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La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LETTERATURA: Cosimo Giorgieri Contri: “Serenella delle fonti”, 1930

20 Luglio 2019

di Bartolomeo Di Monaco

Siamo nella Valdinievole, alle Terme di Montecatini. È lì che, contro il volere della famiglia, soprattutto del fratello Santi, è andata a lavorare nella stagione estiva Serenella, ventiquattro anni, dalla “bella giovinezza florida”. Serve la clientela, è “una mescitrice”: “andò alla fonte, riempì un bicchiere, lo porse, tornò. La sua andatura era leggera e snella, nel vestito a righe bianche e celesti.”. Viene dal vicino paese di Monsummano e ha preso in affitto una camera nei paraggi delle terme, da Gertrude, che fa le pulizie presso le stesse, e Cincinnato, che fa il calzolaio, a cui manca una gamba. La coppia ha due figli.

In questo romanzo la scrittura di Giorgieri Contri è intrisa più che altrove di decadentismo dannunziano, e solo raramente si distende, come abbiamo visto accadere invece, ad esempio, a quella di Angelo Gatti. Si alimenta ogni tanto della parlata toscana (“cicalìo toscano”), che le dà un tocco di grazia.

Serenella è innamorata di un giovane lucchese che frequenta le terme, Francesco Lanti, figlio di notaio. Quando non lo vede, si rattrista: “Non c’era che il lampo degli occhi che tradisse di tanto in tanto in lui il desiderio che si sveglia: non c’era che la ritrosia di lei a segnare di tanto in tanto una sua contenuta emozione.”. Teme di cadere, infatti, in qualche trappola sentimentale, secondo gli avvisi del rigido e ostile fratello Santi e del padre Olinto (“un vecchio ceppo di quercia”), e di finire come la sorella Nuvola, di tre anni più grande, fuggita di casa per fare la cantante. Bella la descrizione che ne fa nel capitolo VI, dove la scrittura s’impenna di gagliardia: “un poco magra e sdutta come un giovine pioppo.”. Ha un altro fratello, il maggiore, Pietro, ma è emigrato in America. La madre è morta da tempo.

L’autore mette una semplice ragazza di campagna di fronte al desiderio della sua vita: andare sposa ad un uomo che si ama e ci fa sognare. A Serenella un tale desiderio pare impossibile da realizzare.

L’incontro tra i due avviene. Francesco va al convegno spinto dalla curiosità di un sentimento nuovo che lo inquieta; Serenella è sospinta dal convincimento che ciò che avverte sia l’amore. Ma è prudente: “Per ora tutto il suo piacere era quello di camminargli a fianco, così, liberamente, come se avessero entrambi l’abitudine da un pezzo”; “Chissà! chissà che cosa le avrebbe dato l’amore?”. L’autore è così bravo a descriverci questo primo incontro da farci ricordare i nostri amori giovanili: imperizia, titubanza, paura di sbagliare, impaccio nelle parole, nel passare dal voi o dal lei al tu, e così via. Montecatini Alto, dove esso avviene, diventa così un luogo dell’anima.

Quando ricompare la sorella, che la manda a chiamare in un albergo di Montecatini, dove ha preso alloggio con il ricco amante Giacomo, l’innocenza della giovane viene però a contatto con un mondo diverso, che ella percepisce come ambiguo e corrotto. Ne è turbata. Il rapporto con Francesco a poco a poco si carica di voluttà. Ma giunge l’autunno, Francesco è partito per Londra, dove starà sei mesi per imparare la lingua. Serenella è tornata a casa sua.

Il mondo contadino si allarga sempre più, dal momento in cui le terme chiudono la stagione: il paese si raccoglie; abitudini e usanze riprendono e tutto ritorna come se il tempo passato non fosse mai trascorso. L’autore sa farci rivivere quelle lontane atmosfere, suscitando nel lettore di una certa età un po’ di nostalgia: Serenella: “Quand’ella, sola nella casa vasta, nei lunghi pomeriggi bigi, agucchiava o sfaccendava, sempre il suo pensiero correva a lui, rimescolava le impressioni usate. Udiva di là in qualche stanza, come lei intenta a sfaccendare, cantarellare la Viana, la ragazza che ella aveva preso a servizio.”.

La vita che si conduce alle terme è uno sfondo che a poco a poco si fa soggetto di rilevanza: vediamo la folla che si dà di gomito alle cannelle dell’acqua salubre, che un poco schiamazza, oppure la vediamo seduta negli ampi spazi destinati alla conversazione e al chiacchiericcio, oppure entusiasticamente e rumorosamente partecipe delle elezioni della Reginetta delle terme, scelta tra le mescitrici (“il bailamme delle lingue di tutta Europa e dei dialetti di tutta Italia”). Ed è proprio grazie a tale crescente rilevanza che il decadentismo presente nel romanzo qualche volta si attenua ed emenda la malinconica storia d’amore. Qui siamo “verso la metà di agosto”, al matrimonio di una compagna di lavoro di Serenella, Palmira: “E le vivande continuavano ad avvicendarsi, e il vino a scorrere e i pizzicotti a circolare, in quella gaiezza nuziale incisa di motti tanto più crudi quanto più parte dei convitati erano cotti. (…) Poi furono le solite variazioni: il solito menestrello del villaggio cantò gravemente qualche canto toscano, di quelli che risuonavano durante le falciagioni e le vendemmie. E tutti fecero coro. Poi il canto più grave prese la cadenza di danza: e quelle ragazze, di cui solo poche avevano apparenza di ninfe, e quegli uomini che volevano tutti avere apparenza di satiri, trepestarono in ritmo come per una frenesia di balli campestri, propizi alle strette e alle cadute.”.

Durante questo matrimonio apprende che Viana, la giovane che fa servizio a casa sua, è rimasta incinta e ha scelto di abortire. La notizia la getta nello sgomento e diventa ossessione. Comincia a pensare che ciò potrebbe accadere anche a lei. E come si comporterebbe Francesco? Non passa giorno che non riflette su tale eventualità. Diventa inquieta, preoccupata: “Il pensiero di Viana le tornava di colpo.”. Francesco, che è partito, intanto non dà più notizie di sé. A complicare le cose si presenta davanti a lei, mentre è al lavoro, Martina, la mammana che aveva aiutato Viana ad abortire, e le consegna un suo biglietto da visita: “una donna atticciata e robusta, rossa in faccia, sotto un cappello sgargiante, dove dei mazzi di fiori ondeggiavano con una eleganza da mercato o da fiera.”. Ormai Serenella sospetta di essere incinta e che gli altri se ne avvedano. Le stesse amiche le dicono che è diventata più belloccia.

L’autore centra su questo punto la curiosità del lettore, che intuisce, ma non è sicuro poiché in nessun momento ha percepito con convinzione una intimità così stretta tra Serenella e Francesco: “Ma ormai ella andava come alla deriva: ella era come travolta da una corrente che fosse più forte d’ogni sua volontà.”.

Così decide di andare a far visita alla mammana per avere certezza del suo stato.

E questa le dà la risposta che teme: è incinta di quasi tre mesi. Le fa intravvedere la possibilità dell’aborto: “I suoi pensieri le sfuggivano, si confondevano, si ammassavano.” Infine, prevale il desiderio della maternità: “Adesso non più Francesco teneva il primo posto nel suo cuore”.

La svolta e la determinazione di una scelta precisa appartengono ora tanto al personaggio che al suo autore, che si mostra, così, compreso nel suo tempo.

Ma Serenella scoprirà anche che, al suo ritorno, Francesco ha perso interesse per lei.

Ha portato con sé una nuova compagna.

È il tema di una sedotta e abbandonata molto caro alla letteratura e al cinema. Si pensi al bel film “Sedotta e abbandonata” di Pietro Germi, del 1964.

Il romanzo riserva altre sorprese, tutte tese a misurare il vuoto che può crearsi intorno ad un essere umano, e a saggiarne la forza del riscatto e della redenzione: “No no ella non era di quelle che muoiono, come leggeva sui giornali. Ella era attaccata alla terra come un arbusto solido dei suoi campi.”.


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Bart