La legalità di Fini28 Luglio 2010 Ho già scritto che Fini è il meno adatto a parlare di legalità , visto che non rispetta il suo ruolo istituzionale, e quindi è in forte odore di sospetto. Si dice: Guarda da che pulpito viene la predica! È un modo di dire che calza a pennello nel caso di Fini. Credo, e lo spero tanto, che da Orvieto sia partita la giusta reazione del Pdl contro un uomo che, con la scusa di volerlo migliorare, mira a distruggerlo. Lasciata ad ammuffire la bandiera dell’immigrazione, anch’essa perciò pretestuosa, ora cavalca la bandiera della legalità . La legalità è quella, e unicamente quella, che viene fissata dalle leggi. Non si può inventare. È tutta scritta e ben definita. Una di queste prescrive che il cittadino (non fa distinzioni tra semplice cittadino e uomo politico) ha diritto alla presunzione di innocenza fino a sentenza di condanna definitiva. Quando si applica questa norma alla politica, la si stravolge, e in pratica l’indagato viene condannato a prescindere da una sentenza della magistratura. Credo che la sola strada praticabile in questi casi possa essere solo quella che si rimette alla volontà dell’indagato, il quale può decidere sua sponte se rimanere nell’incarico o dimettersi. Nessuno può forzare a farlo, perché di fronte alla legge, cioè secondo la legalità , quella autentica, egli è innocente fino a condanna definitiva. Quando Fini sermoneggia che gli indagati debbono dimettersi, e quindi allude anche a Berlusconi, va contro la legalità . I distinguo che pone sono fasulli, frutto di ipocrisia e di peloso interesse di parte. Ieri ho ricordato le parole di Fabrizio Cicchitto, che rammento di nuovo: «un partito garantista non può farsi definire gli organigrammi interni dagli interventi dei magistrati inquirenti senza attendere tutte le chiarificazioni processuali e non. Così ci regolammo quando i pm di Napoli chiesero addirittura l’arresto di Bocchino. In quell’occasione solidarizzammo con lui e Fini condivise quella linea ». Fini a quel tempo, dunque, difese Bocchino e non gli chiese di dimettersi. Che differenza c’è tra il caso Bocchino e i casi di Verdini e Cosentino? Nessuna. Soltanto che Bocchino è un suo pupillo, Verdini e Cosentino no. Bella lezione di legalità ! Come Bocchino risultò alla fine innocente, così potrebbe accadere per gli altri due. Bocchino restò a ricoprire il suo incarico, con il beneplacito di Fini. Perché non possono farlo gli altri due? I cittadini lo sanno bene, e credo che non abbocchino alle giravolte di Fini, che in questi ultimi mesi si sta probabilmente allenando per finire a fare le capriole in qualche circo di paese, visto che come uomo politico rischia ormai il licenziamento. Si ricordi Berlusconi che Fini ha perso qualsiasi credibilità di alleato. Non faccia l’errore di pattuire una tregua con lui. Se ne pentirebbe amaramente. Qualsiasi ammorbidimento di Fini, sarebbe sempre sospetto. Fini non rinuncerebbe mai al suo obiettivo di far cadere Berlusconi. Va smascherato come fu smascherato Uriah Heep nel romanzo di Dickens, David Copperfield. Ci sono giornalisti che ancora auspicano la pace tra i due. Che non li ascolti! A costoro non interessa nulla del Pdl. Anzi, sapendo bene che tra i due non potrà più esserci amicizia, si assicurerebbero, se Fini rimanesse nel Pdl, tanto materiale da poter scrivere chi sa per quanti anni ancora. Un Fini fuori del Pdl non farebbe più storia. Non interesserebbe più a nessuno. Che Berlusconi non si lasci convincere dalle colombe. Orvieto ha dato un segnale forte. Confido che i falchi del partito lo sappiano cogliere e rafforzare. Articoli correlati“Berlusconi, discorso sui giudici in Aula” di Marco Galuzzo. Qui. “Il Cavaliere furioso con il cofondatore “Ora basta, con Fini domani chiudo” di Francesco Bei. Qui. Da cui estraggo: “Pdl, questione morale: Fini e la strana casa al mare a Montecarlo” di Gian Marco Chiocci. Qui. “Dalla camicia nera alle toghe rosse, la deriva di Gianfranco” di Giancarlo Perna. Qui. Da cui estraggo: “Tra gli zelatori recenti dell’attivismo giudiziario, si è distinto Gianfranco Fini. La sua ultima uscita è stata: «Chi è indagato deve dimettersi da ogni incarico politico ». Prima di lui lo aveva detto solo Totò Di Pietro, un uomo dalla inarrestabile vocazione di brigadiere. La mossa di Fini è il passo decisivo per consegnare ai tribunali la residua libertà di parlamentari e partiti. Se il criterio fosse effettivamente adottato, ogni singolo pm di ogni più remota procura d’Italia – il più fesso, il più ignorante, il peggio maldisposto – potrebbe impalare il governo più popolare e votato.” “Nemmeno – udite – si è dimesso, un anno e mezzo fa, il pupillo di Fini, Italo Bocchino, altro santarellino dell’ultima ora. Italo – sospettato di turbativa d’asta e di rapporti poco chiari con un imprenditore – ha aspettato la sentenza di assoluzione continuando a ricoprire la carica di vice capogruppo dei deputati Pdl. Non risulta che, nelle more, Gianfranco gli avesse ingiunto di dimettersi. Ma gli amici, si sa, sono piezze ‘e core.” “Ma la vera lobby occulta è quella di pm e sinistra” di AlessandroSallusti. Qui. Da cui estraggo: “Sì, il Csm è un’associazione segreta, molto più pericolosa della P3, perché gode di totale immunità ed è in grado di infierire su altri poteri dello Stato, condizionandone scelte e organici. ” “Rottura a un passo: è pronto il partito di Fini” di Francesco Cramer. Qui. “Rispetto Saviano ma lui accetti le critiche” di Marina Berlusconi. Qui. “Aria di tempesta nel Pdl, il Cav. pronto a rompere con Fini dopo la manovra” di Salvatore Merlo. Qui. “Il Cav. si prepara alla tempesta “perfetta” con Fini e chiama il Pdl” di Lucia Bigozzi. Qui. Una lettera di Fini del 1988 sulla questione morale. Qui, pag. 29. “La rottura con Fini ormai definitiva” di Francesco Verderami. Qui, pag. 30. “Il governo si prepara all’addio con Fini dopo la manovra” di Massimo Franco. Qui, pag. 34. “Ecco perché è difficile cacciare Gianfranco” di Andrea Valle. Qui, pag. 40. Letto 2404 volte. | ![]() | ||||||||||
Commento by Mario Di Monaco — 28 Luglio 2010 @ 11:14
Ieri nell’intervista di Lucia Bigozzi pubblicata sui quotidiani l’Occidentale e il Legno Storto, l’Onorevole Mantovano definisce la  legalità come il contrasto a forme più gravi di aggressione a ciò che la legge tutela.
Io aggiungerei che, per il nostro paese, in particolare, la legalità significa anche assicurare il reale ed effettivo rispetto del principio della certezza del diritto, soprattutto per ciò che concerne la possibilità di interpretare chiaramente ed in modo univoco il significato delle leggi.
La complessità qualitativa e quantitativa delle norme ed un sistema giudiziario inefficiente danno invece origine ad infinite controversie interpretative che creano dubbi e insicurezze nei comportamenti e nelle relazioni sociali dei cittadini.
Assistiamo di continuo ad inchieste giudiziarie che dopo aver provocato condanne mediatiche di autorevoli personaggi si concludono con un niente di fatto.
In un tale contesto, affermare che gli indagati dovrebbero astenersi da ricoprire incarichi politici è del tutto irragionevole e provocatorio e fanno bene gli esponenti del PDL a prendere le distanze da una simile posizione, che definire giacobina sarebbe puro eufemismo.