La Caporetto di Fini, ma anche dello Stato12 Novembre 2010 Se Berlusconi manterrà la barra dritta confermando il suo rifiuto di dimettersi senza che prima il Parlamento lo abbia sfiduciato, si può prevedere che andremo presto alle elezioni. Qualcuno ha già ipotizzato la data: il 27 marzo, accorpando politiche e amministrative. La parola, ossia, tornerà finalmente agli elettori, gli unici che possono confermare o respingere il governo Berlusconi e il suo programma. Tutti gli altri non ne hanno né possono averne titolo. Il Parlamento è un organo delegato a portare avanti ciò che è il risultato del voto popolare. Dunque il Parlamento non può cambiare maggioranza né cambiare presidente del Consiglio, come pure non può cambiare il programma votato dagli elettori. Se avvenisse questo la Costituzione, checché ne dicano gli interpreti fasulli, sarebbe violata. Il Parlamento non può agire in contrasto con le scelte dei cittadini. Punto. È tanto mai semplice il ragionamento che chi ancora continua a contrastarlo è un mentitore ed è, ne sia cosciente o meno, un sovversivo. Non credo che il capo dello Stato se la sentirà di andare contro la volontà degli elettori. Una cosa sono le chiacchiere e una cosa sono i fatti. Ma potrebbe succedere. E allora ci dovrà essere una reazione durissima da parte del Pdl e della Lega Nord, una reazione che contempli il non riconoscimento del nuovo governo “del palazzo” e la diserzione dal Parlamento e dalle commissioni. Siamo arrivati alla fase ultima di questa legislatura. L’errore compiuto da Fini a Bastia Umbra con quell’aut aut gridato a Berlusconi sta diventando la sua Caporetto. Ieri ad Annozero se n’è avuta la prova con Italo Bocchino, che ormai recita sempre la stessa parte, a pappagallo, e fa pena. Come scrissi il presidente della Camera si è infilato in un cul de sac, dal quale non può più uscire se non perdendo la faccia davanti ai suoi seguaci. I quali sono quasi tutti dei facinorosi, una speciale banda di guastatori, che mal digerirebbero la fellonia del loro leader. Fingono di attendere ancora la risposta ufficiale di Berlusconi, il quale l’ha già data, e più di una volta. Ultimamente da Seul: Non mi dimetto e se Fini vuole le mie dimissioni, le chieda in Parlamento. È una chiara sfida, alla quale Fini non potrà sottrarsi, come non potrà sottrarsi al ritiro (lo farà lunedì?) degli uomini del Fli presenti nel governo. Anche se volesse fare marcia indietro, oltre alla derisione di una buona parte dei suoi sgangherati lanzichenecchi, avrebbe quella dell’opposizione, che comincerebbe a sparare bordate contro di lui. E Fini sa bene che se al momento ha salvato la pelle, lo deve all’appoggio dell’opposizione e di quella parte della magistratura che ne è il braccio armato. Non solo Fini è alla sua Caporetto, ma anche lo Stato. Napolitano è colpevole per avergli tenuto il moccolo. Mai che abbia sentito il dovere di un richiamo. Il suo è stato un silenzio pesante. Colpevole. Così come sono colpevoli le sue esternazioni fuori dai limiti che la sua carica gli impone. Da ultimo le critiche che ieri si è sentito in dovere di avanzare alla legge finanziaria all’esame delle commissioni parlamentari. Non è la prima volta che interviene pesantemente sui lavori del Parlamento. Lo ha fatto recentemente, se ricordate, anche sul Lodo Alfano. Due delle più importanti cariche dello Stato, dunque, hanno smarrito il senso del proprio dovere e dei propri limiti, marcati dalla Costituzione a salvaguardia degli altri poteri. P.S. Fa il paio con quanto ho scritto sopra la sanzione inflitta ieri dall’Ordine dei giornalisti a Vittorio Feltri. Un’altra vergogna della nostra decaduta democrazia. Letto 1490 volte. | ![]() | ||||||||||
Commento by Mario Di Monaco — 12 Novembre 2010 @ 10:25
Ieri Napolitano ci ha solennemente informato che nel paese c’è una gran confusione, di cui ovviamente egli non avrebbe alcuna responsabilità in ragione della sua doverosa posizione di neutralità.
Il Governo sarebbe bloccato a causa della sua incapacità di decidere le priorità.
L’opposizione denuncia una crisi di governo conclamata, ma indugia ad intraprendere la via istituzionale prevista per ottenere le dimissioni del Premier.
Di Pietro sarebbe invece deciso, ma non ha i numeri per proporre una mozione di sfiducia.
Fini vorrebbe che fosse il Premier stesso a dimettersi o magari che s’impegnasse per trovare i numeri ed il modo per farsi sfiduciare.
Tutti hanno paura ad andare in Parlamento ad esibire la conta, sia per i forti dubbi sul suo esito, sia per la responsabilità che sanno di assumersi per la mancanza di una seria alternativa a questo governo.
Napolitano e gli altri sanno benissimo che l’unica via possibile per uscire in modo onesto da questo pantano sarebbero le elezioni, rimettendo ai cittadini il giudizio su ciò che è accaduto e la scelta di colui a cui dovrà essere rinnovato il mandato di guidare il paese.
Ma ciò che li trattiene è il fondato timore che le elezioni potrebbero sanzionare l’immutata fiducia dei cittadini nell’attuale Premier e nell’operato del suo governo.
Commento by giuliomozzi — 12 Novembre 2010 @ 15:41
Bart, scrivi: “Il Parlamento è un organo delegato a portare avanti ciò che è il risultato del voto popolare. Dunque il Parlamento non può cambiare maggioranza né cambiare presidente del Consiglio, come pure non può cambiare il programma votato dagli elettori.”
Questo è falso.
L’articolo 67 della Costituzione dice l’esatto contrario: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
Può piacere o non piacere; si può pensare che tale articolo sia inopportuno e vada cambiato; ma così è.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 12 Novembre 2010 @ 17:36
Ne ho già discusso con te qualche mese fa. Scrissi un articolo in proposito. L’interpretazione dell’art 67 (che va modificato o abolito proprio perchè si presta ai giochi di palazzo) è nato per evitare che un SINGOLO parlamentare potesse essere sottoposto a ricatti nella fase della sua elezione. Non riguarda il Parlamento, organo collettivo, il quale deve muoversi nelle linee del programma votato dagli elettori. E’ per questo che il governo è chiamato a proporre leggi, e a difendersi dal contrario, che vadano nella direzione voluta dai suoi elettori.
Il perno della Costituzione è dato dall’articolo 1 che stabilisce che la sovranità appartiene al popolo. I suoi limiti stanno nel fatto che 60 milioni di cttadini non possono mettersi lì a discutere e a fare le leggi. A questo viene delegato il Parlamento, che, ovviamente, non può legiferare in contrasto con la volontà popolare.
Ti dice nulla che il Parlamento abbia già i suoi limiti nella Costituzione?
La Costituzione è l’impianto generale che regge il Paese. Invece i governi con i suoi programmi tende a realizzazioni particolari tempo per tempo, e anche queste realizzazioni pongono dei limiti al Parlamento, il quale deve andare in quella direzione. Così come deve andare nella direzione della Costituzione.
Insomma, il Parlamento è un organo delegato a rappresentare la sovranità popolare e non può andare contro di essa. Se il popolo ha eletto una maggioranza questa è tenuta a realizzare il programma che gli elettori hanno scelto.
Commento by giuliomozzi — 12 Novembre 2010 @ 18:06
Lo so, Bart, che hai già sostenuto queste falsità. Ma il fatto che tu le ripeta non le fa diventar vere.
Se ogni singolo parlamentare è libero, una volta eletto, di votare come vuole e sostenere il governo che più gli piace, ne consegue che un governo può cadere ed essere sostituito da un altro, diversamente composto.
Come è avvenuto (ricordi?) per un bel po’ di decenni.
Si può decidere che questo è inopportuno, e quindi cambiare la Costituzione.
Si può ritenere che, in questo caso specifico, un governo sostenuto dalle attuali opposizoni e non sostenuto da tre quarti (e passa) dell’attuale maggioranza avrebbe un qualcosa di mostruoso; e che quindi siano meglio le elezioni che un pasticcio simile.
Peraltro, ho una curiosità. Uno schieramento parlamentare composto dall’attuale opposizione e dagli ex Pdl, in termini di voti ottenuti e non di seggi, rappresenterebbe più o meno votanti di quelli rappresentati dal Pdl senza gli ex?
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 12 Novembre 2010 @ 20:21
Sul primo punto (il parlamento non può contrastare la volontà popolare) siamo distanti ed è inutile perderci tempo. Io sono convinto che questa è sempre stata la logica della Costituzione.
Logia ripristinata dalla nuova legge elettorale, che ha rimesso in parte le cose nella giusta luce e dato valore e significato all’art. 1 della Costituzione.
Sul secondo punto (la tua curiosità) non lo so e non ho voglia di andarmi a cercare i risultati elettorali del 2008. Perché non servirebbero a nulla. La situazione si fotografa al momento del voto. E al momento del voto la maggioranza degli elettori ha scelto un programma ed un governo. Per modificarli occorre di nuovo tornare al voto.
Gli uomini e le donne che votarono nel 2008, infatti, non è detto che oggi si sentano necessariamente allineati con la coalizione che votarono.
Uno che ha votato per il centrosinistra allora, oggi potrebbe non autorizzarlo più ad utilizzare il suo voto, avendolo deluso in questo lasso di tempo. Ha il diritto di essere ascoltato di nuovo.
Così un elettore della coalizione di centrodestra.