Il rebus Enrico Letta premier senza politica22 Settembre 2013 di Giuliano Ferrara Che animale politico è En rico Letta? Si comporta come fosse Mario Mon ti, che ha governato un’emer genza ed è affondato nella poli tica, ma la sua legittimazione non è l’università Bocconi,il Bil derberg, un laticlavio a vita, la senioritas di un ex commissario a Bruxelles. Se la magistratura ba stona Berlusconi e il Pd vuole metter ci il timbro, è un suo problema, ed è un problema poli tico, non tecnico, non istituzionale. Monti poteva com portarsi da estra neo alle vecchie questioni della democrazia ita liana, la guerra dei vent’anni. Ma come fa Letta ad agire come un succedaneo dei bocconia ni? È lì, alla guida del governo, in seguito alle elezioni di febbra io. È lì perché null’altro era reali sticamente e politicamente possibile, e di necessità o di servizio che lo si voglia chiamare, è un gover no di larga coalizione che egli presiede. Se è vero che i conti sono di nuovo tutti sballati, che gli indi ci di ripresa del Pil languono, che i nostri padroni europei ri cominciano a chiederci certez ze contabili e finanziarie in mo do più o meno intimidatorio, mentre i mercati affilano le ar mi e la struttura industriale del Paese passa di crisi in crisi, tra iniziative distruttive della ma gistratura e annunci; se è vero che si rimette in gioco perfino la seconda rata della tassazio ne sulla prima casa, mentre ri sultano introvabili al ministro Saccomanni i quattrini per un consistente rinvio dell’aumen to della tassa sul valore aggiun to, e si parla di una manovra ro busta in relazione alla legge fi nanziaria, be’, c’è da doman darsi: ma ha una linea che sia una, un orizzonte minimamen te chiaro, il presidente del Con siglio? I rapporti politici tra gli allea ti cosiddetti di governo sono al lo stato brado. Berlusconi esa mina la situazione ed è pronto a tutto, il che è quanto meno normale vista la situazione, non soltanto la sua personale. Il Pd non esamina alcunché, ri sulta buono a nulla, è diviso in modo plateale, ripetitivo, sen za una via d’uscita che non sia la battaglia delle regolette e del le date. La famosa freschezza di un Renzi è già più o meno un ricordo. Bersani e la combric cola d’apparato freschi non lo sono mai stati. Ne risulta un tur bine di impotenza, con lampi di imbecillità. Ma questi sono per l’appunto i problemi politi ci decisivi di un governo che ha i voti dei partiti appena citati, che deve misurarsi con la loro situazione concreta. O sono io che vivo sulla luna? O è vero che Letta può giocare con le metafore di Carosello e tirare a campare non-si-sa-come? Dicono che è giovane e forte, a suo modo, come lo sono i du raturi animali democristiani di sempre. Dicono che ha co minciato con Beniamino An dreatta, uno tosto, che ha una carriera brillante fatta anche di scelte rigorose, come quando seppe restare in minoranza, prese un misero undici (11) per cento nelle elezioni prima rie del Pd contro Bersani, ma poi c’è sempre un posto di nu mero due che lo aspetta, e da quel posto lui aspetta, come gli è capitato dopo il voto dello scorso febbraio, a forza di aspettare da vice vince il bigliet to della lotteria da numero uno. Sarà. È vero che gli euro pei lo ritengono un rispettabile ed entro certi termini affidabi le male minore. È vero che gli americani sono preoccupati e disposti a coccolarlo. Ma la sua base di forza o di debolezza non è quella, non può consiste re di qualche incoraggiamento del sempre timido Corriere e dei suoi opinionisti. Così non si va lontano. Torna la domanda iniziale. Che animale politico è que sto? Ha riflettuto sul concetto di «pacificazione »? Vuole esse re interprete di una ricomposi zione nazio nale, di una fa se di relativa ripresa di fi ducia? È que sta la sua posi zione verso il Paese, il pub blico, i cittadi ni, che pure si aspettano qualche se gno di vita e di pensiero politi co sul futuro da chi è alla testa del governo? Non parrebbe. Si comporta in modo algido, par la di un’Italia come Stato di di ritto senza problemi, e mentre lo dice non gli sfugge nemme no una risatina ironica, è una specie di parodia del tecnico, dell’uomo di numeri e conti le git timato dall’alto in una situa zione di emergenza, da vice Monti, ancora un numero due sulla scena. Oppure ha una sua idea per riprendersi alme no il Pd? Per fare i conti con lo scalpitante e illusionistico Matteo? E magari per costrui re intorno a questo confronto e scontro, che è il sale della poli tica in una democrazia parla mentare e dei partiti, una pro spettiva credibile? Mistero. Letta è incomprensibile. Cre do anche a se stesso. Chi scommette su Renzi perde tutto L’assemblea del Pd, a prescindere da gli interventi che l’hanno animata anche ieri, è un rituale total mente inutile. Le cosiddette re gole servono solo a irrigidire i partiti e a renderli incapaci di camminare al passo coi tempi. Dal giorno del «matrimonio » so no trascorsi sei mesi abbondanti e nel frattempo non è successo nulla di nuovo, esclusa la condanna di Berlusconi e l’avvio della procedu ra per farlo decadere da senatore. Se Renzi subentrasse a Epifani nel ruolo di segretario, quali prospetti ve avrebbe davanti a sé? Continua re a te nere in piedi l’asfittico gover no Letta oppure tentare di farlo ca dere. La prima opzione costringe rebbe i democratici a non corregge re neanche una virgola del copio ne che stanno recitando di malavo glia, insofferenti come sono alla convivenza coi berlusconiani. E il partito non avrebbe alcuna chan ce di rinfrescarsi rispetto a ora. La seconda opzione offrirebbe due strade. La più naturale sareb be quella che porta alle elezioni an ticipate, ma non piace a Napolita no. Il quale pur di evitarle farebbe carte false. Addirittura minacce rebbe (lo ha già annunciato) di di mettersi. Molto probabilmente egli cercherebbe di spingere Letta o un suo successore a costruire una maggioranza alternativa, cooptan do vendoliani e grillini disponibili all’avventura. Progetto non facile da realizzarsi, ma neppure impos sibile perché non ci sono senatori né deputati che si rassegnino a cuor leggero a fare le valigie col ri schio di non tornare più nel Palaz zo. Se il disegno si concretizzasse, il Pd finirebbe dalla padella (Pdl) nella brace, perché andare a brac cetto con Grillo è di sicuro più fati coso che andarci col Cavaliere. Inoltre, è risaputo che l’elettora to italiano è spaccato in quattro tronconi: destra, sinistra, M5S e astensionisti. Per comporre una maggioranza saremmo ancora ob bligati ad adottare la formula della coalizione che- è stato sperimenta to – non funziona, non garantisce lunga durata né unità di intenti. Quindi non è vero che siano impor tanti il dibattito e gli scontri in atto nel Pd, i cui destini non dipendono dalla scelta di un leader al posto di un altro. Ben altri sono i problemi. Lucca Film Festival 2013, il miracolo della cinefilia che resiste Inizia il 23 settembre e finisce il 27 la nona edizione del Lucca Film Festival, un’autentica rarità nell’asfittico panorama delle manifestazioni culturali cinematografiche del nostro paese. Vita durissima l’ha avuta e continua ad averla – i soliti maledetti dollari, anzi euro – ma il festival ideato, organizzato e coccolato dal suo giovanissimo mucchio selvaggio (Nicola Borrelli, Stefano Giorgi, Alessandro De Francesco, Francesco Giani, Andrea Diego Bernardini, Nicolas Condemi) continua imperturbabile la sua marcia verso l’olimpo della cinefilia rilanciando per quest’anno Peter Greenaway – con installazione annessa, lezione di cinema e qualche suo nobile titolo -, retrospettive sul cinema underground con nomi da paura come Stan Brakhage, Adolpho Arrietta e il 38enne ungherese Benedek Fliegauf (Orso d’argento a Berlino 2012), più un concorso di cortometraggi dove più che chiedersi la differenza tra documentario e fiction tanto in voga in queste ore, si rivela minuto dopo minuto il segreto e la purezza della creazione cinematografica (segnatevi Ruskin’s point, capolavoro). Inutile dire che i ragazzi che si sono inventati il festival non lo hanno fatto con intento commerciale, ma per pura ed esclusiva cinefilia. Campare di cinema, girato, prodotto, distribuito e/o mostrato, in questo evo moderno è pura utopia. Semmai si campa di un generico e stantio cinema in scatola: produzione rigorosamente in serie, senza nemmeno più il gusto della sperimentazione, delle variazioni di genere, dell’autorialità spinta. Campare di cinefilia è invece un aspetto fisiologico, possibile, della psiche umana. Non si fanno soldi, non si diventa famosi, ma si gode a vedere su uno schermo cinematografico una serie di frammenti di immagine che di quello schermo hanno bisogno come la calamita col ferro. E proprio per chi oggi pensa che la cinefilia sia un concetto muffo e antimoderno, chi crede che oltre all’“anima da cinéphile” per “capire il cinema oggi c’è bisogno anche del “corpo da fanatico del culto” (Carlo Freccero), ecco che il Lucca Film festival risponde con il rigore e la coerenza di chi ancora nel cinema cerca concetti assoluti come quelli del “bello” e della “perfezione”. Insomma, di chi ancora resiste di fronte all’idea che la famosa settima arte a suon di picconate dell’instant web, del video on demand, della digitalizzazione non realizzativa ma distributiva del film – autentico ricatto delle multinazionali dell’audiovisivo – non è morta, anzi vive e lotta insieme a noi. Andate a Lucca come ho fatto io negli anni passati, incontrando un ebbro Jonas Mekas alle due di notte mentre passeggiava per il centro medioevale, o un Lou Castel a discutere di rivoluzione di fronte a una zuppa di fagioli, e ne vedrete/ascolterete/vivrete delle belle. P.s. il post sgorga dall’anima e non risponde a prestazioni d’opera a favore di terzi… Letto 1464 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||