Le conseguenze dei referendum15 Giugno 2011 Non erano lambiccamenti quelli che facevo l’altro giorno circa le conseguenze dei referendum, ed in particolare di quelli sull’acqua. Il 23 bis abrogato contemplava una lenzuolata di situazioni che in realtà non attenevano soltanto all’acqua, e comunque anche nel caso dell’acqua vi erano normative efficientiste che sono state spazzate via dai due Sì specifici. Già ora alcuni governi locali (ma addirittura anche l’ANCI) stanno apparecchiando richieste che rimedino alle difficoltà create dalla sparizione ex abrupto dell’art. 23 bis. La mia idea è questa: siccome è stato buttato il bambino insieme con l’acqua sporca, il bambino è praticamente perduto. I rimedi saranno difficili e forse impossibili, visto che andrebbero comunque a violare la portata onnicomprensiva dei referendum. I cittadini staranno attenti affinché non accada quanto accadde anni fa, ad esempio sul finanziamento pubblico ai partiti e sulla responsabilità civile dei magistrati, i cui esiti furono furbescamente riparati dalla classe politica. Credo che tra tutti i partiti quello che si troverà in maggiori difficoltà sarà il Pd, che per montare sul carro del vincitore non si è risparmiato di rimangiarsi la sua politica di liberalizzazione in favore di uno statalismo che chi è più anziano conosce molto bene per le sue manchevolezze e le sue incapacità . Come scrivevo, dalle amministrazioni locali verranno le richieste di correzione, se non di ripristino delle normative spazzate via, e non è difficile immaginare il forte contrasto tra i dirigenti nazionali del Pd, freschi freschi della vittoria referendaria (ma anche cotti e stracotti, mi verrebbe da dire) e gli amministratori locali di sinistra. L’imbarazzo sarà grande, quando verranno enumerate le disastrose conseguenze che si ripercuoteranno sulla gestione dell’acqua, ma anche, ad esempio, dei trasporti su gomma, e dei rifiuti, se non saranno presi provvedimenti. Con il capitale pubblico non si potrà rimediare alla mancanza di investimenti per sostenere tali servizi. A meno che non si voglia aumentare le tasse. Ma l’assenza di capitale privato avrà una sola conseguenza, che varrà per qualunque coalizione si troverà a governare sotto la clava dei referendum appena celebrati: l’aumento delle tasse. Non è immaginabile infatti che i privati mantengano i loro capitali in un investimento a remunerazione zero. Alcuni molto probabilmente avvieranno a poco a poco un processo di allontanamento per andare ad investire altrove, magari all’estero. La mia preoccupazione è che questi mesi che ci dividono dalla scadenza elettorale saranno tutti occupati per rimediare ai buchi che un referendum, valutato distrattamente (e forse fin troppo politicamente) dalla Cassazione e dalla Consulta, ha scavato a danno della collettività . Temo che quando i cittadini si renderanno conto dell’errore in cui l’opposizione li ha irresponsabilmente trascinati, accecata ancora una volta dall’antiberlusconismo, sarà troppo tardi per rimediare. Si dice che taluni errori siano stati compiuti in questa campagna referendaria da chi (soprattutto del centrodestra) avrebbe dovuto spiegare tenacemente e lucidamente la portata dei quesiti referendari, in modo che i cittadini, informati solo strumentalmente dalle opposizioni, si trovassero nella condizione di scegliere a ragion veduta. Sono d’accordo. Ma il cittadino ha votato. Sapesse o no al momento di tracciare la crocetta che cosa stesse facendo è problema opzioso che ormai non interessa più, e dobbiamo assumere che egli abbia esercitato il suo voto consapevolmente. Fra l’altro, questo è stato, si badi, non un voto per mandare a casa Berlusconi, come auspicava l’opposizione, bensì un voto per confermare, con una cassa di risonanza ancora più efficace, che l’elettorato sta già pensando all’appuntamento politico del 2013 e se il governo non manterrà nel frattempo le sue promesse, l’esito del voto sarà scontato, e in linea con la protesta. Ossia il centrodestra dovrà passare la mano. Dunque: il governo si troverà tra due fuochi. Il primo è rappresentato dalle riforme chieste e pretese dall’elettorato, prima fra tutte quella del fisco. Il secondo è rappresentato dalle pressioni che verranno dalle amministrazioni locali per legiferare a rimedio dei vuoti normativi lasciati dalla vittoria del Sì. Dubito che il governo possa farcela ad ottemperare a tutto ciò. Altri articoli“Referendum, finita l’euforia è svelato il bluff Ecco la verità : l’acqua pubblica costerà di più” di Laura Cesaretti. Qui. Letto 4143 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||