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Le balle di Monti

19 Dicembre 2011

di Maurizio Belpietro
(da “Libero”, 18 dicembre 2011)

Da quando è stato eletto, Mario Monti non perde occasione per dire che non ha ambizioni politiche. A sentire lui, scapperebbe subito a gambe levate da Palazzo Chigi. In realtà ho la sensazione che alla gui ­da del governo l’ex-rettore della Boc ­coni non si senta poi così a disagio. Al punto che ritengo non abbia alcu ­na intenzione di far le valigie. Di cer ­to, il neo presidente del Consiglio ha imparato in poche settimane le astuzie della politica. In una in par ­ticolare eccelle: quella di gettare fu ­mo negli occhi e di far credere all’opinione pubblica ciò che non è.

Per rendersene conto basta pas ­sale in rassegna le misure del cosid ­detto decreto salva Italia, in partico ­lare quelle contenute nella versione bis varata dopo le critiche. Accortosi che a sindacati e partiti i provvedi ­menti non piacevano, Monti ha ad ­dolcito la stangata con una serie di interventi demagogici, che non ser ­viranno ad aumentare le entrate, ma risolleveranno la sua immagine. Cominciamo dalla tassazione delle pensioni d’oro. Per colpire i pensio ­nati e far digerire a Cgil, Cisl e Uil il blocco delle rivalutazioni dei vitali ­zi, il premier ha annunciato un pre ­lievo del quindici per cento su chi, essendo a riposo, incassa un asse ­gno superiore ai 200 mila euro lordi l’anno. Per dirla   «altri noti » pagherebbero.

Ma se non ci si ferma alle dichia ­razioni bellicose del presidente del Consiglio si scopre che i pensionati d’oro sono in tutto duemila e ammesso di riuscire a far pagaie a ognuno di loro 10 mila euro, al massimo si recu ­perano 20 milioni. Un cifra che non solo non risolve il problema del reperimento delle risorse, ma neppure ci consentirebbe un serio abbattimento del debi ­to. Diverso sarebbe stato se il prelievo fosse stato fatto sui pensionati baby, che sono molti più di duemila. Ma al sindacato la mossa non sarebbe piaciuta. Dunque, meglio tassare quanti godono del vitalizio super: quel ­li non hanno nessuno che li rap – presenta.

Fumo negli occhi anche per quel che riguarda le case all’estero. Nella nuova versione del decreto è previsto che il con ­tribuente residente in Italia ma proprietario di un appartamen ­to fuori dai confini nazionali pa ­ghi il 7,6 per cento sul valore d’acquisto. Se i locali sono stati comprati vent’anni fa, il calcolo si effettua sul costo storico, sen ­za tener conto della rivalutazio ­ne e dunque c’è da aspettarsi le briciole, non un serio gettito. Non solo. Siccome in altri Paesi, come ha avuto modo di spiega ­re lo stesso Monti presentando il suo governo alle Camere, le abitazioni sono già sottoposte a tassazione, il decreto salva Italia per evitare la doppia imposizione prevede che il contribuente possa dedurre le imposte già pagate. Risultato? Gli italiani con casa all’estero, dopo avere versato la tassa a Monti, potran ­no chiederne la restituzione. Insomma si tratterà di una partita di giro. O, meglio, di una presa in giro.

Non molto diversa è l’impo ­sta che colpisce gli yacht, già ribattezzata la tassa sul lusso. L’esecutivo, per contentarela Camussoe i suoi compagni, ha infilato una norma che fa paga ­re un tot a chiunque stazioni nei porti. In principio la misura col ­piva qualsiasi natante sopra i dieci metri, poi, capito che an ­che se lunghe non tutte sono imbarcazioni da ricconi, Monti l’ha ridotta alle barche di recen ­te immatricolazione. In realtà, anche questa misura è turo specchietto per le allodole, messo nella manovra per con ­sentire al premier di parlare di equità mentre stanga pensio ­nati e ceto medio. Infatti, tra possessori di yacht è tutto un passa parola per trasferire la barca in Costa Azzurra e in Croazia. Di soldi alla fine ne ar ­riveranno pochini, tant’è che a bilancio sono stati iscritti alcuni milioni. In compenso le località marittime si preparano a veder calare gli afflussi – e dunque il gi ­ro d’affari – la prossima estate.

Altrettanto demagogica è la misura riguardante le auto di lusso, le quali poi – dato che il super bollo si applica anche sul ­le piccole ma potenti – tanto di lusso non sono. I veri ricchi, quelli con le Ferrari, se vogliono hanno una scappatoia per evi ­tare l’imposta. Basta che l’auto la prendano da una società di leasing estera, che immatricola il veicolo fuori dai confini nazio ­nali. Grazie alla targa straniera l’auto sfuggirà alle imposte di Monti.

Degli scudati ho scritto più volte: siccome da mesi si parla ­va di una tassa su chi aveva fatto emergere i capitali evasi, è assai probabile che fiutata l’aria molti di loro abbiano fatto perdere le tracce. Garantiti dall’anonima ­to, avranno preso i loro soldi e se li saranno portati dove li te ­nevano prima o in un posto ancor più sicuro.

Tutto ciò per dire che la mag ­gior parte dei provvedimenti che secondo il premier garanti ­scono l’equità della manovra in realtà sono aria fritta, imposte fasulle messe lì per giustificare le misure varate da Monti e compagni. Ossia la stangata su pensionati e ceto medio. Anche sui tagli c’è poi da ridire. Quello delle Province non c’è,la Castaè riuscita a farla franca, i buro ­crati di Stato hanno salvato gli stipendi. Nella manovra più che tagli ci sono dei graffietti. Un milione e mezzo di risparmi con la chiusura dell’agenzia nuclea ­re, una ventina dall’incorpora ­zione nell’Inps degli altri enti previdenziali. In pratica, noc ­cioline.

È per questo, per la furbizia con cui il presidente del Consi ­glio alza una cortina fumogena sul decreto presuntuosamente soprannominato salva Italia, che non riesco a parlar bene di Monti. Non sono uno sfascista, come teme qui sotto il nostro più eccellente opinionista Giampaolo Pansa. Penso al contrario che un contributo allo sfascio lo stia dando proprio il professore della Bocconi, il qua ­le, invece di fare ciò per cui è stato chiamato, fa tutt’altro. Niente tagli, ma più tasse. Nien ­te rigore, ma buonismo (basta vedere ciò che stanno facendo il ministro della Giustizia e quello dell’integrazione). Caro Giam ­paolo, tu ancora mi chiedi: ma se fallisce Monti chi ci mettia ­mo? Ripeto: Mario Draghi. Che a differenza del premier un vantaggio ce l’ha: essendo stato per anni il direttore generale del Te ­soro, sa dove mettere le mani. Almeno lui non sarebbe un marziano a Palazzo Chigi.

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“Prodi dà ragione al Cav: “La crisi? Tutta colpa di Francia e Germania” di Chiara Sarra. Qui.

Sulle Lobby al potere, qui.


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Bart