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Gli ipocriti che difendono Napolitano

6 Agosto 2012

Se andate su il Fatto Quotidiano, troverete molti commenti agli articoli soprattutto di Marco Travaglio e di Antonio Padellaro. I commentatori hanno invece evitato di controbattere la logica giuridica che ispira quelli ineccepibili del magistrato Bruno Tinti.

Leggendo dunque quei commenti si avverte in chi critica i due giornalisti di punta del quotidiano una difesa a scatola chiusa di Napolitano.
Presumo che siano uomini del Pd che stanno cercando di scoraggiare il Fatto dal condurre una campagna di verità nei confronti del capo dello Stato. Il quale capo dello Stato è sospettato di aver intrallazzato per aiutare l’amico Nicola Mancino.
Questi difensori a occhi chiusi hanno il mio disprezzo, poiché dimostrano una parzialità che non meriterebbe di considerazione, se non fossero l’emblema di una condotta corrotta e di parte.

Ho già scritto che sono stato un critico anche spietato tanto di Padellaro che di Travaglio, quando combattevano Silvio Berlusconi, a mio avviso spesse volte irragionevolmente, ma oggi sto con loro perché la battaglia che hanno intrapreso, oltre che essere coraggiosa, è rivolta a smascherare un’azione deplorevole che potrebbe essere stata commessa dal capo dello Stato.

Ai critici del Fatto domando perché contrastino una campagna che va alla ricerca di una verità che spudoratamente appare tenuta segreta da una figura istituzionale (il presidente della Repubblica) che non dovrebbe alimentare a suo carico sospetti così inquietanti, quale può essere quello di essere intervenuto in un’indagine in corso per favorire un amico, ossia l’ex vice presidente del Csm e ex presidente del Senato (seconda carica dello Stato) Nicola Mancino.

Per capire quanto i critici del Fatto siano in errore, anzi intrisi di una partigianeria   di cui dovrebbero avvertire l’umiliazione, si domandino quale sarebbe stato il loro atteggiamento se il presidente della Repubblica fosse stato Silvio Berlusconi.

Contro Napolitano c’è un testimone ineccepibile, ancorché defunto: Loris D’Ambrosio. Le sue telefonate con Mancino coinvolgono sempre il capo dello Stato e ci dicono esplicitamente che quest’ultimo si stava interessando a favore di Mancino.
Se D’Ambrosio avesse detto il falso, Napolitano lo avrebbe immediatamente rimosso dall’incarico e smentito le sue affermazioni. Invece sappiamo che Napolitano respinse le dimissioni di D’Ambrosio, le quali (visto anche che è morto di crepacuore) non potevano che essere dettate dal dispiacere di essere caduto nella rete delle intercettazioni e di aver messo con ciò in difficoltà Napolitano.

In soldoni: D’Ambrosio ha chiesto scusa a Napolitano e Napolitano ha risposto che avrebbe pensato lui a difendersi e che D’Ambrosio non si preoccupasse.
Chi la pensi diversamente è un ingenuo, visto che tutto porta alla conclusione che Napolitano vuole distruggere quelle sue telefonate dirette con Mancino poiché ha molto da nascondere.
La ragione politica avrebbe altrimenti voluto che Napolitano ne autorizzasse la pubblicazione, essendo suo dovere difendere, anche a pro dei suoi successori, l’integrità morale della carica che ricopre.
Nascondendo il contenuto delle intercettazioni egli non fa onore al suo mandato e lascia nei cittadini il dubbio che egli abbia agito in violazione della legge.

I detrattori del Fatto, perciò, provino ad analizzare imparzialmente ciò che è accaduto e ne traggano le conseguenze con l’uso della ragione e non della partigianeria.
Se essi hanno una qualche idolatria verso il capo dello Stato e non verso la democrazia si rendano conto che sono sul binario sbagliato e devono subito cambiare direzione, come l’ho cambiata io nel momento in cui mi sono accorto che il Fatto Quotidiano è il solo giornale ad aver percepito la gravità del comportamento tenuto da Napolitano nei confronti delle indagini che coinvolgono l’amico Nicola Mancino, il quale, se le sue telefonate con Napolitano fossero state innocenti, a quest’ora sarebbe già intervenuto rivelandone il contenuto a difesa dell’integrità morale del capo dello Stato.
Non significa nulla il suo prolungato silenzio?

I giornalisti del Fatto, anziché di denigrazioni, hanno bisogno di sostegno in una battaglia molto più grave di quella storica del Watergate, e chi tra i suoi lettori cerca di arrestarla commette un’azione deplorevole nei confronti del diritto alla verità dei cittadini.
Napolitano dovrebbe essere il primo a rispettare questo diritto. Non lo fa perché questa volta la verità è massicciamente e terribilmente contro di lui. Da esigerne le dimissioni.


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Bart