ignatz il topo un precursore diretto di Topolino. Ma si deve riconoscere che Disney, Iwerks e Floyd Gott ­fredson seppero dare brillante autonomia al loro personaggio, facendone la poetica incarnazione dei sognati ideali avventurosi dell’America del ­l’anteguerra. Pertanto gloria, denaro ed eccelsa fortuna non sono per niente immeritate. Della sua decadenza, inesorabilmente progre ­dita nel dopoguerra, già da molti è stato detto. Il personaggio si è involuto, è diventato il rap ­presentante del perbenismo borghese; le sue avventure di solitario eroe sono scadute al livello banale di abili investigazioni di un confidente della polizia. La metamorfosi, analoga a quella subita da altri leggendari personaggi di carta come l’Uomo Mascherato e Mandrake, ha pro ­vocato, o almeno accresciuto, il fenomeno della nostalgia, il rimpianto delle antiche imprese, la necessità di nuove ristampe che restituiscano il topo perduto.


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2 Comments

  1. Commento by MUCCA ROSA — 13 Giugno 2009 @ 14:33

    bello..questa pagina è carina..ed molto ampia ..bravi e complimenti

  2. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 13 Giugno 2009 @ 15:08

    Grazie.

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