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La campagna elettorale di Pd e Pdl

13 Marzo 2013

di Arturo Diaconale
(da “L’Opinione”, 13 marzo 2013)

Non bisogna farsi ingannare dalle cifre sbandierate da Pier Luigi Bersani secondo cui il Pd ha la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa al Senato. La prima l’ha presa grazie al Porcellum, la seconda non permette alcun tipo di governabilità. Ed entrambe non possono nascondere il dato inequivocabile che la distanza tra sinistra e centrodestra è di poco più di centomila voti. Nel definire la sua nuova strategia politica il Pdl deve necessariamente partire da questo punto fermo e porsi due sole domande. Può il centrodestra colmare la differenza che lo separa dal Pd in caso di elezioni anticipate? E, nel caso, come farlo? Il Pd di Pier Luigi Bersani ha già risolto il suo problema.

La sua strategia è fin troppo chiara. Il prossimo mandato esplorativo che il segretario pretende da Giorgio Napolitano è solo l’avvio non di un tentativo di dare un governo al paese ma della nuova campagna elettorale del Pd incentrata sull’obbiettivo di recuperare i voti perduti a beneficio dei giustizialisti di Ingroia e, soprattutto, dei grillini all’insegna del fronte popolare contro la destra eversiva berlusconiana. Non si tratta di una strategia innovativa. In fondo Bersani non intende altro che riesumare il vecchio Ulivo. E non è un caso che, grazie a questa strategia, il candidato più accreditato alla successione a Giorgio Napolitano sia diventato il fondatore dell’Ulivo, Romano Prodi. Si può discutere se questa sia la strada più favorevole al recupero da parte del Pd dei voti persi a sinistra. Ma è certo che Bersani ed i suoi “giovani turchi” siano convinti che i grillini siano una costola dalla sinistra e, come tali, vadano riassorbiti blandendo la base dei “compagni che sbagliano” e demonizzando i leader Grillo e Casaleggio come autocrati di stampo vagamente fascista.

Ed è ancora più certo che per il vertice del Pd il recupero debba essere effettuato con elezioni anticipate da tenere nel minor tempo possibile. Partendo da questa considerazione il Pdl, a cui la sinistra spera di azzoppare il leader attraverso la magistratura politicizzata o semplicemente avventurista, non può far altro che entrare anch’esso in campagna elettorale partendo dalla considerazione che il divario con il Pd può essere colmato e che proprio la scelta ulivista della sinistra lo spinge a superare i frazionamenti passati e presente ed a dare vita ad un grande rassemblement capace di impedire che il paese finisca nelle mani dell’estremismo più irresponsabile.

Questo non significa che, fallita l’esplorazione di Bersani il Pdl non debba mostrarsi disponibile ad un governo del presidente per assicurare comunque una guida al paese. Anzi, proprio attraverso questa disponibilità si potrebbe cercare di ricucire i rapporti interrotti con l’area centrista convincendola che se non si vuole consegnare l’Italia ad un nuovo bipolarismo Pd-Grillo non c’è altra strada che rilanciare il tradizionale bipolarismo centro destra-sinistra. In questo modo il centro destra può e deve tentare di recuperare anche quella parte del proprio elettorato finito nell’astensione dei delusi o nella protesta dei grillini. La prossima partita elettorale si giocherà su posizioni nette . Da una parte quelli che pensano di salvare il paese dalla crisi mantenendo la democrazia liberale e difendendo i cittadini dal peso esorbitante dello stato burocratico assistenziale e dall’altro quelli che perseguono l’obbiettivo della democrazia autoritaria che subordina l’interesse dell’individuo a quello di chi detiene il potere.


Ora va rifondato quel confine tra toghe e politica
di Piero Alberto Capotosti
(da “Il Messaggero”, 13 marzo 2013)

Ma che può pensare il cittadino comune di fronte ad avvenimenti che si susseguono giorno dopo giorno, l’uno più imprevedibile e grave dell’altro? Si ha la sensazione che i poteri dello Stato siano scesi in campo, l’uno contro l’altro armati, in una lotta senza regole per affermare il proprio predominio. Ed in questo contesto sembra proprio che nessuno pensi più agli interessi generali, aumentando così il distacco tra politica e cittadini.
Cittadini che si sentono sempre più soli nell’affrontare i loro gravissimi problemi, mentre emergono scandali a ripetizione nell’apparato politico-amministrativo. La domanda più ricorrente, in questi tempi, è: come andrà a finire? E nessuno è in grado di dare una risposta attendibile e tranquillizzante.

D’altronde, la situazione politica era già così caotica ed intricata, con tutte le incognite e le incertezze che gravano sulla elezione delle presidenze delle Camere e sulla formazione del nuovo Governo, che non c’era proprio bisogno di questo nuovo scontro tra politica e giustizia, con un’ennesima puntata dell’interminabile duello tra politici e magistrati sul tema, ormai logoro, del legittimo impedimento di Berlusconi a comparire alle udienze dei suoi processi. Eppure la Corte costituzionale aveva più volte richiamato l’esigenza insopprimibile di leale collaborazione tra le parti, soprattutto in questo campo, ma tutto sembra inutile.

Questa volta ad accendere gli animi è stata la duplice visita fiscale cui è stato sottoposto Berlusconi, mentre era ricoverato in ospedale. Era proprio necessario questo tipo di accertamento sanitario? Probabilmente no, poiché il giudice, di fronte ad un certificato medico che attesti l’impedimento assoluto di una parte a presenziare all’udienza, ben può valutarlo anche negativamente, ma è altrettanto vero che la valutazione negativa è più convincente se si basa sul riscontro di una visita medica disposta di ufficio. Questo probabilmente è stato il criterio che ha indotto i due giudici di Milano a seguire questa procedura nell’ambito dei rispettivi processi, e le   relative decisioni sono risultate diverse. Ma, nel comune sentire, la visita fiscale sottintende quasi sempre un sospetto di abusi da parte del soggetto che presenta un certificato medico. E questo sospetto, trattandosi di un ex-Presidente del Consiglio ha indubbiamente acceso gli animi degli esponenti politici del suo partito, i quali hanno visto in quelle visite fiscali il concretizzarsi di una sorta di accanimento giudiziario nei confronti di Berlusconi. Ma se il comportamento dei giudici a questo riguardo può suscitare qualche perplessità non è certamente giustificabile sotto ogni profilo il tipo di risposta adottato dagli stessi esponenti del medesimo partito dello stesso ex-Presidente del Consiglio e che è sfociato in una manifestazione politica all’interno del Palazzo di giustizia di Milano che il Capo dello Stato, in un suo comunicato, ha definito “senza precedenti”.
Il gioco delle azioni e delle reazioni è molto pericoloso perché può dare luogo ad esiti imprevedibili, tanto più in una atmosfera politicamente assai tesa come l’attuale, tanto che il Capo dello Stato ha espresso il suo “più vivo rammarico” per questa ennesima contrapposizione tra giustizia e politica, che pone in questione sia la libertà di espressione di ogni dissenso, sia l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Il forte appello ad un generale e comune senso di responsabilità è certamente condiviso da tutti quei cittadini, che vedono lo svolgersi, di fronte a loro, di una sorta di smarrimento generale, con forzature da ogni parte, così da rischiare di non trovare più i fondamenti di una sana e democratica convivenza.

In un momento in cui la gravità della situazione imporrebbe a tutti coloro che abbiamo eletto di trovare le soluzioni più adeguate, assistiamo invece ad atteggiamenti sconcertanti. Atteggiamenti che ci fanno intuire che non si cercano queste soluzioni, ma viceversa si prefigurano scenari diretti a nuovi assetti interni di partito e si cercano vie di fuga dai pesanti compiti che attendono le forze politiche, prospettando irresponsabilmente immediati ritorni alle urne. 0 anche si adottano non già comportamenti costruttivi, ma sostanzialmente ostruzionistici, o si fanno dichiarazioni, come quelle del leader di M5S, che gettano benzina sul fuoco invocando per Berlusconi la sorte di Craxi ed esprimendo l’auspicio che venga fatto fuori “per via giudiziaria” Tutto questo è assolutamente inammissibile e sembra addirittura in qualche modo gettare ombre sulla futura elezione del Presidente della Repubblica.

Ed il Presidente Napolitano, ancora una volta, rivolge un appello affinché i magistrati evitino il più possibile interferenze tra vicende processuali e vicende politiche. E le forze politiche, data la delicatezza degli adempimenti istituzionali in scadenza, evitino tensioni destabilizzanti per tutto il sistema democratico. Sarà seguito questo forte monito dai soggetti destinatari? Non basta sperarlo, occorre volerlo, per non lasciare il cittadino sempre più solo.


Grillo-Pd, aria d’inciucio
di Maurizio Belpietro
(da “Libero”, 13 marzo 2013)

Il Pd è uguale al Pdl, di diverso c’è solo la L. E dunque: mai alleati del partito di Bersani, nessuna fiducia a un governo che non sia il nostro. Non sono passati molti giorni da quando gli esponenti del Movimento Cinque stelle ripetevano queste frasi. E an ­cor meno tempo è trascorso da che le ha pronunciate il loro guru Beppe Grillo. Però ieri i neoeletti grillini si sono incontrati con la delegazione inviata da Bersani, discu ­tendo di possibili collaborazioni. Anzi, di più: a detta dell’agenzia Dire, vicina alla si ­nistra e per questo di solito ben informata quando si tratta di raccontare ciò che ac ­cade dentro il Partito democratico, l’M5S avrebbe rivendicato per sé la presidenza della Camera dei deputati. Il capogruppo a Montecitorio del movimento, Roberta Lombardi, agli emissari del Pd avrebbe fatto il seguente ragionamento: le cariche vanno assegnate non sulla base dei seggi, ma tenendo conto del voto degli elettori. Ergo, la signora intendeva dire: siccome alla Camera i grillini sono il primo partito, la poltrona più alta tocca a noi. Semplice no? Se non è accordo fra Pd e Cinque stelle poco ci manca: diciamo che siamo alle prove di inciucio, di lavori in corso che po ­trebbero concludersi di qui ai prossimi giorni, quando si tratterà di votare per le cariche istituzionali e anche per le pol ­troncine delle varie commissioni, tipo ad esempio quella delle presidenze del Copa sir, il comitato che controlla i servizi segre ­ti, e della Vigilanza Rai.

Di certo c’è che i delegati di Bersani, do ­po aver incontrato quelli di Grillo, aveva ­no l’aria molto soddisfatta del gatto che si è mangiato il sorcio e dunque c’è motivo di sospettare che l’innaturale matrimonio tra il movimento spacca sistema e i difen ­sori del sistema sia prossimo. Del resto il mercato delle vacche era stato inaugurato ancor prima che si chiudessero i seggi. Se da un lato apriva ad un’alleanza post ele ­zioni con Mario Monti, dall’altra il compa ­gno segretario teneva la porta schiusa nei confronti dell’ex comico, sperando di ar ­ruolarlo tra i supporter. Una volta preso atto di non avere i numeri per governare e che quelli di Scelta civica non erano sufficienti ad as ­sicurargli una maggioranza, il leader del Pd non solo ha aperto la porta a Grillo, ma l’ha addirit ­tura spalancata, inseguendo il santone di Genova con ogni ge ­nere di profferta. Il corteggia ­mento è stato tale che Bersani s’è beccato dello stalker, del molestatore di parlamentari, tanta è stata l’insistenza con cui ha inseguito i rappresentanti a Cinque stelle.

Ma se ü movimento fondato da Grillo sta diventando terra di conquista per la sinistra pro ­gressista e democratica, non si parli di compravendita. Quella infatti è appannaggio del cen ­trodestra. Se un parlamentare eletto con l’Italia dei valori o al ­tro schieramento confluisce nel Pdl, si tratta di corruzione, so ­prattutto se la giravolta è fatta in cambio di denaro o altre utilità. Se invece a cambiar casacca, o semplicemente a tradire dopo un giorno le promesse agli elet ­tori, è uno che da destra o altro ­ve passa a sinistra, si tratta solo di alto senso di responsabilità. Che i fatti stiano così è acclarato da un pezzo, fin da quando il primo governo di Massimo D’Alema, per nascere, favorì l’esodo di 26 deputati del cen ­trodestra verso il centrosinistra. Alcuni furono premiati con la nomina a ministro, altri con quella a sottosegretario. Ci fu perfino un missino che in un lampo passò dal busto di Mus ­solini al bustino di Baffino e per questo si ritrovò viceministro della Difesa.

Tuttavia, in quel caso, non ci fu scambio di euro ma solo di poltrone. E a quanto pare la da ­zione ambientale che prefigura la corruzione si rasenta solo quando c’è della moneta sonante, non qualche incarico importante. Dunque, dal 15 marzo in poi, via con la giostra degli onorevoli. Del resto nella precedente legislatura i voltagabbana furono 161, una cin ­quantina solo quelli capitanati da Gianfranco Fini, nonostante si parli solo di De Gregorio e Scilipoti. Per eguagliare il numero e magari battere il record del passato bisogna dunque darsi da fare sin dall’inizio. E infatti le Camere rischiano di aprirsi su ­bito con un bel ribaltone, cioè con il Movimento Spaccatutto che come prima mossa incolla un suo rappresentante alla pol ­trona di Montecitorio, per poi tentare di fare l’Attack di una maggioranza che altrimenti non starebbe insieme. Se non ci fosse di che preoccuparsi per le nostre sorti e per quelle dell’economia del nostro Paese, assistere a ciò che seguirà in ca ­so di governo Bersani-Grillo sa ­rebbe uno spasso. Peccato che a pagare il conto dello spettaco ­lo di un’inedita alleanza tra Cinque Balle e Pd, alla fine, sa ­rebbero ancora gli italiani.


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Bart